Viviamo in un mondo di organismi. In senso biologico un organismo è un complesso interdipendente di individui che nasce, cresce, si riproduce e muore. La nostra società sotto quest’aspetto è un complesso d’individui interdipendenti che è nata e sta crescendo e che grazie alle restrizioni concezionali imposte dall’oscurantismo ecclesiastico, si riproduce più rapidamente di quanto sarebbe necessario. Che poi finisca con l’estinguersi, è una pura questione empirica.
Vedere le cose dall’interno di esse, così come noi vediamo l’organismo sociale, ci porta , individualmente a disconoscere il fatto che, nel complesso, siamo un insieme. Le diversità che si connettono con i singoli individui od i singoli complessi d’individui, sono la controprova di un fatto: nel nostro “essere insieme”siamo un complesso organizzato. Anche quando ci pigliamo a cazzotti per le nostre reciproche diversità.
Nell’organismo umano, le singole cellule si dispongono a formare diversi “insieme” che infine, nel complesso hanno funzioni interdipendenti, ma tutte protese ad un unico fine: la sopravvivenza e possibilmente il benessere comune. Mangiare troppo fa male, è risaputo. Il fegato ne soffre. Il cuore può dire: e a me che me ne fotte se se il fegato s’ingrossa. E invece no. Perché il colesterolo che si ammucchia nel fegato ingrossato da una dieta troppo ricca di proteine, finisce di intaccare anche il cuore, e dal cuore le vie respiratorie e così via, per finire prematuramente nelle mani dell’impresario delle pompe funebri.
Partiamo allora da questa premessa: siamo tutti utili, anche se nessuno è indispensabile. Ciò che viene a mancare viene sostituito, ma finchè esso assume il ruolo che si è assegnato, è utile all’insieme. E’ noto, per esperimenti effettuati, che neuroni non si nasce: anche una cellula del pene, se trapiantata in un contesto neuronico, si assume la sua parte nel complesso di cui viene a far parte. Non sarà certamente una cellula determinante, come non lo è una Carfagna nel contesto politico, ma è lì e nessuno contesta a una cellula del pene la sua partecipazione in un’area destinata a creare idee, possibilmente intelligenti.
Ovviamente dobbiamo distoglierci dall’idea di considerare normale, come talvolta avviene in certi organismi sociali, che tutte le cellule neuroniche debbano necessariamente provenire dall’area inguinale. Questo potrebbe portare, almeno stando a fatti accertati, ad un disequilibrio organico e ad un profondo malessere complessivo. Quindi, ognuno faccia la parte che. presumibilmente, non per nascita, ma per indole e spessore, gli compete.
Orbene, per passare dal semi-faceto al semi-serio, l’Italia, non come espressione geografica, ma politica, ha un problema: manca di un’alternativa concreta. Di questo ne ho già fatto copioso accenno, ma il ribadirlo, non fa male a nessuno. Le ragioni sono da rintracciare in una assoluta mancanza di corporazione e quindi di organizzazione (nel senso proprio della parola) tra coloro che vorrebbero vedere il proprio Paese, far parte del consesso civile, piuttosto che di una malinconica Bengodi felliniana, di un carrozzone alla Zampanò: niente stracci fuori, ma stracci dentro.
Unità Sociale è il nome che vorrei dare a questo movimento. Un nome che tralasci il prefisso di “Partito” , perché partito non deve essere. Deve essere un’ unione per il benessere complessivo, che si ispiri al mondo degli organismi, perché tale deve essere. Che dia spazio a chi intraprende, come a chi si associa all’impresa percependo un reddito adeguato alle sue capacità ed al suo impegno. Che non discrimini tra cellule del pene e quelle del cervello, perché cellule siamo tutti e tutti con una specifica funzione. Che non riesumi tristi, folli esperienze del passato, né di destra ne di sinistra e che nemmeno parli più né di destra, né di sinistra, ma di un unico comune obiettivo: la continuazione della nostra specie, all’insegna del progresso, della collaborazione e della civiltà.
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