Pur di crescere all'interno della coalizione, Tonino non bada a spese e a compromessi. E non va troppo per il sottile sulle persone delle quali si circonda. Siamo al "Franza o Spagna, purchè se magna"?
...com'è sexy, Di Pietro...
(di Marco Damilano - l'Espresso)
Piace agli arrabbiati. Ai delusi di destra e sinistra. Ai giovani. E l'ex pm si organizza. Con new entry a sorpresa. Per far crescere il partito. E fargli conquistare il primato dell'opposizione
Appena entra nel suo ufficio alla Camera, dotato di terrazza con vista sul Cupolone, da settimane Antonio Di Pietro è inseguito dallo stesso messaggio: "Ha chiamato Marco Rizzo...". Rizzo chi? L'eurodeputato dei comunisti italiani noto per la pelata, i gessati e le comparsate televisive? Proprio lui. Fino a poco tempo fa sull'ex pm sparava a zero: "Di Pietro è di destra nella sua voglia di protagonismo, nel suo disprezzo per la politica e per i partiti". Ma ora che si avvicinano le elezioni europee si è messo a corteggiare Tonino in modo insistente. E non è l'unico. "Amico mio, ho la fila fuori", si gasa il leader di Italia dei valori. Lontani i tempi in cui per fare le liste si riduceva a offrire una candidatura agli 'antoni di pietro' trovati sull'elenco telefonico per intercettare qualche voto in più. Dopo il successo in Abruzzo, 15 per cento, il suo è il partito più trendy del momento. Quello che tutti i sondaggi danno in ascesa in vista delle elezioni del 2009, amministrative ed europee. Impegnato nella sfida per l'egemonia nel centrosinistra con il Pd di Walter Veltroni, sotto tiro per le inchieste giudiziarie. La prima Tangentopoli lanciò il personaggio Di Pietro. Quella che sta coinvolgendo il Pd potrebbe consegnare all'uomo di Mani pulite il ruolo di protagonista.
Il leader è consapevole della grande occasione. "Dobbiamo fare il salto", ripete. Sul suo tavolo c'è uno studio commissionato prima delle elezioni abruzzesi e degli arresti in Campania. Nelle intenzioni di voto Idv è data al 7,8 per cento, ben al di sopra del 4,4 raccolto il 13 aprile. Più che le intenzioni, contano i voti potenziali. Gli elettori "fortemente attratti" o "simpatizzanti" per Idv, che non l'hanno votato ma potrebbero votarlo, sono il 40 per cento: di questi, uno su due ha scelto alle ultime elezioni il Pd. Una prateria.
Per intercettare i nuovi elettori, il leader da solo non basta più. In Idv Di Pietro è padre-padrone assoluto: lo statuto gli affida i pieni poteri in vista di un congresso che non c'è mai stato. Ma ora l'ex pm sente il bisogno di organizzare meglio le sue truppe. Una settimana fa ha riunito l'esecutivo nazionale del partito nella sala del Refettorio di palazzo San Macuto, le stanze in cui nel Seicento il tribunale dell'Inquisizione pronunciava le sue sentenze e dove Galileo fece abiura. In questo luogo evocativo Tonino senza toga ha letto la sua requisitoria: "Il consenso impone una classe dirigente all'altezza. Dobbiamo stare attenti a non diventare un ricettacolo di transfughi o di cercatori di sistemazione".
Applausi dei notabili di Idv, eccitati dal vento in poppa. Ha applaudito forte il deputato Gabriele Cimadoro, sigaro spento in bocca, meglio noto come 'il Cognato', di Di Pietro, si capisce. Quando cambiò casacca politica per seguire Tonino nell'Asinello, Clemente Mastella fu comprensivo: "È un affare di famiglia". Si è spellato le mani il coordinatore regionale di Idv del Lazio, Claudio Bucci, un altro che di trasumanze se ne intende: ex Rete, poi consigliere regionale di Forza Italia, in transito nello Sdi e finalmente in Idv.
A fare la radiografia dell'attuale gruppo di comando di Idv con il metodo Di Pietro i risultati sono impietosi. Fedina penale immacolata, d'accordo. Fedina politica, molto meno. Nei gruppi parlamentari di Idv trasformisti, riciclati e capibastone sono ben rappresentati. Il senatore Aniello Di Nardo, per esempio, ha cominciato a fare politica a Castellammare di Stabia, nella Dc di Antonio Gava. Eletto deputato nel Ccd di Casini, ha traslocato nell'Udeur di Mastella, ottenendo in cambio la poltrona di sottosegretario all'Interno e la protezione civile in Campania con Antonio Bassolino.
Stesso percorso del suo collega a palazzo Madama Giacinto Russo: assessore mastelliano all'Industria, lascia l'Udeur e passa con Di Pietro l'8 febbraio 2008, quando alle elezioni mancano poche settimane, ricompensato con un seggio al Senato. A personaggi così Di Pietro chiede di lasciare le giunte in Campania: gli affetti più cari.
Casi isolati? Macché. Alla Camera c'è Antonio Borghesi, l'uomo della commissione Bilancio, il Tremonti di Di Pietro, che da presidente della Provincia di Verona con la Lega si professava secessionista. Oppure l'eterno Aurelio Misiti, che per due anni mantenne il doppio incarico di assessore ai Lavori pubblici in Calabria nella giunta di destra di Chiaravallotti e di presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici nominato da Pietro Lunardi, alla faccia delle incompatibilità e dei conflitti di interesse.
E poi il tarzan David Favia, deputato marchigiano. Un forzista della prima ora, un pasdaran berlusconiano. Al punto che nel 2000 nei suoi volantini chiede agli elettori: "Volete l'Italia di Berlusconi o quella di D'Alema e di Di Pietro?". Lui non ha dubbi, sta con il Cavaliere e viene eletto consigliere regionale. Fino al 2004, quando passa ai mastelliani. Il 27 febbraio di quest'anno, a poche ore dalla chiusura delle liste, altra conversione: Clemente addio, "Idv è il partito più vicino al mio modo di intendere i valori". E questa sì che è un'abiura, altro che Galileo.
"Non ci servono gli estremisti, dobbiamo rappresentare quei moderati che hanno a cuore la legalità. Un elettorato perbenista", teorizza il deputato barese Pino Pisicchio, uno che alla Camera per la prima volta è stato eletto più di vent'anni fa, nella Dc e che ha appena pubblicato un libro sull'Idv. Sarà. Ma non è esattamente il tipo di personale politico che gli elettori si aspettano di trovare. "Siamo un partito che non è ideologicamente ingabbiato, ma programmaticamente evoluto", si difendeTonino. Traduzione: prendere voti a tutto campo. Strapparli alla Lega al Nord, alle liste civiche, all'elettorato legalitario di An e soprattutto al Pd. Con qualche new entry mirata come lo storico Nicola Tranfaglia, nell'ultima legislatura deputato Pdci. E i nuovi dipartimenti affidati a figure di prestigio, tutte legate al Pd: l'ex senatore dell'Ulivo Paolo Brutti parlerà di infrastrutture, al sociologo Pino Arlacchi, esperto dell'Onu sulla droga, sarà affidato il dipartimento internazionale. E di riforma delle istituzioni si occuperà il giurista Stefano Passigli, ex repubblicano, ex senatore ulivista, tra i fondatori del Pd, deluso del partito veltroniano. Altri sono in arrivo.
Nomi che nei piani di Di Pietro dovrebbero consentire di fare il famoso salto, almeno di qualità. Per la quantità bisogna lavorare sulle fasce di elettorato più attratte dal verbo dell'ex pm: i ragazzi tra i 18 e i 34 anni sono al primo posto tra gli elettori potenziali, seguono le donne. I giovani si organizzano via Facebook, fanno i banchetti per raccogliere le firme contro il lodo Alfano davanti alle discoteche. Il coordinatore Massimo Romano è il prototipo del nuovo dipietrista: uomo di legge (studia da avvocato), ambizioso (sogna di fare il sindaco di Campobasso) e molisano come il leader [...]
Obiettivo: conquistare l'Italia della protesta. Il monopolio dell'opposizione. E non solo sulla giustizia: la questione morale e il referendum sul lodo Alfano restano i cavalli di battaglia, ma serve anche rafforzare il messaggio sulle questioni economiche e sociali che sono al primo posto delle preoccupazioni degli elettori. Di Pietro studia: tabelle, grafici, carte, emendamenti. Passa da una trasmissione all'altra, infreddolito, febbricitante, combattivo. Con un sogno non confessato: il10 per cento alle elezioni europee. Per raggiungerlo è disposto anche al supremo sacrificio: cancellare il suo nome dal simbolo elettorale di Idv, per dare vita a "una grande lista civica nazionale". La leadership val bene un po' di umiltà. Anche per un uomo della Provvidenza come Antonio Di Pietro.
...ora, dopo l'uscita di questo articolo di Marco Damilano, mi sento meno solo...
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