Avevo, ma
inutilmente, sperato che di fronte alle critiche intra ed extraecclesiali i
vescovi si fossero interrogati sui problemi reali degli uomini e delle donne di
questo terzo millennio, mentre me li ritrovo arroccati nella stanca ma altèra
ripetizione di vecchi proclami, più preoccupati di difendere se stessi che di
servite quella comunità “per la quale” sono stati costituiti. La loro, ormai, è
una contro testimonianza. La
Chiesa che emergeva dal Vaticano II era una Chiesa più attenta
a lavare i piedi dell'umanità che non preoccupata di curare le vesti che portava
addosso. La chiesa che invece loro sognano è “un popolo di colli storti”, per dirla con le
parole di Bernanos nel suo “Diario di un curato di campagna”.
Con tutta la buona volonta non riesco a capire da quale scuola vengano questi vescovi.Ho ormai l’impressione che tocchi a noi, semplici sacerdoti e semplici fedeli, rievangelizzarli, ricordando loro che “Il precetto del Magistero non è che comando umano: ma la coscienza è voce di Dio”, come già affermava San Tommaso.
Tocca a noi
ricordare quanto, ai tempi del Concilio, e ai tempi della sua innocenza, Joseph
Ratzingher stesso scriveva: “Al di sopra del papa, come espressione della
pretesa vincolante dell'autorità ecclesiastica, resta comunque la coscienza di
ciascuno, che deve essere obbedita prima di ogni altra cosa, se necessario anche
contro le richieste dell'autorità ecclesiastica. L’enfasi sull'individuo, a cui
la coscienza si fa innanzi come supremo e ultimo tribunale, e che in ultima
istanza è al di là di ogni pretesa da parte di gruppi sociali, compresa la Chiesa
ufficiale, stabilisce inoltre un principio che si oppone al crescente
totalitarismo”.
Aldo Antonelli
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