In qualsiasi paese a media alfabetizzazione, la metà delle porcate fatte o tentate dal barattolo, sarebbe stata sufficienti a cancellarlo dalla scena politica. Da noi no. Da noi raccoglie ancora consensi fra gli 800.000 co.co.pro che rimarranno a spasso nel 2009, ad 80.000 dei quali darà l'elemosina di 100 euro al mese per qualche mese. Raccoglie ancora consensi fra i destinatari dell'abominevole "carta dei poveri" da 40 euro, anche quando questi scoprono che non è stata neanche caricata. La caricherà... e poi, meglio quaranta euro che niente. Questa è l'Italia. Una carta assorbente associata ad un potentissimo smacchiatore. Un paese che non conosce la storia, e che non ha quindi il dono della memoria. Un blob. Un ammasso di "pongo" gelatinoso sul quale nessuno stupro lascia tracce.
Cerignola, Bisceglie, Minervino... Solo chi ha conosciuto "quella" Puglia negli anni '60, può provare ad immaginare cosa abbia significato diventare Di Vittorio in "quelle" terre, con quella struttura padronale prepotente, negli anni venti, quando polizia, clero, latifondo erano culo e camicia, uniti nel difendere a qualsiasi costo i propri privilegi. TUTTI i propri privilegi. Vogliamo dirlo? E' stato più facile diventare Bruno Buozzi a Torino, che Giuseppe Di Vittorio a Cerignola.
Il Di Vittorio che ne emerge è una figura eroica. Tanto più eroica, quanto più non frutto di esaltazioni registiche e recitative, entrambe tenute intelligentemente sotto le righe.
Traggo alcuni flashes da un articolo de "La Stampa":
Nichi Vendola: "...chi è pugliese è cresciuto sui racconti su Di Vittorio. I nostri padri ce lo raccontavano. In una terra aspra e miserabile s’è costruita una parabola molto bella: quella di non togliersi la coppola davanti al padrone. Questo è un gesto di autonomia intellettuale, non di sfregio o di odio..."
Baldina Di Vittorio (la figlia ottantanovenne): "...è difficile raccontare in poche parole la grande storia umana di mio padre, che ha lasciato un’impronta profonda. Fondamentali nella sua vita sono state le sue origini. Il suo iniziare ad alzare la testa sin da piccolo, con la morte del padre. Mio padre capì che l’istruzione era necessaria per elevare se stesso e gli altri, per avere dignità. Una costante nella sua vita è stata la continua ricerca di miglioramento e il valore della cultura. Da questa consapevolezza è nata la comprensione che per vincere sia indispensabile organizzarsi. Le leghe, le camere del lavoro sono state un’intuizione che ha avuto immediatamente. Da ragazzo ha capito l’importanza dell’unità..."
"...Di Vittorio, per chi ha vissuto in Puglia, ha rappresentato moltissimo. «Mi ha colpito che nelle case di Cerignola, al posto dei santini, ci fosse la foto di Di Vittorio - ha raccontato lo sceneggiatore Pietro Calderoni - quando gli uomini del sud partivano per andare a lavorare nelle fabbriche del nord si portavano dietro la sua fotografia»..."
Poi, proprio l'esistenza e l'essenza di personaggi come questo ci danno la forza per ricominciare. E' un dovere verso la "call-center generation", per la quale il barattolo ed i suoi servi stanno innescando una bomba ad orologeria, che esploderà quando diventeranno vecchi milioni di quasi-giovani di oggi, per i quali ci sarà solo - se ci sarà - l'assegno sociale, che non basterà neanche per comprare un tozzo di pane. Tafanus
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