Ecco come Massimo Riva, che non è certo abitualmente un catastrofista, vede il futuro del nostro paese. (Vedi l'Espresso in edicola questa settimana). Ma l'amministratore di condomini di Sondrio fa spallucce, e ci informa che siamo i primi della classe, che abbiamo meno problemi degli altri, e che insomma Draghi non rompa i coglioni. Nel frattempo, il premier insiste: la colpa della ipotetica crisi è nostra, perchè ci rifiutiamo cocciutamente di spendere i soldi che non abbiamo.
Secondo la Banca d'Italia la recessione sarà severa quest'anno con un calo del Pil nell'ordine del due per cento. Manifestamente infastidito dall'annuncio, che contraddice i puerili sforzi del governo per minimizzare la portata della crisi in atto, Giulio Tremonti non ha saputo nascondere il suo imbarazzo, liquidando la previsione con il termine irridente di 'congetture'. Ed ha sovraccaricato il suo sarcasmo soggiungendo che anche una discesa del Pil ai livelli del 2005 non sarebbe comunque 'un ritorno al Medioevo'. Per disdetta del ministro dell'Economia, nel volgere di pochi giorni, la medesima allarmante valutazione di via Nazionale è stata fatta propria anche dalla Commissione europea, che ha reso pubblico il quadro delle sue stime aggiornate sull'andamento congiunturale delle economie continentali: il Pil europeo scenderà nel 2009 dell'1,8 per cento, mentre quello italiano calerà - appunto - del 2 tondo tondo.
Per carità, in materia di previsioni economiche, tanto più in tempi turbolenti come gli attuali, l'errore è sempre in agguato. Basti ricordare che, soltanto nello scorso novembre, proprio a Bruxelles si stimava che il Pil italiano di quest'anno si sarebbe limitato a segnare una crescita zero. E però se il commissario Joaquin Almunia, ad appena un paio di mesi di distanza, ritiene di dover correggere in termini così sensibilmente negativi le sue cifre, ciò significa che da allora ad oggi la situazione generale ha dato chiare indicazioni di peggioramento. Il fatto che Tremonti non intenda prenderne atto lascia sconcertati ed aggiunge un motivo di allarme in più in un orizzonte già scuro di suo.
L'impressione, infatti, è che il governo si rifiuti di riconoscere la dura realtà incombente non tanto perché non condivida le previsioni negative di Bankitalia e della Ue, ma perché non sa come misurarsi con le conseguenze implicite in un calo del Pil di due punti percentuali. Conseguenze che il rapporto di Almunia, viceversa, snocciola una dopo l'altra senza reticenze. La principale è che si avrà un balzo del tasso di disoccupazione dal 6,7 per cento del 2008 all'8,2 di quest'anno. Certo, anche in questo caso non sarà un ritorno al Medioevo e alla servitù della gleba, ma quel punto e mezzo in più basta a far considerare ottimistica perfino la perdita di 600mila posti di lavoro in corso d'anno stimata da Confindustria.
Un'altra seria conseguenza della caduta del Pil si avrà poi sul versante dei conti dello Stato. In particolare per quanto riguarda il deficit, in corsa verso il 4 per cento e il debito pubblico, che a Bruxelles vedono in forte impennata fino a sfiorare di nuovo quota 110 per cento, così annullando gli sforzi di contenimento compiuti negli ultimi anni e le promesse di costante discesa fin sotto il fatidico livello del cento per cento fatte insieme da Silvio Berlusconi e da Tremonti. Che costoro resistano ad ammettere una realtà che ne smentisce l'ottimismo di facciata non ha più senso. Il giorno in cui i due autorevoli struzzi si decideranno a tirare fuori la testa dalla sabbia, infatti, potrebbe essere troppo tardi per evitare al paese una gelata ben peggiore delle più nere previsioni.
Secondo la Banca d'Italia la recessione sarà severa quest'anno con un calo del Pil nell'ordine del due per cento. Manifestamente infastidito dall'annuncio, che contraddice i puerili sforzi del governo per minimizzare la portata della crisi in atto, Giulio Tremonti non ha saputo nascondere il suo imbarazzo, liquidando la previsione con il termine irridente di 'congetture'. Ed ha sovraccaricato il suo sarcasmo soggiungendo che anche una discesa del Pil ai livelli del 2005 non sarebbe comunque 'un ritorno al Medioevo'. Per disdetta del ministro dell'Economia, nel volgere di pochi giorni, la medesima allarmante valutazione di via Nazionale è stata fatta propria anche dalla Commissione europea, che ha reso pubblico il quadro delle sue stime aggiornate sull'andamento congiunturale delle economie continentali: il Pil europeo scenderà nel 2009 dell'1,8 per cento, mentre quello italiano calerà - appunto - del 2 tondo tondo.
Per carità, in materia di previsioni economiche, tanto più in tempi turbolenti come gli attuali, l'errore è sempre in agguato. Basti ricordare che, soltanto nello scorso novembre, proprio a Bruxelles si stimava che il Pil italiano di quest'anno si sarebbe limitato a segnare una crescita zero. E però se il commissario Joaquin Almunia, ad appena un paio di mesi di distanza, ritiene di dover correggere in termini così sensibilmente negativi le sue cifre, ciò significa che da allora ad oggi la situazione generale ha dato chiare indicazioni di peggioramento. Il fatto che Tremonti non intenda prenderne atto lascia sconcertati ed aggiunge un motivo di allarme in più in un orizzonte già scuro di suo.
L'impressione, infatti, è che il governo si rifiuti di riconoscere la dura realtà incombente non tanto perché non condivida le previsioni negative di Bankitalia e della Ue, ma perché non sa come misurarsi con le conseguenze implicite in un calo del Pil di due punti percentuali. Conseguenze che il rapporto di Almunia, viceversa, snocciola una dopo l'altra senza reticenze. La principale è che si avrà un balzo del tasso di disoccupazione dal 6,7 per cento del 2008 all'8,2 di quest'anno. Certo, anche in questo caso non sarà un ritorno al Medioevo e alla servitù della gleba, ma quel punto e mezzo in più basta a far considerare ottimistica perfino la perdita di 600mila posti di lavoro in corso d'anno stimata da Confindustria.
Un'altra seria conseguenza della caduta del Pil si avrà poi sul versante dei conti dello Stato. In particolare per quanto riguarda il deficit, in corsa verso il 4 per cento e il debito pubblico, che a Bruxelles vedono in forte impennata fino a sfiorare di nuovo quota 110 per cento, così annullando gli sforzi di contenimento compiuti negli ultimi anni e le promesse di costante discesa fin sotto il fatidico livello del cento per cento fatte insieme da Silvio Berlusconi e da Tremonti. Che costoro resistano ad ammettere una realtà che ne smentisce l'ottimismo di facciata non ha più senso. Il giorno in cui i due autorevoli struzzi si decideranno a tirare fuori la testa dalla sabbia, infatti, potrebbe essere troppo tardi per evitare al paese una gelata ben peggiore delle più nere previsioni.
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