Ventinove. Numero magico, come l’anno 1929, quello della Grande Crisi. O come il 29 Settembre 2008, il giorno che segna l’inizio di una nuova, profonda crisi, e la data di morte del liberismo che tutto cura, risana, risolve. Sticazzi. Qualcuno ricorda la sottile ironia dei Daniele Capezzone, dei Bordin, dei Della Vedova, quando accusavano le sinistre di usare il termine “liberismo selvaggio” con eccessiva disinvoltura? Eccoli serviti.
Meno male che a fronteggiare la scempiaggine di questi incolti sedicenti-qualcosa, emerge, con la freschezza e la lucidità dei suoi 93 anni, tale Paul Samuelson. Ecco alcuni stralci dell’intervista rilasciata da questo gigante a Repubblica:
[…] “Bush verrà ricordato nei libri di storia come il peggior presidente degli ultimi 200 anni. La responsabilità di quanto sta accadendo ricade interamente su di lui, e sui suoi otto anni di deregulation esasperate e selvagge. Ora probabilmente è tardi per cercare rimedio”. E’ decisa come non mai la voce di Paul Samuelson, classe 1915, Nobel nel 1970, consigliere di Kennedy, padre nobile di tutti gli economisti liberali del pianeta.
Gli telefoniamo a casa temendo di disturbare, e rispondono risentiti: «Perché lo cercate qui? E` all'università». Dall'ufficio dell'Mit che occupa dal 1940 ci risponde al primo squillo. La seconda Grande Depressione della sua vita gli ha fatto riacquistare la grinta.
Quali sono le differenze fra allora ed oggi?
«Differenze? Il percorso che ci ha portato a questo punto è esattamente lo stesso: una ricetta diabolica di avidità, indebitamento, speculazione, laissez-faire, e soprattutto un`infinita incoscienza. E ora come allora l`America porterà la croce di aver trascinato nella crisi il mondo intero. Me li ricordo perfettamente quegli anni, la crisi che non finiva e il presidente Herbert Hoover e il ministro del Tesoro, Andrew Mellon, che non alzavano un dito. Il miliardario e il banchiere, proprio come adesso».
Ora però cercano di intervenire...
«Quando il mandato sta per scadere, dopo aver avallato ogni tipo di appropriazione, debita e indebita, per tutti questi anni? Guardi, a parte che il piano non è dell`amministrazione ma della Fed, l`unica cosa che mi fa sperare è la prossimità delle elezioni, e la probabilità che i democratici avranno la maggioranza in tutto il Congresso. E saranno in grado di evitare vergognose sceneggiate come quella cui assistiamo intorno all`unico progetto che potrebbe aiutare almeno un pò, contro il quale si è scatenata una pattuglia di oltranzisti repubblicani ancora convinti, con tutto quello che sta accadendo, che sia un peccato mortale turbare i meccanismi del mercato».
Il Congresso sarà democratico, ma il presidente?
«Queste vicende aumentano le chance di Obama, ma in America c`è ancora un forte razzismo che potrebbe addirittura essere decisivo. Per fortuna dall`altra parte c`è un candidato come McCain con una vice che è almost a joke, una barzelletta».
Sarah Palin?
«Voi italiani sapete benissimo di cosa sto parlando. Non avete un Parlamento pieno di soubrette?».
Questo è quanto scrive questo padre nobile dell’economia. Che ne penserà Benedetto Della Vedova? E Daniele Capezzone? Non lo sappiamo. Ma sappiamo, per fortuna, cosa ne pensa un gigante (anzi, un elefante) dell’economia, come Giuliano Ferrara: se McCain riuscirà a tenere “dritta la barra” del liberismo, vietando ogni intervento statale, e guiderà la barca americana e mondiale dritta contro gli scogli di un nuovo ’29, vincerà senz’altro le elezioni.
Che bravo che è Ferrara… e chissà quando è stata l’ultima volta che gli è capitato di leggere un libro di economia politica (sempre che gli sia mai capitato…) Allora noi, che siamo gentili, vorremmo ricordare a Ferrara alcune cose, che forse gli sfuggono, o molto più probabilmente non conosce, non capisce, non riesce a collegare fra di loro:
-1) Questa non è una delle solite crisi cicliche, che si risolvono con qualche aiutino di stato. E non è neanche come il ’29: è, semplicemente, peggio. Dal ’29 al ’33 la borsa americana ha perso metà della sua capitalizzazione. Questa volta, in un solo anno, la borsa americana ha perso un terzo del suo valore. Abbiamo ancora tre anni a disposizione per perdere altri 17 punti. Vedrà, Ferrara: ce la faremo.
-2) Resistere senza intervenire? Si può fare, Ferrara. Lo ha fatto Hoover, dal ’29 al ’33, senza cavare un ragno dal buco. La crisi si è avviata a soluzione solo dopo il ’33. Con Roosvelt, col New Deal, con la creazione dello stato sociale, con forti investimenti pubblici che hanno creato nuovi posti di lavoro, nuovo reddito spendibile. Si chiamano politiche anti-cicliche, Ferrara. Chieda a qualcuno più attrezzato di lei di spiegarle chi era e come ragionava un tale Keynes.
-3) Ferrara, lei crede veramente che 700 miliardi di dollari siano solo dei bruscolini, e che il mondo deve decidere se spenderli o meno sulla base di squallidi giochetti elettorali? No, amico. 700 miliardi di $ sono un terzo del PIL italiano. E’ giusto non spenderli. Non già per le ragioni che lei suggerisce a McCain, ma semplicemente perché costituirebbero un premio enorme a chi ha sbagliato, e non servirebbero a salvare l’economia.
-4) Obama farebbe bene a chiedere delle politiche anticicliche, ma prima di tutto per somme realistiche, e secondariamente per accrescere il potere d’acquisto (ed i consumi) delle classi meno abbienti. Non per salvare le chiappe a chi, come il suo padrone, ha seguito biecamente e ciecamente lo yuppismo bushiano, o delle marcegaglie, degli ambrosetti, delle brunette, e di “all the rest of it”… Dove cazzarola sono spariti, tutti… Martino, Scognamiglio, Tronchetto, Della Vedova… mostratevi. Illustrateci HIC ET NUNC le vostre celeberrime teorie sulle virtù taumaturgiche del mercato che si auto-regola. Fateci sognare. Fateci ridere ancora, per l’ultima volta. Per piangere, forse avremo davanti un lungo lasso di tempo.
-5) Last but not least: Ferrara, ci aiuti a capire. Perchè I suoi alti lai pro-mercato non si sono levati quando il suo padrone ha annunciato la più oscena oeprazione di salvataggio dai tempi della creazione dell’IRI in avanti? Parlo di Alitalietta, Giuliano, qualora non avesse afferrato… Avrebbe dovuto bacchettarlo, il suo padrone. “Prestito-ponte? Silvio, ma che cazzo dici? Non lo sai che non è un prestito, visto che non verrà mai restituito? Salvare Air One dell’amico Toto? E perché mai?” No, Giulianone, la coerenza non viaggia a targhe alterne. O c’è, o non c’è. Bad-company? E che minchia è, un neologismo per il solito, vecchio, osceno sistema di privatizzare i vantaggi e pubblicizzare le perdite? Ecco, Ferrara, cosa avrebbe dovuto dire al suo padrone: esattamente quello che adesso dice a McCain. Ma dimenticavo. Noi siamo, per l’eternità, il paese di chi predica bene e razzola male.
P.S.: Questa notte, credo alle 3,00 ora italiana, ci sarà un esilarante dibattito fra i due candidati vice: Joe Biden e Sarah Palin (meglio nota come Miss Wasilla, o vice-miss Alaska). E’ certo che, nella situazione data, il dibattito verterà su temi economici. Fossi in lei, Giuliano, non me lo perderei per niente al mondo. La Palin darà una imperdibile performance di grande cabaret e, per lei, forse persino di economia.
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