L’Italia dei giorni nostri non finirà mai di stupirmi: la Storia riveduta e corretta che ci viene ultimamente propinata, sembrerebbe illustrarci una nuova versione del fascismo. Da poco abbiamo dovuto apprendere che, in realtà, ci sono stati due fascismi. Quello della prima ora, impregnato di gogliardismo, magari un po’ manesco, ma si sa, erano ragazzate: un po’ di olio di ricino, qualche manganellata, un paio di disfattisti in vacanza al confino. Ma in compenso tante, tante belle cose: i trenini in orario, l’imperuccio per il reuccio a mezzo servizio e, insomma, troppe meraviglie per essere elencate in così breve spazio. L’altro fascismo, invece, quello delle leggi razziali, sembrerebbe una pagina che getta delle ombre sulle meraviglie del primo fascismo e che sarebbe meglio dimenticare. Anzi, mettiamoci una pietra sopra, o meglio dieci milioni di pietre, con una stella di Davide od una Croce sopra.
Ma quando già la barca neofascista stava per naufragare in un oceano di schizofrenia, ecco all’orizzonte, ci appare l’Uomo in Facis. Finalmente i fasci si conciliano in unico, improvviso estuario, dove infine si riesce ad ammettere che il fascismo è uno e uno solo e che non ha meraviglie ne’ all’inizio, ne’ tanto meno alla fine, da annoverare.
Osannanti parole di elogio hanno investito il coraggioso, che finalmente ha messo in chiaro che in Italia potrebbe anche esistere una destra liberale, senza l’obbligo di fare saluti romani, perseguitare rom e omossesuali o concludere le missive con i “saluti fascisti”. Geniale, nella sua ovvietà. Una scoperta che il resto dell’Europa ed anche fuori, aveva già realizzato e praticato dal 1945, ma l’Uomo in Facis, ha una perspicacia a scoppio ritardato, cosa peraltro comune nell’area becero-destra italiana.
Ma vediamo di capire le ragioni di questa lungimirante dichiarazione del nostro insostituibile Presidente della Camera. Nel nostro Paese le rifondazioni fasciste, camuffate in partiti o movimenti sociali o di alleanze nazionali di dubbia chiarezza, non hanno mai, dal 1948, anche nei momenti più gloriosi, superato la soglia del 15%. Ciò significa che un buon 85% degli elettori italiani non è fascista o almeno, non è disposto a donare ne’ori ne’ baionette alla Patria. Fare due + due, sembra essere anche nelle possibilità di uno che fino a ieri si è reso disponibile a fare da stuoino con tanto di scritta “welcome” per il despota in auge.
E’ un fatto indiscutibile che se da una parte il despota si sia servito dei voti di quel 12% di fascionani per arrivare al potere, dall’altra, lo ha sdoganato dalle fogne, nelle quali si era rintanato, per lasciarlo impunemente uscire allo scoperto. Ma il nanerottolo come si sa, non solo non brilla per il suo umorismo, ma nemmeno per chiarezza d’idee e di prospettiva. In Italia ci sono frotte di cattolici bacchettoni, di fresconi teledipendenti, di padanobeoti, di trogloditi di tutte le risme. Ma la maggioranza di questi non è fascista e anzi, il fascismo lo ripudia, alla stessa stregua di come ripudia il comunismo. Difficile spiegar loro la sostanziale differenza, ma tant’è: la stragrande maggioranza odia le dittature, o tutti quei sistemi che le implicano. Soprattutto quando in cuor loro sanno che non saranno certo loro ad avvantaggiarsene.
Da bravo zerbinotto, Fini, dopo aver provvisto a saldare la prima rata del fascismo, in Sinagoga, con la cenere sotto il kepì, accudisce oggi a rattoppare questa seconda rata: una falla, che anche per gl’imbecilli di questo governicchio, è divenuto chiaro che, come un buco nero, succhia consensi alla stratosferica divinizzazione del Ras Patut.
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