...nessuna voglia di rovinare agli amici l'inizio del weekend ma... ne vogliamo parlare? noi stiamo andando incontro alla peggior crisi economica, morale e sociale da 80 anni a questa parte, ma nello Zimbabwe la gente muore come uno sciame di mosche sotto la scia di un aereo disinfestante. In un paese dove il 25% della popolazione è sieropositiva, e dipendente dagli antiretrovirali, finiscono i soldi per i farmaci proprio nel momento in cui le difese immunitarie sono più indebolite, e il batterio del colera richiederebbe invece di incontrare difese immunitarie che non hanno, in genere, neanche le persone non sieropositive. Non sono un medico, ma è facilmente immaginabile cosa questo significhi, in prospettiva.
Però mi intendo di idrogeologia, e so cosa possa significare scavare pozzi superficiali per lo scarico di acque scure, e a breve distanza scavare pozzi superficiali per l'approvvigionamento dell'acqua per usi domestici: significa, in tempi brevissimi, avere una falda freatica piena come un uovo di batteri.
I tempi sono duri per tutti, ma per gli abitanti dello Zimbabwe è arrivato l'inferno in terra. Forse, se individuassimo una organizzazione seria alla quale dare qualche spicciolo, dei pochi che ci sono rimasti dopo 15 anni di liberismo all'amatriciana, ci sentiremo più a posto con noi stessi. A volte donare non è un atto di generosità, ma è la più raffinata forma di egoismo. Concediamocela. Tafanus
Il colera dilaga. E il governo non ha più nemmeno i soldi per depurare l'acqua. L'esodo biblico della gente in cerca di cure in Sudafrica da Musina
Quando Tendai ha avvertito i primi sintomi del colera, si trovava già vicina alla frontiera del Sudafrica. È stata la sua salvezza : nella città zimbabweana da cui proviene (Beitridge, epicentro dell'epidemia) gli ospedali non funzionavano già più da un pezzo. "Erano già stracolmi prima che iniziasse l'epidemia", racconta,"ma non ci sono più medicine e ormai non possono fare altro che lasciar morire la gente in corsia". Perché in Zimbabwe non funziona più nulla. Quello che un tempo era stato uno dei sistemi sanitari migliori d'Africa oggi si limita per lo più a certificare morti, e i medici che protestano per la propria impotenza vengono minacciati e puniti dal regime. E quello che era stato uno dei popoli con la qualità della vita più invidiata dell'Africa sub-sahariana ora in massa cerca cibo e salvezza nel vicino Sudafrica.
Una massa che passa da qui, Musina: il primo pezzetto di Sudafrica al di qua del fiume Limpopo. La strada principale, quella che conduce in Zimbabwe, pullula di spacci alimentari e benzinai: al sole si sciolgono migliaia di taniche pronte a essere riempite e rivendute dall'altra parte del Limpopo, e riposano i sacchi di farina di mais che qualcuno con fiuto per gli affari rivenderà a peso d'oro nei magazzini vuoti dell'ex Rhodesia.
Ma ormai i classici meccanismi di compensazione dell'economia informale di frontiera hanno lasciato il posto alla fase drammatica della crisi umanitaria. A Musina si riversano ogni giorno centinaia di zimbabweani contagiati dal colera, nel quadro della peggiore epidemia che ha colpito la zona da decenni. Il colera si diffonde dove è venuto a mancare l'accesso all'acqua pulita. Pochi giorni fa la Znwa (Zimbabwean National Water Authority) ha sospeso l'erogazione di acqua nei rubinetti delle città perché non aveva più fondi per far funzionare i depuratori. "Il governo ha continuato a dire: lavatevi le mani molte volte al giorno. Ma con quale acqua? La mia fortuna è che vivo vicino al fiume Limpopo", dice Tendai. Nelle periferie delle grandi città, invece, è il caos. Racconta Jacob, ricoverato da due giorni: "La gente ha cominciato a scavare pozzi superficiali nel cortile di casa per avere accesso all'acqua per lavarsi e per cucinare". Questa pratica, sommata al fatto che altri pozzi vengono scavati negli stessi cortili per fabbricare latrine di fortuna, ha fatto sì che il primo strato di falde sotterranee sia già contaminato dal batterio, che vive nelle feci umane.
Ecco perché "Medici senza Frontiere" lanciava già settimane fa l'allarme di un milione di possibili contagi in poche settimane. "Appena mi rimetto devo tornare di corsa a casa", aggiunge Tendai, ricoverata in uno dei tendoni da campo allestiti nell'ospedale di Musina, che ha sospeso qualsiasi attività ospedaliera per accogliere le centinaia di zimbabweani contagiati che oltrepassano la frontiera. "Ho un figlio piccolo ancora là, e ho paura che negli ultimi giorni abbia contratto il colera. Devo andarlo a prendere e portarlo qui". Con una flebo reidratante e qualche antibiotico, di fatto bastano tre giorni di trattamento per guarire dalla malattia. Per questo è ancora più incredibile che quasi 800 persone ne siano già morte e che le 16 mila attualmente contagiate rischino la stessa fine nelle prossime settimane.
Perché se il colera in sé è una malattia facilmente curabile, la disidratazione che ne consegue in assenza di terapie mirate provoca la morte in pochi giorni nel 30 per cento dei casi. E in un Paese in cui un quarto della popolazione è sieropositiva e 2.300 persone ogni giorno muoiono per malattie legate all'Aids, la probabilità che sia fatale sale drammaticamente. Per i milioni di sieropositivi nel Paese questa epidemia è una vera e propria roulette russa: a causa dell'inflazione galoppante non possono più permettersi di comprare i farmaci antiretrovirali che rafforzano il loro sistema immunitario. "Anche per chi è inserito nel programma di distribuzione gratuita è quasi impossibile procurarseli", racconta un malato, "perché la soglia giornaliera di denaro che si può prelevare dalla banca spesso non basta nemmeno a pagare l'autobus per arrivare alla farmacia più vicina".
L'intero distretto sudafricano di Vhembe, che comprende Musina, è stato dichiarato "area disastrata" a causa del colera. Complice il fatto che gli zimbabweani che raggiungevano la frontiera con i sintomi della malattia, come è successo a Tendai, venivano lasciati passare dalle autorità per ricevere assistenza medica.
Giorno dopo giorno, l'esodo rischia di assumere proporzioni bibliche. Tant'è che per tenerlo il più possibile censito, qui a Musina è stata liberata in fretta e furia un'area concerti, lo show ground, che si è trasformato in una sorta di campo profughi dove unità mobili del ministero dell'Interno registrano i nuovi ingressi e concedono permessi d'asilo temporanei. C'è anche l'associazione Medici senza frontiere a distribuire un po' di cibo e ad avvertire che le condizioni dello show ground rischiano di trasformarlo in un nuovo incubatore del colera. In quell'area ci stanno ormai migliaia di persone accampate a cielo aperto. E per loro ci sono soltanto sette bagni chimici e quattro rubinetti d'acqua.
Aggiornamento - (Fonte IRIS) - 18 Dicembre - Da Ginevra arriva un ultimo bilancio sulla cifra dei casi di colera che affliggono Zimbabwe: 1.111 i morti e 20.581 casi sospetti. L'ufficio di coordinamento degli Affari umanitari dell'Onu (Ocha) ha aggiornato le precedenti stime, che parlavano di 978 morti e 18.413 casi sospetti. L'epidemia viene definita "senza precedenti" e si sta diffondendo anche nella provincia sudafricana del Limpopo.
Prego tutti di volersi informare, se possono, sulla esistenza di iniziative di raccolte di fondi mirate, già in essere, messe in atto da organizzazioni affidabili. Per conto mio, proverò a chiedere un consiglio a Paolo Farinella
P.S.: arriva da Rita la prima segnalazione: l'UNICEF. In effetti, l'autobotte nella foto, guardando bene, è dell'Unicef. Ecco il link per chi volesse fare una piccola donazione attraverso questa organizzazione:
[UNICEF - Sito per donazioni online]
Trasmetto anche l'indirizzo della "Caritas" Ambrosiana, che al momento non ha in corso iniziative "di scopo" per lo Zimbabwe:
P.S./2: con commovente tempestività, data l'ora tarda, Paolo Farinella mi ha inviato la risposta che potete leggere nei commenti. Se domani mi invierà dell'altro, aggiornerò il post, in modo da renderlo più leggibile. Tafanus
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