Un
siberiano liscio…
Siete mai andati al bar per ordinare
un bel siberiano liscio ? Oppure siete mai andati in piazza al drago verde ? Va
bene, al di là delle scemenze che risalgono al cretaceo inferiore e curiosamente
coincidenti con la mia spensierata gioventù, la possibilità di bersi un bel
bicchierone di acqua gelata (il famoso siberiano liscio) oppure di andarsi a
dissetare alle ormai quasi scomparse fontanelle delle piazze lombarde (di colore
rigorosamente identico ovunque, da cui la denominazione “drago verde”) oggi non
è un elemento garantito in tutto il mondo.
Giusto giusto per fare un esempio,
parliamo ora dell’ineffabile comportamento tenuto dal governo Israeliano (ma
anche dalle varie banche di investimento ONU ed europee) relativamente allo
sfruttamento della falda della west bank, esattamente sotto la zona attribuita
al controllo del governo Palestinese.
Come ben noto, l'acqua e il controllo
delle risorse idriche potabili e dolci rimane uno dei punti sensibili nel
mediterraneo e nella regione del Medio Oriente, con particolare attenzione alle
zone interne alla striscia di gaza e nelle zone di insediamenti colonici
Israeliani.
Poiché questa risorsa è così scarsa, e
la competizione per il controllo della sua risorsa e' così feroce, che fa
pensare che il controllo sulle provviste di acqua fornirà il contesto per i
futuri conflitti nella regione.
Un equa e sostenibile distribuzione e'
diventata un punto critico nel contesto regionale di pace e sicurezza non solo
per Israele e Palestina, ma per tutta l'intera area.
Sin dall'inizio dell'occupazione
israeliana della West Bank e della Striscia di Gaza nel 1967, le provviste di
acqua concordate per l’utilizzo palestinese non coprivano il fabbisogno in
primis per l’uso domestico, quindi sostanzialmente per gli abitanti di Gaza
risulta impossibile anche realizzare culture per l’autoconsumo dipendendo in
questo modo da Israele direttamente per quanto riguarda le forniture alimentari
(spesso pagate a caro prezzo da UNICRATT) ed indirettamente per quanto concerne
le autorizzazioni al passaggio delle merci.
Inoltre, a partire dal 1995, Israele
ha sfruttato l'85% dell'acqua di superficie palestinese incanalando questa
risorsa verso gli insediamenti dei suoi coloni presenti nella West Bank e nello
stesso territorio di Israele, garantendosi in questa maniera una
qualitativamente ottima e vantaggiosamente autoctona fornitura di prodotti della
terra altamente interessanti dal punto di vista della bilancia dei
pagamenti.
Nel quadro degli accordi di Oslo nel
1995, Israele e l'Autorità Nazionale Palestinese (ANP) avevano cercato di
definire i modi tramite cui i palestinesi potessero aumentare il consumo di
acqua, e sulla base dell'Art. 40 degli accordi (qui riprodotto), l'Agenzia
Statunitense per lo Sviluppo Internazionale (USAID), aveva commissionato uno
studio esteso sullo sviluppo idrico nella West Bank e nella striscia di
Gaza.
Nel 1998, fu raggiunto un accordo tra
l'Autorità Palestinese per le Acque (PWA) e un gruppo di finanziatori
internazionali, fra cui la Banca Mondiale, la Banca Europea per gli Investimenti
(BEI), la USAID ed alcuni investitori minori, per un grande progetto di
investimento per lo sviluppo idrico della West Bank di quasi 300 milioni di
dollari.
ARTICOLO 40 Acqua e sistema
idrico: Sulla base dei buoni legami,
entrambe le parti hanno raggiunto il seguente accordo nel campo dell'acqua e del
sistema idrico: Principi: 2) Entrambe le parti riconoscono la necessità di sviluppare accessori idrici per vari usi
a) Mantenimento delle quantità
esistenti di utilizzazione dalle risorse, prendendo in considerazione la
quantità di acque secondarie per i palestinesi dalle falde acquifere orientali e
di altre fonti di accordi nella West Bank come è descritto in questo articolo.
B) Omissis... Acque
secondarie: 6) Entrambe le parti si sono
accordate che le future necessità dei palestinesi nella West Bank sono stimati
per essere tra i 78- 80 milioni di metri cubici per anno. 7) In questo quadro e per venire
incontro alle immediate necessità dei palestinesi di acqua per usi domestici, le
due parti riconoscono la necessità di rendere disponibile per i palestinesi,
durante il periodo ad interim una quantità totale di 28.6 milioni di metri
cubici annuali. |
Il dettato dell'art. 40 dell'Accordo
per aumentare i livelli di consumo idrico palestinese è seriamente compromesso
dal fatto che l'articolo non tratta della riduzione del consumo di acqua
israeliano o dello spostamento delle sue colonie dalla West Bank, dove gli
stessi consumano una quantità massiccia delle tre falde acquifere della West
Bank.
Inoltre il governo israeliano ha
ufficialmente dichiarato che delle tre falde solo una, quella orientale, ha la
possibilità di essere ulteriormente sfruttata.
Questa falda si trova completamente
nel sottosuolo della West Bank ed è l'unica fonte di acqua esclusiva della
Palestina: lascio a voi tirare alcune interessanti conclusioni relative
all’interesse che il governo Israeliano ha in quella zona.
Ora, da appassionato di fantascienza,
faccio alcune ipotesi interessanti relative all’interessantissima ipotesi che
veda uno stato Palestinese sovrano nella zona di Gaza e della West Bank, ove
(udite udite) risultano essere presenti tre falde acquifere di cui una (guarda
caso la più grande, di portata stimata in 172 milioni di metri cubi…)
esattamente sotto il bombardatissimo sedere di Hamas.
Ahi… ma guarda un po’ che sfortuna,
direte voi, proprio lì doveva stare un bene che oggi attira molto più del
petrolio… resta il fatto indiscutibile che ad oggi secondo il famigerato
articolo 40 circa 120 mmc di acqua vengono sfruttati dai territori e solo il
restante volume viene teoricamente inviato a Gaza, ovviamente quando l’esercito
lo ritiene “strategicamente utile”.
Cioè sostanzialmente circa due ore al
giorno.
La maggioranza degli esperti, inclusi
quelli coinvolti nei negoziati, sono d'accordo nell'affermare che la Falda
Acquifera Orientale non può fornire gli ulteriori 78 mmc che il team israeliano
aveva sostenuto fossero disponibili, ed uno sfruttamento addizionale senza dati
reali ed una politica globale di gestione delle acque, potrebbe portare un grave
danno dovuto all'eccessivo sfruttamento della falda.
Parte dell'acqua estratta dalla falda
dei pozzi vicino al Mar Morto era già salmastra al tempo della firma, e ci sono
ora prove di contaminazione sia del bacino superiore che di quello
inferiore.
Secondo gli esperti la falda potrebbe
produrre soltanto ulteriori 20 - 30 mmc per anno ( un ammontare che non
coprirebbe i bisogni idrici di base della popolazione palestinese della West
Bank).
Il prestito della BEI di 30 milioni di
Euro è destinato alla costruzione di due ulteriori pozzi di produzione nell'area
del Bacino Orientale, con due stazioni di pompaggio, e l'estensione del sistema
di canalizzazione e di distribuzione delle acque nel sud della West Bank.
La
BEI si è proposta di finanziare il progetto al 50%, e il restante 50% è
finanziato dalla Banca Mondiale tramite i gruppi di IBRD (.....), la Francia e
la Gran Bretagna.
Chi gestirà questa operazione ? non ci
crederete, il ministero per la attività produttive… ISRAELIANO ! (vedi [sui furti d'acqua ai danni dei palestinesi] )
Ora, vi faccio una domanda: secondo
voi che fine faranno le volumetrie estratte dal governo Israeliano nei territori
Palestinesi ? Bambolina premio a chi indovina (offre il
Tafanus…).
Resta il fatto che nell’accordo si è
imposto l’utilizzo di 28,6 milioni di metri cubi annuale per la popolazione, che
secondo la CRI non sono stati erogati negli ultimi tre anni con volumi inferiori
di circa il 50%.
Facciamo qualche facile conticino (che
volete, sono ingegnere…): circa 3 milioni di abitanti palestinesi si possono
bere un totale di 28 miliardi di litri d’acqua all’anno. Che sono circa 9.534
litri d’acqua all’anno, pari a 26 litri al giorno se tutto va bene, mentre se a
qualche omuncolo in grigioverde girano gli zebedei,
ciccia.
Se poi effettivamente ha ragione la
CRI il consumo diventa circa pari a 13 litri… con cui, come appare abbastanza
chiaro, non si sopravvive: giusto per la cronaca, a Milano si utilizzano
mediamente 246 litri d’acqua calda al giorno per una famiglia di 4 persone, e
circa 80 di acqua fredda, per un totale di circa 80 litri
pro-capite.
Capite bene ora che la querelle che
viene indicata come di tipo religioso nasconda in effetti motivi di ben altra
natura, o meglio di ordine squisitamente economico e politico: che ne sarebbe
infatti del Likud nel momento in cui uno stato Palestinese tagliasse
l’erogazione di acqua alle colonie ed in parte anche ai territori Israeliani? Vedi anche: [Crisi idrica nei territori della West Bank]
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