[...gli "impresentabili" che si prsentano lo stesso, alle europee...]
...è una galleria fotografica impressionante... 17 pregiudicati, guidati da papi. Dieci pregiudicati presentati dal centro-destra, quattro dall'UDC, tre dal centro-sinistra...
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Questi non li votiamo
(di Peter Gomez - l'Espresso)
Condannati come Bonsignore e Sgarbi. Inquisiti come Mastella e Storace. I candidati nei guai con la giustizia spuntano nelle liste per le Europee di tutti i partiti.
C'è chi è ancora sotto inchiesta oppure l'ha fatta franca grazie alla prescrizione o all'amnistia. C'è chi si è salvato per un cavillo. C'è chi è stato riconosciuto colpevole addirittura in Cassazione, ma è lì lo stesso. Da anni. E con tutta probabilità sarà lì di nuovo. C'è chi, invece, avrebbe dovuto star fuori dalla politica ab eterno, perché lo aveva garantito il suo partito vista la pessima prova di sé fornita al Paese e al mondo. Ma che, dopo una sentenza sfavorevole incassata in primo grado, è stato ripescato e riammesso al ballo.
Forse perché la pena, dice la Costituzione, è sempre tesa alla riabilitazione del condannato. Infine c'è lui, l'ineleggibile e l'improcessabile per eccellenza: Berlusconi Silvio da Milano, classe 1936, uno dei quattro mariti d'Italia - con il presidente della Repubblica e quelli di Camera e Senato - che oggi, in virtù del lodo Alfano, potrebbero persino scegliere non di divorziare, ma di strangolare la consorte, certi di non finire davanti ai giudici sino al termine del mandato. Sono cose che voi umani non avreste nemmeno potuto immaginare, quelle che emergono dalle liste elettorali depositate in vista delle europee del 7 e 8 giugno. Se il caso Berlusconi - Lario - minorenni ha portato alla precipitosa esclusione di una dozzina di veline, evitando così che gli elettori del Pdl entrassero nelle urne con lo stesso spirito con cui si partecipa al televoto per la casa del "Grande Fratello", molte delle altre candidature fanno adesso rimpiangere le stesse veline.
E per accorgersene basta analizzare i curricula, penali e politici, di una ventina di aspiranti euro-deputati. Popolo della libertà Berlusconi è capolista ovunque, ma non andrà mai a Strasburgo. Se lo facesse, dovrebbe rinunciare alla poltrona da premier, e soprattutto vedrebbe ricominciare due suoi processi: quello per i falsi in bilancio Mediaset e quello per la corruzione del testimone David Mills.
Così il Pdl è costretto a consolarsi con altri quattro cavalli di razza dati per vincenti nella corsa (con preferenze) per l'Europarlamento. In pole position, secondo i bookmakers, c'è l'ex ministro della Giustizia, Clemente Mastella, indimenticato e indimenticabile autore di ben due ribaltoni: nel '98 passò dalla destra alla sinistra, nel 2008 dalla sinistra alla destra. In attesa di sapere dove andrà tra dieci anni, Mastella morde il freno. Alle politiche il Cavaliere, per premiare il suo essenziale contributo alla caduta del governo Prodi, gli aveva garantito dieci senatori e 20 deputati.
Ma i sondaggi - impietosi - e le pressioni di Lega e An avevano fatto saltare l'accordo. Oggi però Mastella è di nuovo in pista, dopo un anno trascorso ai box facendo la comparsa a "Quelli che il calcio": ossia il tempo necessario per far dimenticare che l'indagine di Santa Maria Capua Vetere, per cui si era dimesso, non era affatto infondata. Parola della Corte di Cassazione, che ha descritto la moglie di Mastella, Sandra Lonardo, come impegnata in «una politica di occupazione e di spartizione clientelare nei posti di responsabilità».
E parola dei pm di Napoli, a cui l'inchiesta è passata per competenza, che da poco hanno depositato gli atti alle parti: una mossa che solitamente precede la richiesta di rinvio a giudizio. Tra gli indagati, oltre al consuocero di Mastella, Carlo Camilleri, c'è anche l'ex guardasigilli che deve giustificare due presunte concussioni, una tentata concussione (ai danni del governatore Bassolino) e qualche abuso d'ufficio. Ma lui non si scompone.
A Strasburgo c'è posto per tutti, come dimostra la storia di un altro Fregoli della politica: l'europarlamentare uscente Vito Bonsignore, ex Dc, ex Ppi, ex Udc,oggi passatocon il Pdl. A lungo socio di Marcellino Gavio nell'autostrada Milano - Torino, Bonsignore si divide da sempre tra affari e politica. Nel '96 è stato condannato definitivamente a 2anni per tentata concussione nello scandalo per la costruzione del nuovo ospedale di Asti.
Un'altra indagine, nata dalle dichiarazioni del manager Italstat Mario Zamorani, che sosteneva di avergli versato una tangente da 250 milioni di lire nascosta in una scatola di cioccolatini, è invece finita nel nulla a Roma.
(di Peter Gomez - l'Espresso)
Condannati come Bonsignore e Sgarbi. Inquisiti come Mastella e Storace. I candidati nei guai con la giustizia spuntano nelle liste per le Europee di tutti i partiti.
C'è chi è ancora sotto inchiesta oppure l'ha fatta franca grazie alla prescrizione o all'amnistia. C'è chi si è salvato per un cavillo. C'è chi è stato riconosciuto colpevole addirittura in Cassazione, ma è lì lo stesso. Da anni. E con tutta probabilità sarà lì di nuovo. C'è chi, invece, avrebbe dovuto star fuori dalla politica ab eterno, perché lo aveva garantito il suo partito vista la pessima prova di sé fornita al Paese e al mondo. Ma che, dopo una sentenza sfavorevole incassata in primo grado, è stato ripescato e riammesso al ballo.
Forse perché la pena, dice la Costituzione, è sempre tesa alla riabilitazione del condannato. Infine c'è lui, l'ineleggibile e l'improcessabile per eccellenza: Berlusconi Silvio da Milano, classe 1936, uno dei quattro mariti d'Italia - con il presidente della Repubblica e quelli di Camera e Senato - che oggi, in virtù del lodo Alfano, potrebbero persino scegliere non di divorziare, ma di strangolare la consorte, certi di non finire davanti ai giudici sino al termine del mandato. Sono cose che voi umani non avreste nemmeno potuto immaginare, quelle che emergono dalle liste elettorali depositate in vista delle europee del 7 e 8 giugno. Se il caso Berlusconi - Lario - minorenni ha portato alla precipitosa esclusione di una dozzina di veline, evitando così che gli elettori del Pdl entrassero nelle urne con lo stesso spirito con cui si partecipa al televoto per la casa del "Grande Fratello", molte delle altre candidature fanno adesso rimpiangere le stesse veline.
E per accorgersene basta analizzare i curricula, penali e politici, di una ventina di aspiranti euro-deputati. Popolo della libertà Berlusconi è capolista ovunque, ma non andrà mai a Strasburgo. Se lo facesse, dovrebbe rinunciare alla poltrona da premier, e soprattutto vedrebbe ricominciare due suoi processi: quello per i falsi in bilancio Mediaset e quello per la corruzione del testimone David Mills.
Così il Pdl è costretto a consolarsi con altri quattro cavalli di razza dati per vincenti nella corsa (con preferenze) per l'Europarlamento. In pole position, secondo i bookmakers, c'è l'ex ministro della Giustizia, Clemente Mastella, indimenticato e indimenticabile autore di ben due ribaltoni: nel '98 passò dalla destra alla sinistra, nel 2008 dalla sinistra alla destra. In attesa di sapere dove andrà tra dieci anni, Mastella morde il freno. Alle politiche il Cavaliere, per premiare il suo essenziale contributo alla caduta del governo Prodi, gli aveva garantito dieci senatori e 20 deputati.
Ma i sondaggi - impietosi - e le pressioni di Lega e An avevano fatto saltare l'accordo. Oggi però Mastella è di nuovo in pista, dopo un anno trascorso ai box facendo la comparsa a "Quelli che il calcio": ossia il tempo necessario per far dimenticare che l'indagine di Santa Maria Capua Vetere, per cui si era dimesso, non era affatto infondata. Parola della Corte di Cassazione, che ha descritto la moglie di Mastella, Sandra Lonardo, come impegnata in «una politica di occupazione e di spartizione clientelare nei posti di responsabilità».
E parola dei pm di Napoli, a cui l'inchiesta è passata per competenza, che da poco hanno depositato gli atti alle parti: una mossa che solitamente precede la richiesta di rinvio a giudizio. Tra gli indagati, oltre al consuocero di Mastella, Carlo Camilleri, c'è anche l'ex guardasigilli che deve giustificare due presunte concussioni, una tentata concussione (ai danni del governatore Bassolino) e qualche abuso d'ufficio. Ma lui non si scompone.
A Strasburgo c'è posto per tutti, come dimostra la storia di un altro Fregoli della politica: l'europarlamentare uscente Vito Bonsignore, ex Dc, ex Ppi, ex Udc,oggi passatocon il Pdl. A lungo socio di Marcellino Gavio nell'autostrada Milano - Torino, Bonsignore si divide da sempre tra affari e politica. Nel '96 è stato condannato definitivamente a 2anni per tentata concussione nello scandalo per la costruzione del nuovo ospedale di Asti.
Un'altra indagine, nata dalle dichiarazioni del manager Italstat Mario Zamorani, che sosteneva di avergli versato una tangente da 250 milioni di lire nascosta in una scatola di cioccolatini, è invece finita nel nulla a Roma.
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[altre facce di impresentabili]
I "consigli per i non-acquisti" di Michele Serra
I "consigli per i non-acquisti" di Michele Serra
Tra il focoso Borghezio e l'esuberante Matera; E poi il Savoia jr, Matteo Salvini, Sergio Cofferati... Altri nomi da non votare
Il criterio legalitario (no a candidati pregiudicati) è giusto e convincente. Ma rischia di sovrapporsi, fino a oscurarlo, a un altro criterio fondamentale della politica, oggi decisamente 'fuori moda', che è la differenza tra le idee. Le idee, non le ideologie. Con un gioco di parole, potremmo dire che il crimine non è il solo discrimine. Si può osteggiare fortemente un candidato anche onestissimo perché propugna idee, scelte culturali, posizioni politiche che ci paiono socialmente nocive e politicamente aberranti. Non so se sia un criterio vetusto o, al contrario, modernissimo, nel senso che presagisce questioni e morbi civili che nei prossimi anni faranno avvampare l'Europa: ma almeno quanto i pregiudicati, mi spaventano gli intolleranti e i fanatici. La lampadina rossa si accende, per esempio, scoprendo che i numero 2 e 3 della Lega nel Nord-Ovest sono Matteo Salvini e Mario Borghezio.
Il primo è una vera e propria star del repulisti etnico-sociale, e si è appena meritato tutte le prime pagine per avere ventilato posti riservati ai milanesi sul metrò. Poi ha spiegato che era solo una boutade, secondo una comoda consuetudine: si lancia il sasso per deliziare l'uditorio imbufalito contro'lo straniero', si nasconde la mano per non pagare dazio al resto dell'opinione pubblica e agli alleati moderati preoccupati degli eccessi. Si chiama ipocrisia, e per un politico non è mai una medaglia.
Del secondo, Borghezio, si occupano, purtroppo, principalmente i blog, che mandano in rete i suoi illuminanti consigli ai camerati di mezza Europa riuniti in Francia. La sua lezione verte sull'arte di infiltrarsi nei governi cercando di dissimulare la propria vera natura politica: un'ottima foglia di fico, lo spiega lui stesso, sono i movimenti localistici. Ideali, aggiungo io, per far germinare la discriminazione su basi etniche. Non si può dire che Borghezio, celebre per avere disinfettato, a capo di un manipolo di arditi, i treni sui quali siedono le prostitute nigeriane, e avere dato fuoco ai pagliericci di alcuni senza tetto (è un igienista molto focoso) non abbia applicato con successo questa strategia: appartiene all'unico partito xenofobo d'Europa saldamente al potere, e dunque è perfettamente autorizzato a dare lezioni ai camerati europei.
Sopra di loro, in lista, c'è ovviamente Umberto Bossi: anche la Lega pratica, come Idv e Pdl, l'escamotage di candidare il leader nonostante l'impossibilità tecnica di esercitare il mandato. Un imbroglio che i partiti italiani, tutti, hanno sempre praticato impunemente, finalmente abbandonato e denunciato dal segretario del Pd Dario Franceschini. Bossi, per la cronaca e per quel poco che la cronaca conta, ha fama di essere un capopopolo saggio e moderato, ma ha definito "Bingo Bongo" gli africani, promesso pallottole ai giudici, sbandierato le sue "trecentomila doppiette" e apparentato il tricolore alla carta da cesso, per attenersi solo ai passi più coloriti della sua carriera di comiziante. Per un moderato non c'è male. In ogni modo è quanto basta, nel resto d'Europa, per essere tenuti sotto stretta sorveglianza politica.
Difficile, invece, tirare in ballo discriminanti politiche contro Barbara Matera, sola superstite del gruppo di veline che Berlusconi avrebbe voluto candidare a Strasburgo (fonti: 'il Giornale' e 'Libero') ma non ha potuto per la reazione disgustata, e clamorosamente pubblica, di sua moglie. Nel sito di Barbara Matera non c'è traccia rilevante di idee politiche. Si apprende che ha partecipato, nell'ordine, alla Festa dei Bisi (piselli in veneto), al Rally del Corallo e all'inaugurazione della discoteca La Siesta. Onesta professione, ma non è quanto basta per tracciarne un profilo politico - né alto né basso - e, a meno di decidere che la politica con le elezioni non c'entra più niente, non voterei Barbara Matera nemmeno se fossi il più appassionato supporter di Berlusconi. Discorso da replicare pari pari per Emanuele Filiberto di Savoia, candidato per l'Udc: per capire quanto fragile sia il suo profilo politico, basti dire che non è neanche monarchico.
Michele Serra
Il criterio legalitario (no a candidati pregiudicati) è giusto e convincente. Ma rischia di sovrapporsi, fino a oscurarlo, a un altro criterio fondamentale della politica, oggi decisamente 'fuori moda', che è la differenza tra le idee. Le idee, non le ideologie. Con un gioco di parole, potremmo dire che il crimine non è il solo discrimine. Si può osteggiare fortemente un candidato anche onestissimo perché propugna idee, scelte culturali, posizioni politiche che ci paiono socialmente nocive e politicamente aberranti. Non so se sia un criterio vetusto o, al contrario, modernissimo, nel senso che presagisce questioni e morbi civili che nei prossimi anni faranno avvampare l'Europa: ma almeno quanto i pregiudicati, mi spaventano gli intolleranti e i fanatici. La lampadina rossa si accende, per esempio, scoprendo che i numero 2 e 3 della Lega nel Nord-Ovest sono Matteo Salvini e Mario Borghezio.
Il primo è una vera e propria star del repulisti etnico-sociale, e si è appena meritato tutte le prime pagine per avere ventilato posti riservati ai milanesi sul metrò. Poi ha spiegato che era solo una boutade, secondo una comoda consuetudine: si lancia il sasso per deliziare l'uditorio imbufalito contro'lo straniero', si nasconde la mano per non pagare dazio al resto dell'opinione pubblica e agli alleati moderati preoccupati degli eccessi. Si chiama ipocrisia, e per un politico non è mai una medaglia.
Del secondo, Borghezio, si occupano, purtroppo, principalmente i blog, che mandano in rete i suoi illuminanti consigli ai camerati di mezza Europa riuniti in Francia. La sua lezione verte sull'arte di infiltrarsi nei governi cercando di dissimulare la propria vera natura politica: un'ottima foglia di fico, lo spiega lui stesso, sono i movimenti localistici. Ideali, aggiungo io, per far germinare la discriminazione su basi etniche. Non si può dire che Borghezio, celebre per avere disinfettato, a capo di un manipolo di arditi, i treni sui quali siedono le prostitute nigeriane, e avere dato fuoco ai pagliericci di alcuni senza tetto (è un igienista molto focoso) non abbia applicato con successo questa strategia: appartiene all'unico partito xenofobo d'Europa saldamente al potere, e dunque è perfettamente autorizzato a dare lezioni ai camerati europei.
Sopra di loro, in lista, c'è ovviamente Umberto Bossi: anche la Lega pratica, come Idv e Pdl, l'escamotage di candidare il leader nonostante l'impossibilità tecnica di esercitare il mandato. Un imbroglio che i partiti italiani, tutti, hanno sempre praticato impunemente, finalmente abbandonato e denunciato dal segretario del Pd Dario Franceschini. Bossi, per la cronaca e per quel poco che la cronaca conta, ha fama di essere un capopopolo saggio e moderato, ma ha definito "Bingo Bongo" gli africani, promesso pallottole ai giudici, sbandierato le sue "trecentomila doppiette" e apparentato il tricolore alla carta da cesso, per attenersi solo ai passi più coloriti della sua carriera di comiziante. Per un moderato non c'è male. In ogni modo è quanto basta, nel resto d'Europa, per essere tenuti sotto stretta sorveglianza politica.
Difficile, invece, tirare in ballo discriminanti politiche contro Barbara Matera, sola superstite del gruppo di veline che Berlusconi avrebbe voluto candidare a Strasburgo (fonti: 'il Giornale' e 'Libero') ma non ha potuto per la reazione disgustata, e clamorosamente pubblica, di sua moglie. Nel sito di Barbara Matera non c'è traccia rilevante di idee politiche. Si apprende che ha partecipato, nell'ordine, alla Festa dei Bisi (piselli in veneto), al Rally del Corallo e all'inaugurazione della discoteca La Siesta. Onesta professione, ma non è quanto basta per tracciarne un profilo politico - né alto né basso - e, a meno di decidere che la politica con le elezioni non c'entra più niente, non voterei Barbara Matera nemmeno se fossi il più appassionato supporter di Berlusconi. Discorso da replicare pari pari per Emanuele Filiberto di Savoia, candidato per l'Udc: per capire quanto fragile sia il suo profilo politico, basti dire che non è neanche monarchico.
Michele Serra
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