(da Michele Di Branco - l'Espresso)
Meno 3,3 per cento a gennaio, meno 5 a febbraio, meno 7 a metà marzo. Nei corridoi al primo piano del ministero dell'Economia, requisito dallo staff e pressoché inaccessibile agli estranei, anche i 'pinguini', gli inconfondibili uscieri nero vestiti con buffe code, hanno imparato a convivere con le preoccupazioni di Giulio Tremonti. Le notizie che arrivano sul fronte delle entrate fiscali sembrano un bollettino di guerra. E non c'è modo di invertire la rotta. Anzi, il crollo del gettito si aggrava: mancano già 3 miliardi rispetto al 2008. E la comoda parola d'ordine governativa secondo cui la colpa è da attribuire in blocco alla crisi economica è un disco rotto al quale cominciano a credere poco gli stessi che la diffondono. Tanto è vero che tra le pieghe dei documenti ufficiali viene fuori tutta un'altra verità. Che non coincide affatto con la versione ufficiale. Nella nota di aggiornamento sugli andamenti di finanza pubblica inviata a febbraio dal governo a Bruxelles e analizzata dal Nens, il centro studi degli ex ministri Bersani e Visco, emerge che tra le previsioni del quadro macroeconomico (consumi, importazioni, deflattori) e le previsioni sulle entrate dei prossimi anni regna l'incongruenza. Scostamenti numerici significativi che svelano il vero pensiero del ministero dell'Economia:
La flessione delle entrate va molto oltre gli effetti della recessione.
"Si tratta di un vera e propria quantificazione governativa su quale sarà la progressione dell'evasione fiscale dei prossimi anni", dice Stefano Fassina, giovane deputato del Pd esperto di materie tributarie: "Nel periodo 2007-2011 il governo prevede una variazione nominale cumulata dei consumi nazionali del 5,4 per cento mentre nello stesso lasso di tempo il gettito da imposte indirette è dato in discesa dell'1,6%. Si tratta di uno scarto di 7 punti percentuali". Insomma, i consumi crescono e le entrate fanno retromarcia: neppure il governo sembra credere alla tesi della crisi che manda a fondo i conti pubblici. E secondo i calcoli del Nens, elaborati sulla base dei numeri della nota di aggiornamento, nel giro di 4 anni evasione ed elusione (solo sul versante imposte indirette ) cresceranno di 60 miliardi.
Dopo aver smontato pezzo per pezzo i meccanismi anti-evasione di Prodi (tracciabilità dei pagamenti, elenco clienti-fornitori), Tremonti si prepara a smontare pure gli studi di settore riducendo la pretese fiscali nei confronti degli autonomi. Una mossa bizzarra se si vuole andare a caccia degli evasori. Uno studio del dipartimento delle Finanze mostra che più del 50 per cento del gettito Iva arriva da appena 3 mila soggetti. Grandi aziende certo, con giri d'affari superiori ai 50 milioni. Ma con un peso inferiore al 20 per cento rispetto alla ricchezza prodotta dal Paese. Questo vuol dire che una parte consistente della platea di 5 milioni di autonomi non versa imposte proporzionali al reddito mangiandosi l'Iva appena può. I metodi sono molteplici: sottofatturazioni, detrazioni, deduzioni, truffe. Risultato: gli operativi del ministero calcolano un buco di 100 miliardi. Una montagna di soldi di fronte alla quale i 7 miliardi che l'Agenzia delle entrate dice di aver recuperato nel 2008 sembrano una miseria: come se qualcuno si arrangiasse con un cucchiaino mentre la nave imbarca acqua.
Eppure andare a colpire i sospettati non dovrebbe essere poi così difficile. Le dichiarazioni in mano all'Agenzia delle entrate mostrano casi piuttosto evidenti. Alla voce alberghi e ristoranti (300 mila contribuenti), l'Iva risulta addirittura 'a credito': insomma è lo Stato a rimetterci. E spulciando tra le dichiarazioni dei redditi ci si imbatte in cifre lorde curiose: i 15 mila euro dei tassisti, i 24 mila degli stabilimenti balneari e delle discoteche, i 30 mila dei ristoranti, e i 18 mila degli impianti sportivi e dei barbieri. Un mondo cui il governo strizza l'occhiolino. Presto, approfittando dell'occasione offerta dalla crisi, le loro aliquote saranno ridotte e il sottosegretario leghista Daniele Molgora già si affretta a tranquillizzare: se domani saranno versate tasse non congrue "non ci saranno accertamenti automatici" [,,,]
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...e dal PC di un avvocato svizzero arrestato a Milano saltano fuori 552 grandi evasori. Quasi tutti del mitico Nord-Est, quasi tutti industriali e professionisti.
(da Paolo Biondani e Vittorio Malagutti - l'Espresso)
Kerrville è una cittadina del Texas. Poche case, poca gente e poche strade in un paesaggio desolato. Bisogna partire da qui, dal Far West americano, per raccontare una storia di malaffare molto italiana. Ci sono centinaia di milioni di euro in fuga dal fisco e un codazzo eterogeneo di protagonisti: un avvocato svizzero specializzato in società off shore, un commercialista d'alto bordo con frequentazioni vip e un plotone di imprenditori in cerca di una scorciatoia per risparmiare sulle tasse. Serve un indirizzo fuori mano dove parcheggiare il denaro? Ecco Kerville, Texas, dove ha sede la finanziaria Wmk group, la cassaforte dell'organizzazione.
Per anni il sistema ha funzionato a meraviglia: riservatezza assoluta e soldi a palate per tutti. Poi, l'imprevisto. Nel primo weekend dello scorso febbraio, entra in scena la Guardia di finanza. Con un'operazione preparata da mesi, la squadra di polizia giudiziaria delle Fiamme gialle di Milano mette le mani su una lista di oltre 500 nomi, per l'esattezza 552. Ci sono imprenditori e aziende, con tanto di coordinate bancarie, società di copertura e una serie infinita di fatture emesse dall'Italia verso l'estero. Soldi che lasciano la Penisola e approdano nei paradisi fiscali. Per la procura di Milano, è una miniera di informazioni di straordinario valore.
La lista dei 552 era custodita in un file del computer portatile dell'avvocato svizzero Fabrizio Pessina, classe 1946. Un professionista di lungo corso con base a Chiasso,[...] Pessina viene arrestato con l'accusa di riciclaggio. Nell'inchiesta è coinvolto un suo cliente importante, l'imprenditore milanese Giuseppe Grossi. Ma l'analisi dei dati memorizzati per anni in quel computer mostra agli investigatori che Grossi in realtà è solo un nome tra i tanti. In tre decenni di onorata carriera l'avvocato svizzero specializzato in paradisi fiscali si è costruito un network di contatti molto ramificato. Fanno riferimento a lui un gran numero di industriali e professionisti, concentrati soprattutto nell'area del Nord-Est, in quella fascia ad alta densità di piccole e medie aziende che va da Brescia fino a Treviso. Clienti come il gruppo Greggio, griffe dell'argento con base in provincia di Padova. Oppure la famiglia veronese Cordioli, che produce e lavora alluminio, zinco e rame. E ancora, sempre a titolo di esempio, il bresciano Innocente Aderenti. Decine e decine di personaggi, per lo più poco noti al grande pubblico, che però, nell'insieme, riescono a muovere centinaia di milioni di euro.
I principali referenti bancari di Pessina sono ovviamente i giganti del credito svizzero, a cominciare dall'Ubs. In Italia, invece, in molte operazioni registrate nella lista dell'avvocato di Chiasso viene citato il nome della Banca Mb, un piccolo istituto nato da poco a Milano per iniziativa di alcune decine di imprenditori di seconda fila. Tra i promotori spicca un nome storico della finanza nazionale come Giuseppe Garofano, il manager, presidente Montedison ai tempi dei Ferruzzi, da sempre vicino all'Opus Dei. Clienti di Pessina sono i primi azionisti della banca [...]
Ma non è solo questione di banche. Da almeno dieci anni l'avvocato di Chiasso ora agli arresti fa coppia fissa con Mario Merello, un professionista di gran successo, almeno a giudicare dal patrimonio personale. Residenza a Sankt Moritz, ma di casa anche a Montecarlo, Merello l'estate scorsa ha inaugurato il suo nuovo yacht da 50 metri battezzato Marcelita in onore della moglie, la cantante Marcella Bella. (...Marcella Bella, per chi lo avesse dimenticato è stata candidata cob Forza Italia, il partito del fare...NdR)
Il suo tesoro, quello vero, è però un patrimonio smisurato di contatti e relazioni, alcuni ad altissimo livello, famiglie e imprenditori di cui gestisce i capitali. Il socio di Pessina naviga da anni nel mondo dello spettacolo, tra i vip veri o presunti frequentati nelle occasioni mondane insieme alla consorte Marcella. A Milano, invece, l'attivissimo Merello è ben introdotto nel giro della Borsa e dell'alta finanza. Conosce da tempo, per esempio, la famiglia Ligresti. E si racconta che il suo maestro fu Silvano Pontello, il banchiere, morto nel 2002, a sua volta cresciuto allo scuola del bancarottiere Michele Sindona e in seguito salito al vertice della Banca Antonveneta [...]
L'inchiesta penale della Procura di Milano è solo al primo capitolo, ma promette sorprese clamorose. L'unico cliente di Pessina per cui sia già possibile tirare le somme è proprio Grossi, che con la sua Green Holding spa ha gestito la bonifica ambientale di Montecity, l'area milanese dove l'immobiliarista Luigi Zunino sta costruendo il nuovo quartiere di Santa Giulia. L'avvocato svizzero è stato arrestato con l'accusa di aver riciclato 14 milioni e mezzo di euro creati proprio gonfiando i costi di quella bonifica. Ma ora i documenti sequestrati nelle perquisizioni hanno già fatto lievitare i fondi neri a 25 milioni. E negli ultimi interrogatori in carcere, Pessina ha dichiarato di aver versato quei soldi su una rete di conti esteri intestati a familiari, dirigenti e prestanome dello stesso Grossi, che a questo punto è a sua volta indagato per frode fiscale.
Ma ora le indagini della Procura vanno molto al di là del caso Grossi. Nel mirino della Guardia di finanza c'è l'interminabile lista di clienti e società scoperta nel computer di Pessina. Questo elenco di 552 nominativi può essere paragonato, come ordine di grandezza, all'ormai famosa lista degli italiani con il conto a Vaduz. Con alcune importanti differenze. La lista di Vaduz, resa pubblica nel marzo scorso dai vertici dell'Agenzia delle Entrate (quelli nominati dal governo Prodi e poi rimossi), era stata comprata dai servizi segreti tedeschi pagando un anonimo funzionario che, nel 2002, aveva copiato di nascosto gli archivi informatici della banca del Liechtenstein in cui lavorava. Quei depositi esteri, quindi, erano datati e in molti casi erano già stati regolarizzati sfruttando i due scudi fiscali varati tra il 2001 e il 2003 dal ministro Tremonti. Il computer di Pessina, invece, contiene dati recentissimi, aggiornati fino a venerdì 31 gennaio 2009, anzi probabilmente anche nel weekend dell'arresto. La lista di Vaduz, inoltre, conteneva 390 nomi, quasi tutti del Centro-Nord, che però erano in gran parte riuniti in gruppi familiari o societari, per cui corrispondevano solo a 157 posizioni bancarie: il totale dei depositi era di 1 miliardo e 337 milioni di euro. I clienti del fiduciario svizzero che ora è a San Vittore sono invece concentrati tra la Lombardia e il Veneto. I loro identikit professionali sono equivalenti a quelli dei soggetti comparsi nella lista di Vaduz. Ma questa volta il numero sembra calcolato per difetto. Secondo quanto risulta a 'L'espresso', infatti, a molti dei 552 nominativi corrisponde più di un conto estero e più di una società schermo. Alcuni nomi e cognomi coincidono con familiari di banchieri di rango, finanzieri d'assalto, dirigenti di aziende lombarde, imprenditori soprattutto del Nord-Est, ma ogni conclusione è prematura: le indagini sono alle primissime battute e la polizia giudiziaria sta ancora lavorando per ricostruire l'effettiva identità dei clienti, evitando errori o casi di omonimia.
Le operazioni annotate nel computer di Pessina sono migliaia. Ci sono accrediti registrati a partire dal 1996. Per altri clienti le informazioni coprono solo gli anni più recenti. Ma il dato più interessante forse è un altro: in quel laptop compaiono anche i nomi di altri fiduciari. Che potrebbero quindi rimandare a ulteriori piramidi e sotto-piramidi di clienti italiani con i conti all'estero. In questo quadro, è l'altissimo livello dei contatti personali e professionali di Merello, il socio forte di Pessina, a far ipotizzare sviluppi eccellenti. I conti esteri per cui la Procura di Milano ha già contestato l'accusa di frode fiscale sono intestati a società off shore dei più vari paradisi fiscali, da Madeira al Delaware, che di fatto però servono solo a gestire depositi in banche svizzere. L'arresto di Pessina ha creato grande imbarazzo nella Confederazione, già scossa dalle recenti polemiche internazionali sul segreto bancario. Pessina è stato per due anni, dal 1991 al 1993, presidente dell'ordine degli avvocati del Canton Ticino. E a San Vittore, ha da poco ricevuto la visita ufficiale di un diplomatico: il console svizzero.
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