Bruxelles - Sole. Vento. Maree. Biomasse. Bruxelles gioca la carta verde. Con fondi
agevolati e sconti fiscali all'industria pulita. Sostenuti da un
Pacchetto clima. Solo l'Italia frena e rischia l'isolamento
(di Alberto d'Argenzio - l'Espresso)
Lunedì 24 novembre una bassa pressione ha portato sulla Spagna pioggia, freddo e una drastica diminuzione delle temperature. E vento, tanto vento al punto che alle cinque di mattina il 43 per cento dell'energia elettrica consumata nel Paese veniva dalle pale eoliche, un nuovo storico primato per la rete delle rinnovabili in Spagna. E se è vero che i record spesso dicono poco, soprattutto se ottenuti prima dell'alba, la media dice moltissimo: nel 2007 il 19,8 per cento dell'energia elettrica consumata nel Paese iberico veniva dai parchi eolici. Con questa cifra l'anno scorso, in Spagna, il vento ha superato l'atomo. "Le energie rinnovabili possono contribuire da subito alla lotta al cambiamento climatico, mentre per il nucleare ci vogliono almeno 10-15 anni e investimenti estremamente più alti per costruire una centrale", spiega una fonte della Commissione europea.
Ma l'energia verde non è solo competitiva con l'atomo, lo è in generale. "È molto semplice", spiega un'altra fonte dell'esecutivo comunitario, "se costruiamo un gasdotto diamo il denaro direttamente alla Russia, all'Algeria, all'Arabia Saudita, se costruiamo un parco eolico gli investimenti restano in Spagna, Danimarca e in Germania". Paesi non citati a caso, sono i primi tre nello sfruttare il vento in Europa. Berlino, alla faccia della latitudine, è anche il campione dell'energia solare, inseguita ancora una volta dalla Spagna, e va assai forte pure nelle biomasse, al pari di scandinavi, Austria e Lettonia. Ancora Austria, con Italia, Svezia e Francia, primeggia nell'idroelettrico, il Portogallo ha lanciato un interessante progetto con le maree, mentre nel geotermico sono Italia, Francia e Austria a guidare il gruppo, per quanto ben dietro l'Islanda.
A gestire questa rivoluzione verde sono una serie di piccole e medie imprese, le prime sorte in Germania e Svizzera negli anni Settanta ed Ottanta per rispettare gli obiettivi sulla decontaminazione e sul trattamento dei rifiuti. Da lì, l'attenzione è passata sulle rinnovabili grazie all'impulso dato a questo settore ancora dai governi di questi due paesi, poi dagli scandinavi, quindi dalla Spagna e ora da Francia e Regno Unito. Noi mangiamo la polvere. "L'Italia", spiega Ferran Tarradellas, portavoce del commissario all'Energia Andris Piebalgs, "ha un potenziale enorme che non viene sfruttato. Potrebbe creare industria e occupazione in un settore destinato a generare una domanda fortissima nei prossimi anni".
I vantaggi già adesso non sono comunque pochi. Secondo uno studio pubblicato a luglio dal ministero dell'Ambiente tedesco, per ogni euro investito nelle energie rinnovabili si risparmiano 1,6 euro in importazioni di gas o petrolio e in danni causati all'ambiente. E oltretutto gli euro investiti nel verde creano posti di lavoro, tantissimi, stando a sentire la lobby dell'energia verde. "Al momento il settore delle rinnovabili nella Ue conta 400 mila persone per un giro di affari di oltre 40 miliardi di euro, da qui al 2020 prevediamo la creazione di altri 1,6 milioni di posti di lavoro", assicura Christine Lins dell'Erec, il Consiglio europeo delle energie rinnovabil [...]
Per Turmes il futuro è chiaramente verde. "L'intero comparto dell'ecotecnologia", sostiene, "può creare 3-5 milioni di posti di lavoro da qui al 2020, sfruttando il volano degli investimenti pubblici". Numeri che riprendono le cifre indicate da Barack Obama per gli Stati Uniti, con la differenza che l'Europa non ha scoperto il verde nelle ultime settimane e non lo ha rincorso sospinta dalla crisi, ci punta da anni, anche se ora rischia di perdere la sua leadership, rallentata dalle divergenze tra i 27 e dai timori sollevati dalla difficile situazione economica, per qualcuno un'opportunità ad andare avanti, per altri una ragione per restare prudenti e guardare indietro.
Il piano anti-crisi presentato il 26 novembre da Bruxelles prevede investimenti nelle infrastrutture in un clima di maggiore flessibilità per i deficit pubblici dei paesi euro (Francia e Germania hanno chiesto esplicitamente di allentare i vincoli per un paio di anni). Ma ci sono poche misure verdi e nemmeno nuovissime: la creazione di un meccanismo di sostegno finanziario per queste tecnologie, la possibilità di tagliare l'Iva sui prodotti a buona performance ecologica e quella di aiutare il rinnovamento nel settore dell'auto, per quanto non con aiuti diretti. Il Piano verrà discusso dai 27 al prossimo vertice dell'11 e 12 dicembre, ma il grosso della battaglia si gioca, sempre nelle stesse date, in un altro tavolo, quello del Pacchetto clima, un insieme normativo composto da tre direttive e da una decisione quadro. "L'Europa", spiega Turmes, "al momento è all'avanguardia, ma non si tratta di un successo europeo, è un successo di 3-4 paesi. Dobbiamo accelerare tutti". In concreto il Pacchetto traduce in impegni legali il triplice obiettivo, preso dai 27 al vertice del marzo 2007, del 20-20-20, ossia il taglio del 20 per cento delle emissioni di CO2, il 20 per cento di energie da fonti rinnovabili e il 20 per cento di risparmio energetico, il tutto entro il 2020. Collegato al Pacchetto è anche il regolamento sul CO2 delle auto, ormai in dirittura d'arrivo e molto temuto dall'industria del settore. Il governo Berlusconi, da parte sua, non vuole che gli obiettivi intermedi sulle rinnovabili siano vincolanti - nel 2005 l'Italia era al 5,2 per cento, oggi viaggia intorno al 7 per cento ed è chiamata ad arrivare al 17 per cento di energia verde entro il 2020 - non vuole che ci sia un automatismo nel passaggio dal taglio del 20 al 30 per cento di emissioni di CO2 in caso di accordo internazionale alla Conferenza di Copenaghen del dicembre 2009, vuole maggiori deroghe per le imprese energivore (acciaio, cemento, carta) e pretende anche un ingresso soft del termoelettrico nel sistema Ets, nella borsa delle emissioni. Il tutto nascondendosi dietro i costi: secondo il governo, il Pacchetto costerà l'1,14 per cento del Pil. Bruxelles ribatte che la spesa sarà in realtà dello 0,66.
Anche la Polonia, gli altri Paesi dell'Est e pure la Germania (per proteggere il manifatturiero) hanno la loro lista di richieste, ma non così lunga come quella italiana. La diplomazia è al lavoro. Ai primi di dicembre se ne parlerà al Parlamento europeo e al Consiglio dei ministri dell'Ambiente. Ma di fatto la partita si gioca il 6 a Danzica. La presidenza francese ha infatti previsto un incontro con le delegazioni dei Paesi dell'Est, l'occasione buona per aprire in parte alle loro esigenze e arrivare al vertice di Bruxelles con il classico scenario del 26 contro uno, in cui quell'uno è l'Italia. Un isolamento che può spiegarsi nel fatto che Roma chiede tanto, facendo però assai poco per tagliare la CO2. Questo è quanto assicura, dati alla mano, Legambiente. Nel 2012, al termine della prima fase del Protocollo di Kyoto, l'Italia dovrà tagliare i gas effetto serra del 6,5 per cento rispetto al valore del 1990, un impegno legalmente vincolante, pena pesanti multe [...]
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Caro Scajola,
ci parli ancora, la prego, del suo progetto di "centrali nucleari di terza generazione e mezza". Quelle che esistono solo nella sua testolina da laureato in giurisprudenza all'età della pensione. Un vero esperto. Poi metta insieme qualche sinapsi, e ci spieghi perchè queste fantastiche centrali non le conosce nessuno; perchè da ormai 38 anni NESSUNO, tranne la Slovenia, abbia messo in cantiere nuove centrali nucleari; perchè la dipendenza dall'estero per i minerali uraniferi sarebbe più graziosa che non la dipendenza dall'estero per i prodotti petroliferi; ci dica chi la paga; ci dica come mai abbiamo ancora fra i coglioni quelle poche tonnellate di scorie radioattive del nostro fantastico (e datato) conato di nucleare, e come intende liberarsene. Infine, ci spieghi dove intenderebbe fare il "Sito Unico Nazionale" per lo stoccaggio di quelle scorie nucleari che dopo 250 milioni di anni sono sempre mortali, esattamente come nel giorno della loro produzione. Che ne direbbe di Imperia? Ne parli coi cittadini del suo collegio elettorale.
Ci dica tutto. Ci tenga allegri. Oggi fa freddo. Arrivano buone notizie, ma fioccano anche la neve e le cattive notizie. Ci faccia ridere. Con immutata disistima, suo Tafanus.
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