Questo articolo di Andrea Milani, sull'Espresso in edicola, riapre il cuore alla speranza. Se crolla il consenso alla Chiesa ed al suo leader, i politici più avvertiti si sentiranno meno dipendenti dagli ordini di servizio dei cardinaloni mandati da Ratzinger a fare il lavoro sporco. I nostri politici sono sempre prontissimi a correre in soccorso del vincitore, ma anche molto svelti a saltar giù dalla nave che affonda. Pubblichiamo larghi stralci dell'inchiesta dell'Espresso. Tafanus
Benedetto Sboom - Dottrina rigida, look desueto, freddezza sui temi sociali allontanano i fedeli. E la grazia ai lefebvriani si è trasformata in un boomerang diplomatico e religioso
(di Andrea Milani - l'Espresso)
Crollo nell'afflusso dei pellegrini in Vaticano, polemiche a non finire con il mondo laico e i credenti delle altre religioni, lacerazioni sempre più vistose nel mondo cattolico. A neppure quattro anni dalla sua elezione, Joseph Ratzinger appare avviato sul cammino dell'impopolarità. Sarà la società digitale, sarà la sua istintiva freddezza, fatto sta che Benedetto XVI sta conquistando un vero palmares nel crollo dei consensi: "Avrebbe potuto essere l'Obama della cattolicità, invece si sta dimostrando il suo Bush", ha sintetizzato ruvidamente la Suddeutsche Zeitung. E il quotidiano svizzero Le Temps ha rincarato la dose, definendolo "un papa tagliato fuori dalla realtà".
L'ultima vicenda che ha scatenato uno tsunami di critiche è quella della "remissione" della scomunica ai quattro vescovi lefebvriani della Fraternità San Pio X, il manipolo di tradizionalisti che avevano creato una comunità scismatica nel 1988. Pochi giorni prima che la grazia pontificia fosse comunicata ufficialmente, uno dei quattro, monsignor Richard Williamson, aveva rilasciato un'intervista alla televisione svedese in cui faceva varie affermazioni antisemite e negazioniste: "Le camere a gas non sono mai esistite [...] per mano dei nazisti non sarebbero morti 6 milioni di ebrei, ma "al massimo 300 mila". Nonostante lo scandalo mondiale provocato da queste parole, il papa non ha fatto marcia indietro e ha riammesso nella Chiesa il gruppetto lefebvriano. Apriti cielo: imbarazzo glaciale degli episcopati più impegnati nel dialogo con il mondo ebraico, sollevazione di una sessantina di teologi cattolici tedeschi, propositi di rottura delle relazioni diplomatiche di Israele con la Santa Sede, viaggio del papa a Gerusalemme (previsto per maggio) a rischio. Persino la cancelliera Angela Merkel ha chiesto di "chiarire in modo netto" che " da parte della Chiesa non può esserci negazione dell'Olocausto".
Dopo ripetute correzioni di rotta e qualche tardiva messa a punto, il caso Williamson è finito in archivio come cronaca del giorno prima. Ma le gaffe di Benedetto XVI sono passate alla storia come la telenovela di maggior insuccesso in questo piccolo scorcio di nuovo millennio. Il 'Ratzinger-format' segue quasi sempre un copione prevedibile: la boutade azzardata del santo padre, le critiche degli esperti, l'indignazione dell'opinione pubblica, lo spiazzamento della grande massa dei cattolici, la marcia indietro vaticana, l'apparente ricerca di un capro espiatorio e, come risultato finale, l'impennata nel disagio e nella disaffezione dei fedeli.
Con il passare del tempo, l'elenco delle puntate della telenovela si è allungato. Farne una cronistoria non è semplice. In realtà aveva cominciato in sordina, Joseph Ratzinger. Il primo anno da pontefice, il 2005, lo aveva passato a carburare. Ma quando ha preso confidenza con il nuovo abito, ecco che il meccanismo si è innescato. Il primo segnale di un papa ad alto rischio gaffe lo si era visto a fine maggio 2006, quando il pontefice tedesco visita il lager di Auschwitz, luogo simbolo della Shoah. In quel discorso, pure molto celebrato, molti passaggi avevano fatto discutere: nessun mea culpa, non una parola sulle responsabilità del cristianesimo nel favorire l'emergere dell'antisemitismo, silenzio totale sulle responsabilità di Pio XII.
Se la tappa di Auschwitz era stata una preview per intenditori, è con il [discorso di Ratisbona] che Ratzinger si svela al grande pubblico. Il 12 settembre 2006, durante l'incontro all'università tedesca, il papa cita una controversia medievale tra un imperatore bizantino e un dotto musulmano: "Mostrami ciò che Maometto ha portato di nuovo e vi troverai soltanto delle cose cattive e disumane", dice la frase incriminata. E il succo del discorso pontificio è che Islam e democrazia sono incompatibili. Le reazioni alle parole del papa da parte del mondo musulmano sono durissime. Gli episcopati dei paesi arabi, rappresentanti di comunità cristiane fortemente minoritarie, ne pagano le conseguenze. Il capitale di fiducia e ammirazione che Wojtyla aveva accumulato in 27 anni di pontificato viene bruciato. Paradossalmente, per rimediare, papa Ratzinger si butta più avanti di quanto avrebbe voluto: nel novembre successivo, durante un tesissimo viaggio a Istanbul, lui che da cardinale era stato un feroce critico dell'incontro interreligioso di Assisi voluto da Giovanni Paolo II, si trova a pregare fianco a fianco con un imam all'interno della Moschea Blu. Con un'acrobazia linguistica, la sala stampa vaticana parla di "istanti di raccoglimento" e non di preghiera. Ma la frittata è fatta: il nemico numero uno del sincretismo si è ritrovato a fare uno spot per il 'supermarket delle religioni'.
Con il viaggio in Turchia, Benedetto XVI allarma i conservatori, devoti dello 'scontro di civiltà', senza convincere i musulmani. E i fedeli comuni perdono il senso dell'orientamento. Tra il 2006 e il 2008, dicono le statistiche vaticane, il numero di pellegrini arrivati a Roma per vedere il papa durante le udienze e gli Angelus è diminuito di un milione di persone: un flop pesante. Certo, Ratzinger non è Wojtyla, quanto a presenza scenica: tanto era naturale il papa polacco, quanto è rigido e impettito quello tedesco. Per non parlare dello stile dell'abbigliamento: dal pastore sportivo e casual, si è passati al pontefice paludato in vecchie mise tridentine, con copricapo desueti, pianete dimenticate e vanitose scarpette rosse.
Nei circoli curiali più conservatori, la "tendenza Ratzinger" è diventata persino di moda. E c'è chi, come il cardinale spagnolo Antonio Cañizares Llovera, nuovo prefetto della Congregazione per il culto, o l'arcivescovo americano Raymond Burke, che guida la Segnatura apostolica, non ha esitato a fare sfoggio di mantelli con lungo strascico rinascimentale. Ma il parrocchiano medio non sembra aver apprezzato. E ben più cogenti sono i problemi della vita concreta: il lavoro che non c'è, l'aumento della povertà, le relazioni affettive complicate, magari le separazioni o i divorzi, le ansie per i figli.
Anche su questo fronte pastorale, Benedetto XVI riscuote scarso successo: troppo distante, professorale, preoccupato per la purezza della dottrina ma disattento alla fede vissuta nella fatica di tutti i giorni. E quando interviene, lo fa con la bacchetta del maestro che commina astratte condanne, senza troppo preoccuparsi delle conseguenze concrete. È il caso del dibattito sul testamento biologico e la fine della vita. Oppure del clamoroso e recente no vaticano alla proposta Onu di depenalizzazione universale dell'omosessualità. "Non riesco a capire, sinceramente, se coloro che portano nella Chiesa le maggiori responsabilità abbiano una percezione realistica della delusione, e dei severi giudizi che sono ormai molto diffusi tra i credenti, soprattutto fra quelli che un tempo si sarebbero chiamati impegnati", ha scritto sconsolato l'ex vicedirettore di Famiglia Cristiana, Angelo Bertani, sulla mite rivista dei dehoniani 'Evangelizzare' [...]
Il giudizio più brutale lo dà il prete genovese [Paolo Farinella] : "L'abolizione della scomunica ai quattro vescovi scismatici è una violenza compiuta dal papa contro la Chiesa, perché di sua iniziativa sancisce che il Vaticano II non è mai esistito". Per Hans Küng, invece, "è tempo che Benedetto XVI si faccia da parte". Quali che siano le responsabilità della situazione, del papa o della sua curia, le difficoltà del pontificato non potrebbero apparire più evidenti. Silenzioso e afflitto, il mondo cattolico che aveva sperato nel Concilio attende la prossima puntata.
Dopo Ruini il diluvio - Ieri erano i politici a mettersi in fila per avere udienza. Oggi non è più così. E la Chiesa perde consensi
(di Marco Damilano - l'Espresso)
[...] Perdita di peso politico. Stanchezza pastorale. Evaporamento culturale. A fare un giro tra gli umori ecclesiali si raccolgono pessimi auspici. L'ultimo in ordine di tempo arriva dal sondaggio Eurispes della settimana scorsa che dà la fiducia degli italiani nella Chiesa in picchiata: dal 49,7 per cento di un anno fa al 38,8. Non solo: la fiducia è ancora alta nella fascia più anziana della popolazione, cala bruscamente tra i più giovani. E crolla nel Nord-ovest avanzato: solo il 25 per cento afferma di fidarsi ancora della istituzione ecclesiastica. Troppo legata alla politica. Troppo immischiata nel dibattito mediatico. Troppo lontana dalla gente comune. E senza leader spirituali in grado di parlare al Paese: sui temi etici e su quelli sociali.
Lo si è visto nel caso Englaro: i vescovi, da monsignor Rino Fisichella al cardinale di Torino Severino Poletto, sono scesi in campo contro la "pena di morte" di Eluana, ci sono stati rosari, preghiere e striscioni del Movimento per la vita, ma le altre associazioni sono rimaste tiepide. Nulla di paragonabile alla mobilitazione che ci fu sulla fecondazione assistita o alla manifestazione contro il governo Prodi sui Dico del 2007, il Family Day in piazza San Giovanni, sotto le finestre del cardinale Ruini. Anzi, sulla questione dell'eutanasia il comitato Scienza e Vita, creato dalla Cei nel 2005 all'epoca dei referendum sulla procreazione, si è spaccato, con tanto di dimissioni della storica Lucetta Scaraffia e del professor Adriano Pessina, direttore del centro di bioetica dell'università Cattolica: contrari alla cauta apertura sul testamento biologico del cardinale Bagnasco.
Lo chiamano pluralismo, ora: ma fino a pochi mesi fa Scienza e Vita sembrava una caserma, ordine e disciplina. Stesso marasma in Retinopera, il coordinamento delle associazioni cattoliche impegnate nel sociale e nel politico, altra creatura fortemente voluta da Ruini. Nelle intenzioni doveva preparare una nuova generazione di politici cattolici pronti a buttarsi nella mischia quando fosse arrivato il momento, magari al servizio di un progetto neo-centrista, la mitica Cosa bianca di cui si è parlato per anni. Il progetto è sparito, l'ex segretario della Cisl Savino Pezzotta che ne era uno degli ispiratori pascola annoiato nei corridoi della Camera come deputato dell'Udc. E il segretario dela Cei monsignor Crociata, nel suo primo intervento davanti all'associazione, è stato chiaro: "Da ora in poi", ha detto, più o meno, "lasciate perdere la politica" [...]
Tra gli opinionisti figurano il senatore di Forza Italia Gaetano Quagliariello, il centrista Pier Ferdinando Casini, i teo-dem Paola Binetti e Luigi Bobba e due big del Pd come Francesco Rutelli ed Enrico Letta. Ma anche qui è grande la confusione, come dimostra una lettera al direttore firmata Nino Labate in cui si attacca il silenzio delle associazioni cattoliche sul vescovo negazionista Richard Williamson, e non solo: "In questi anni la politica è stata lasciata in mano agli improvvisatori senza etica e senza valori". In questo vuoto di guida politica si inseriscono i pezzi da novanta dell'episcopato, per esempio l'arcivescovo di Milano Dionigi Tettamanzi, con l'idea di un fondo di solidarietà di un milione di euro per le famiglie in difficoltà economica.
Il ministro Renato Brunetta ha attaccato l'idea, ma l'esempio è stato seguito da altre diocesi: un modo concreto di spostare l'attenzione dai temi cari a papa Ratzinger (vita, famiglia, lotta contro aborto, eutanasia e coppie gay) alle questioni sociali che con la crisi sono più urgenti della messa in latino. In Vaticano non se ne sono ancora accorti (l'enciclica sociale di Benedetto XVI, annunciata da mesi, tarda ad arrivare), i vescovi più esposti sul fronte della crisi sì [...]
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