Il 17 ottobre avevo pubblicato un post su parallelismi più o meno giusti fra la crisi attuale e quella del '29. Da allora, tutti, ma proprio tutti gli indici che contano, hanno puntato decisamente verso il basso, e sembra che non ci sia notizia capace di ritirarli su per più di mezza giornata. Oggi Scalfari pubblica un articolo che in gran parte si occupa di queste problematiche. Dell'articolo di Scalfari condivido il grande pessimismo di fondo, anche se dissento su alcuni particolari (per esempio, non è vero che ci vollero dieci anni ed una guerra mondiale per superare quella crisi. TUTTI i paesi coinvolti toccarono il fondo della crisi dopo tre/quattro anni dall'autunno del '29, e poi iniziarono una risalita più o meno rapida. La guerra fu solo un accelleratore di un processo che già era in moto per conto suo da alcuni anni.
Oggi voglio ricordare [Il Post del 17 Ottobre] e collegarlo funzionalmente all'articolo di Scalfari, corredandolo degli ultimi dati disponibili su borse, petrolio e quant'altro, per sottolineare che chi parla di ripresa dell'economia a partire da metà dell'anno prossimo, o si è bevuto il cervello, o è in perfetta malafede. Questa non è una delle solite, periodiche crisi congiunturali cicliche. Questa è una profonda crisi strutturale. Da oggi, chi vuole fare soldi (moderatamente) dovrà rassegnarsi a PRODURRE qualcosa (viti, lampadine, pere, pizze).
Il Nasdaq ha perso il 52% in 12 mesi
Da oggi l'economia fatta "carta su carta" è finita. E' la fine del capitalismo speculativo in genere, ed è la fine del capitalismo straccione all'italiana, quella dei capitalisti senza capitali, quella dei politici alla Berlusconi che prima hanno fatto esplodere il precariato e l'incertezza sul futuro di milioni di persone, ed ora vorrebbe che questi consumassero, se possibile alla grande, altrimenti le aziende vanno in crisi, e non fanno spots su Merdaset. Ottimismo, ragazzi! Ci vuole ottimismo! E allora vediamoli, questi motivi di ottimismo, iniziando dalla parte centrale dell'articolo di Scalfari:
[...] La stampa americana parla ormai correntemente di "great depression, part 2" riferendosi a quella del '29, le cui conseguenze devastarono gli Stati Uniti e l'Europa per otto anni. Ce ne vollero poi altri due affinché cominciasse un nuovo ciclo di crescita economica il cui mostruoso motore fu l'industria degli armamenti e la guerra scoppiata nel 1939 [...]
La Borsa di Sidney ka perso il 52% in 12 mesi
Negli undici mesi fin qui trascorsi dal gennaio 2008 gli Stati Uniti sono in recessione, dapprima sottotraccia, poi esplosa a giugno con la crisi immobiliare. I sei mesi passati da allora hanno visto i listini di Wall Street perdere più del 50 per cento del loro valore e poiché i cittadini di quel paese hanno una familiarità con la Borsa sconosciuta nel resto del mondo ne è derivato un impoverimento, in parte virtuale ma in parte reale, che ha inciso sui consumi e sugli investimenti.
L'effetto, in un paese ad economia liberista, si è ripercosso sull'occupazione ed è stato un crescendo di mese in mese. Allo stato attuale dei fatti sono andati distrutti in undici mesi un milione e centomila posti di lavoro, dei quali 200.000 in ottobre e 536.000 in novembre. Un'accelerazione spaventosa che, secondo le previsioni più aggiornate, supererà nel primo semestre del 2009 i quattro milioni di persone.
La borsa di Singapore ha perso il 58% in 12 mesi
Quando Obama e i suoi consiglieri affermano che il peggio deve ancora venire pensano esattamente a questo: lo spettro della disoccupazione di massa e quindi una diminuzione del reddito, specie nei ceti e per le etnie più deboli, ma non soltanto. Il saldo tra questa distruzione del reddito e l'apparente beneficio della discesa dei prezzi (dovuta appunto al crollo della domanda) sarà fortemente negativo, deprimerà i consumi e gli investimenti, manderà in fallimento decine di migliaia di aziende come in parte sta già accadendo.
Tra tanti germi negativi che l'America ha già disseminato nel resto dell'Occidente, l'effetto principale sta nel fatto che il motore americano si è ingolfato e così resterà a dir poco fino al 2011. Ma poi ricomincerà a tirare come prima? Joseph Stiglitz in un'intervista pubblicata ieri sul nostro giornale, dà risposta negativa a questa domanda. Il capitalismo americano (e sul suo modello tutto il capitalismo internazionale) ha vissuto da decenni sulle bolle speculative. Sono state le bolle a far battere al massimo i pistoni del motore americano, locomotiva di tutto il resto del mondo. Le bolle, cioè il credito facile, cioè la speculazione.
Amsterdam ha perso il 60% in 12 mesi
Ma le bolle, dice Stiglitz, dopo la durissima crisi che stiamo vivendo non si ripeteranno più. Non nella dimensione che abbiamo visto all'opera negli ultimi anni. E quindi non esisterà più un capitalismo come quello che abbiamo conosciuto, basato per quattro quinti sui consumi. Subentrerà probabilmente un capitalismo basato sugli investimenti e su una redistribuzione della ricchezza mondiale e, all'interno dei vari paesi, della ricchezza tra i vari ceti sociali. Si capovolgerà lo schema (finora imperante) che vede la redistribuzione del reddito e della ricchezza come una conseguenza dipendente dalla produzione del reddito e dei profitti. Sarà invece la redistribuzione a mettere in moto la produzione e i pistoni del motore economico.
Ricordo a chi non lo sapesse o l'avesse dimenticato che fu l'allora giovane liberale Luigi Einaudi a propugnare (era il 1911) un'imposta unica basata sui consumi e un'imposta patrimoniale di successione che al di là d'una certa soglia di reddito passasse i patrimoni con un'aliquota del 50 per cento da impiegare per ridistribuire socialmente la ricchezza. Forse, con un secolo di ritardo, ci si sta dirigendo verso soluzioni di questo tipo. Lo chiameremo ancora capitalismo? Oppure come?
Il Mibtel ha perso il 59% in 18 mesi
Il nostro governo e il nostro ministro dell'Economia sostengono che
in Italia le cose andranno meglio perché le banche qui da noi sono più
solide che altrove e i conti pubblici "sono in sicurezza". Salvo il
debito pubblico, ma la colpa di quella voragine fu creata negli anni
Ottanta e quindi riguarda la precedente generazione. Quest'ultimo punto
del ragionamento è esatto; che le nostre banche siano solide è una
fondata speranza; ma che le nostre prospettive siano migliori degli
altri paesi è una bufala delle tante che il governo ci propina. Noi non
stiamo meglio, stiamo decisamente peggio, ci tiene ancora a galla
l'euro senza il quale staremmo da tempo sott'acqua. Stiamo peggio perché non abbiamo un soldo da spendere.
Quelli che avevamo venivano da una forte azione di recupero dell'evasione fiscale che ci dette nel 2006-7 più di 20 miliardi da spendere. Questa fonte si è inaridita. Il fabbisogno è aumentato, l'abolizione dell'Ici ha distrutto un reddito tributario di 3 miliardi e mezzo l'anno; l'Alitalia tricolore è costata all'erario 3 miliardi (se basteranno). Sicché Tremonti non ha un soldo. Per mandare avanti il motorino italiano ha dovuto redigere nel luglio scorso una legge finanziaria gremita di tagli. Per far sopravvivere il sistema ha concesso la settimana scorsa un'elemosina di 6 miliardi "una tantum" alle famiglie e alle imprese; con qualche spicciolo aggiuntivo per far tacere le invettive del Papa e dei vescovi per i tagli alle scuole cattoliche (ma quelli alla scuola statale e all'Università sono rimasti tutti ferocemente in piedi).
Il petrolio ha perso il 74% in meno di 5 mesi
Anche in Italia tuttavia, come altrove, la crisi finora ha soltanto graffiato la pelle ma non ha ferito né i muscoli né i tendini. Si consuma un po' meno, si investe poco o nulla (ma questa latitanza degli investimenti privati e pubblici è da anni una costante). Il peggio deve venire, dice Tremonti, e ha purtroppo ragione. La diagnosi è giusta. La terapia non c'è per ragioni di forza maggiore, determinati dagli errori commessi sei mesi fa. Come uscirne dovrebbero dircelo il premier e il ministro dell'Economia. Certo non se ne esce con gli inviti ai risparmiatori a sottoscrivere i Bot[...]
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Ultimo aggiornamento da AdnKronos: 05 dicembre, ore 18:43 - Seduta in profondo rosso per le borse europee sulla scia dei dati sui posti di lavoro persi a novembre negli Stati Uniti.Il calo mensile di 533 mila unità, il peggiore dal dicembre del 1974, porta la disoccupazione al 6,7% e conferma la difficile situazione dell'economia americana. Sulla scia della disoccupazione Usa anche il prezzo del petrolio è crollato: il Brent a Londra ha toccato un minimo di 40,78 dollari al barile. A Milano gli indici chiudono con cali notevoli, appesantiti dall'avvio negativo di Wall street: Mibtel -4,74%, SPMib -4,99% e Midex -4%.L'Europa non fa molto meglio: Parigi -5,48%, Francoforte -4%, Madrid -3,90%, Amsterdam -4,72%, Zurigo -2,35%, Londra -2,74%.
Sul listino milanese male i petroliferi: Eni -9,04%, Saipem -8,24% e Tenaris -9,39%. Pessima giornata anche per i bancari, con Banco Popolare che crolla del 10,04%, a un ultimo prezzo di 4,84 euro. Pesante anche Unicredit, che cede il 7,21%; Intesa SanPaolo limita i danni a -3,92%. I timori di recessione colpiscono beni durevoli come l'auto: Fiat perde il 7,23% dopo i dati sulle vendite di novembre in Brasile (-23,6% contro il -25,7% dell'intero Paese) con Honda che annuncia l'addio alla Formula 1.
In rosso anche Terna (-6,28%) ed Enel (-5,96%), penalizzati dal calo dei consumi del mese di novembre. Sull'SPMib chiude in decisa controtendenza Mondadori, che guadagna il 6,44% su un mercato decisamente depresso [...] (Caspita! in un paese che affonda, sale di oltre il 6% Mondadori! E' strana, la vita... NdR)
Ultime dalla CISL (quelli che non perdono occasione per giocare a "culo e camicia" con Berlusconi): ROMA - Quasi un milione di posti di lavoro a rischio nei prossimi due anni e solo nell' industria. Il nuovo allarme è stato lanciato ieri dalla Cisl che ha presentato il suo Rapporto sull' industria. Un quadro pesante, destinato a peggiorare e che, ovviamente, riguarderà tutti i settori. Negli oltre 900 mila posti di lavoro a rischio, infatti, non sono considerati né quelli nei servizi né quelli nel commercio. Dunque, quella della Cisl, finisce per essere una stima per difetto. D' altra parte la recessione sta colpendo un sistema produttivo già in stagnazione.
La produzione industriale a settembre ha segnato un calo del 2,3 per cento, la peggiore performance tra i grandi paesi industrializzati. La cassa integrazione sta arrivando come una valanga. Attualmente - sulla base dei dati elaborati dalla Cisl - sono quasi 180 mila (179.552) i lavoratori dell' industria in cig o in mobilità. Un dato che non tiene conto dei lavoratori con contratto interinale, co.co.pro o a tempo determinato che stanno perdendo il posto. Il ricorso alla cig ha subito un' impennata: + 24,7 per cento solo ad agosto. A giugno, prima del crollo delle Borse mondiali, il numero di cassintegrati si aggirava intorno alle 20-25 mila unità. In tre mesi, in Lombardia il numero dei lavoratori coinvolti in processi di ristrutturazione è quasi raddoppiato: + 94 per cento [...]
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Niente da fare: sembra proprio che l'economia di carta straccia" sia proprio finita. Ormai Marcegaglia e soci dovranno iniziare a farsene una ragione: la gente potrà spendere solo ciò che guadagna, e spenderà solo se non sarà sottoposta alla lotteria del "rinnovo si - rinnovo no" di contratti atipici ogni tre mesi. All'epoca della Milano da bere e della "barca che va", durante la quale abbiamo costruito il terzo debito pubblico del mondo, uno spavaldo caimano della borsa ci insegnava che se volevamo far soldi, non avremmo dovuto operare in campi "intermedi" come la fabbricazione di viti, lampadine, motozappe... Avremmo dovuto operare direttamente, e senza mediazioni merceologiche, nel settore "soldi".
Era la filosofia delle "signore della borsa", dei Virgillito, dei Sindona, dei raiders di piccolo calibro, dei pescecani delle aree agricole che diventavano fabbricabili con una mazzetta... Ora tutto è finito. Ora a Milano Due, la "città satellite che il mondo ci invidia", si compra a 3500 euro al metro quadro, e i negozi chiudono. Signori, si torna indietro" Dal terziario arretrato di stilisti e capitalisti senza una lira, si torna a fare i pizzaioli, i bagnini, e a fabbricare viti, imballaggi di plastica, ed altri oggetti a tennologia arretrata, perchè nel frattempo, nelle tecnologie avanzate, persino la Corea del Sud ha messo la freccia per sorpassarci. Io speriamo che me la cavo. Tafanus
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