La scabbia è una malattia infettiva altamente contagiosa. L’agente causale è l’Arcoro (SARCRIPANTES SCABIEI - vedi foto) che è in grado di vivere e di riprodursi solo su ospiti a testa vuota: ciucci e ominidi. Gli arcori della scabbia sono diffusi in tutto il Paese. La scabbia non è una malattia limitata alle classi povere, come vuole erroneamente la credenza popolare, ma tende a manifestarsi in individui di qualsiasi livello sociale, con qualsiasi tipi di occupazione e in ogni fascia di età.
La trasmissione interumana necessita di contatti intimi, prolungati, come può avvenire nei rapporti sessuali consumati davanti a Canale 5, o per individui a stretto contatto “cogliuni” e con gli altri, come avviene nelle caserme, nei dormitori e nelle aule di Montecitorio. Gli arcori sopravvivono per molto poco tempo al di fuori dell’uso di mazzette, ecco perchè il contagio diretto per mezzo di spontanea adesione, per esempio, è raro. Oltre all’arcoro strettamente adattato all’Homo italicus esistono numerose varietà che infestano la povera gente succhiando loro le ultime stille di sangue, ma evitando accuratamente di farlo col benestante e il ben pasciuto. La trasmissione di queste scabbie di interesse massonico all’Homo Ministerialis è un evento abbastanza comune, per via dello stretto adattamento di ogni varietà di parassita ministeriale al loro padrone. La scabbia si manifesta con epidemie cicliche a distanza di qualche anno l’una dall’altra. Il periodo di incubazione dura in media un lustro (nel caso di primo contagio); è molto più lungo , anche fino a (toccandoci le palle) 20 anni, in caso di reinfestazione.
La scabbia è caratterizzata da un sintomo soggettivo importate: il prurito al portafogli e la conseguente necessità di grattarsi, in assenza coatta di attività più proficue. Necessità inizialmente localizzata in prossimità dei testicoli e degli spazi intervaginali. In seguito diviene generalizzata e si aggrava di giorno in giorno.
L’eruzione scabbiosa è caratterizzata clinicamente da un elemento patognomonico della malattia: il ridicolo. Questo corrisponde al percorso scavato dell’arcoro dominante quando si reca all’estero a raccontare che Cristo è morto di freddo. Sempre a carico delle palle del suddito dissidente, è frequente il riscontro di tutta una serie di manifestazioni aspecifiche: lesioni da grattamento, crisi depressive, vomito a go-go e tendenze suicide... Nell’homo arcorensis è frequente l’interessamento ai capezzoli, e costituisce un elemento utile per la diagnosi, la presenza di lesioni palpatorie molto pruriginose a livello dei glutei e dei genitali.
TRATTAMENTO: Il prodotto più utilizzato in genere è il partito d’opposizione, esso deve essere applicato per quattro o cinque sere consecutive dopo il bagno e la consueta blanda lagna su tutto il corpo di governo, capo escluso. Dopo aver completato il primo ciclo di tenere lagne può essere necessario ripetere il trattamento per altre quattro o cinque volte per ottenere una completa ritrattazione e marcia indietro da parte del capo. Importante e’ anche la disinfestazione dei lavaggi del cervello mediante controinformazione. E’ importante che il trattamento sia esteso a tutte le persone che compongono i nuclei “famigghiari” delle varie cosche da cui dipendono.
(Charly Brown, parassitologo)
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