...abbiamo annoiato per mesi i nostri 15 lettori col count-down dei giorni mancanti al 18 Maggio, quando il 75% delle case dell'Aquila avrebbe dovuto essere dichiarato "agibile". Adesso cominceremo col "count-up": sono passati già quattro giorni dalla scadenza non rispettata. Stiamo annoiando da settimane i nostri lettori col count-down per la consegna delle casette tecnologicamente avanzate. Quelle belle, ma talmente belle che poi diventeranno un Campus" universitario. La dead-line è per il 10 settembre. Mancherebbero 108 giorni, ma le retromarce e i "distinguo" sono già iniziati. Ora, a tentare di dividere i fatti dalle pugnette, ci viene in soccorso questo servizio dell'Espresso...Tafanus
Il piano di ricostruzione è in ritardo. Le nuove case all'Aquila verranno consegnate solo entro fine dicembre. E per i senzatetto si prospetta un inverno nelle tende.
(l'articolo di Primo di Nicola - l'Espresso)
Procurare presto un tetto sicuro ai cittadini che hanno perduto per sempre la loro casa è una questione estremamente delicata per il premier. La vetrina del G8 spostata all'Aquila e l'impegno diretto richiesto ai capi di Stato stranieri nella ricostruzione hanno alzato terribilmente la posta in gioco nella partita del dopo-terremoto. Mantenere le promesse, dopo avere ripetuto più volte che l'Abruzzo è ormai per lui "una missione", è dunque una questione decisiva per il governo. Che proprio sul tema della ricostruzione ha però già inanellato altri imbarazzanti scivoloni. A cominciare dalle famose new town: proposta caduta per le resistenze del sindaco dell'Aquila Massimo Cialente e del presidente della Provincia Stefania Pezzone. Per non parlare della strombazzata idea della parcellizzazione della ricostruzione in un centinaio di progetti da affidare a ciascuna delle province italiane: altra iniziativa archiviata. Infine l'annuncio della consegna delle case per novembre smentito però dal crono-programma dei lavori illustrato a 'L'espresso' dalla Protezione civile, che solo in questi giorni sta muovendo i primi passi per realizzare il suo famoso Piano Case (Complessi Antisismici Sostenibili Ecocompatibili) varato proprio per superare l'emergenza. (...come suona bene, piano C.A.S.E.... Marketing First... NdR)
Ideato dagli uomini di Bertolaso, il piano prevede interventi nel solo comune dell'Aquila dove dovrebbero essere realizzate quelle 4 mila, 4.500 abitazioni di cui parla Silvio Berlusconi. Per gli altri 48 comuni danneggiati dal sisma, in attesa di quantificare l'esatto numero delle famiglie rimaste senza un tetto, si pensa infatti a soluzioni diverse, come quella di utilizzare chalet in legno e le altre strutture frutto delle donazioni più diverse. Per il capoluogo martoriato invece il Piano Case prevede di tirare su interi nuovi quartieri in 20 diverse zone della città. Case prefabbricate edificate con tecniche innovative (calcestruzzo precompresso, legno lamellare) su un massimo di tre piani e metrature diverse, poggiate su isolatori sismici collocati su grandi piattaforme di cemento armato in grado di assorbire anche i terremoti più devastanti. Con ulteriori vantaggi: quelli legati alla tecnica costruttiva modulare che permette la realizzazione del piano in pochi mesi. E gli altri connessi al fatto che una volta liberate dai terremotati le abitazioni potranno essere utilizzate come residenze universitarie e strutture turistiche [...]
Gli espropri comunque sono stati avviati anche se non è ancora stato deciso il valore degli indennizzi. Nel frattempo è partito anche il lavoro di progettazione che in ciascuna zona prevede l'inserimento di spazi verdi e servizi sociali. Mentre gli appalti per la fornitura delle case e la realizzazione delle piastre in cemento (il business complessivo ammonta ad almeno 500 milioni di euro) dovrebbero essere aggiudicati entro il 10 giugno. Tra i grandi costruttori ha già manifestato interesse il gruppo Pizzarotti di Parma [...]
(...quello che l'articolo dell'Espresso non dice, è che per qualche misteriosa ragione, che sfugge ai più, è stato deciso di fare un appalto per le piattaforme-base, e uno diverso per le casette da "poggiare" sulle piattaforme. Una emerita stronzata - per usare un francesismo - secondo un amico, grande tecnico di Scienza delle Costruzioni, da me interpellato. In primo luogo, perchè la tipologia delle piattaforme di base non è una variabile indipendente rispetto a cosa ci si deve poggiare su. In secondo luogo, perchè in caso di "incidenti", questo è il metodo più sicuro per avviare lo scaricabarile fra costruttori delle piattaforme e costruttori delle casette. Infine: chi poggerà le casette alle piattaforme? Ci sarebbe stato un solo sistema per evitare questi futuri contenziosi "quasi certissimi": quello di affidare gli appalti per forniture "chiavi in mano" (e relativi oneri e responsabilità) ad una unica azienda - o ad un'azienda capofila. Troppo semplice, vero?...NdR)
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Tra pidocchi e gastroenteriti
(Barbara Schiavulli - l'Espresso)
"Se gli anziani non torneranno presto nelle loro stanze finiranno per cuocere...". Miriam Charapcikova gestisce una casa di cura nel cuore dell'Abruzzo terremotato: 16 anziani, tra i quali depressi e schizofrenici, boccheggiano aggrappati all'ombra degli alberi, stretti l'uno all'altro per non essere sfiorati da un sole che pesa sulle vite dei 30 mila sfollati distribuiti in 167 tendopoli. La casa di cura ha solo qualche crepa che rimetterebbero a posto da soli se solo ricevessero il via dalle autorità. "Per gli anziani è una lotta contro il tempo", dice Charapcikova. Più si avvicina l'estate più le tende blu che punteggiano l'Aquila e le sue montagne si trasformano in forni.
Anziani, bambini, donne incinte, saranno i primi a essere colpiti. Già lo sono. "Cinque infarti, quattro bypass, diabete, qui non posso stare a lungo e con l'inverno che comincia a metà agosto, moriremo di freddo, se non prima di caldo", racconta la signora Bruna, 66 anni, nel campo di Acquasanta che ospita un migliaio di persone e uno sciame di pidocchi quasi debellati. Al campo più grande nel centro dell'Aquila al caldo si unisce la convivenza forzata tra tende che ospitano una decina di persone ciascuna. Privacy inesistente, abitudini interrotte, nel campo di Piazza delle Armi non ci sono più differenze, ricchi, poveri, italiani, stranieri, drogati, vecchiette bene e prostitute. Un pentolone di persone che ribolle sotto il sole pronto a scoppiare più tempo passa. "Sono 1.350 persone", dice il capo-campo Gian Marco Venturoli della Protezione civile, "non è un girone dell'inferno, piuttosto un enorme condominio". Si litiga per il volume della radio, per i bagni sporchi e la esasperazione a volte sfocia in intolleranza. "Tornatene a casa, non hai diritto di stare qui, mi hanno detto a mensa. Ho risposto in dialetto e si sono zittiti", si sfoga Natalì Mendoza, peruviana di 25 anni, in Italia da 16: "Ho perso due amiche nel terremoto.
Non è facile per nessuno". Pidocchi e gastroenteriti saranno, a lungo andare, i nemici nelle tendopoli. "È normale che ci siano casi", spiega il dottor Fabrizio Pignatelli, coordinatore delle attività del campo delle Armi. "Ma abbiamo ricreato un servizio medico che prima era sparso su tutto il territorio, dagli specialisti ai prelievi, giriamo tra le tende per capire se ci sono situazioni di disagio". Disabili da trasportare in bagno, tossici che lasciano garze insanguinate nelle docce, delinquenti agli arresti domiciliari in tenda. "Pure io mi sono preso una bella dissenteria", ammette il dottor Paolo Pasqualetti mentre esce da Campo Friuli per andarsi a comprare un camper. Difficile essere terremotati e medici costretti ad accantonare i propri lutti per poter lavorare.
La dottoressa Laura Vitali dorme in tenda all'ospedale San Salvatore, dove hanno isolato un caso di tubercolosi e ricoverato una ventina di persone tra problemi polmonari e infezioni intestinali. "Lavoriamo in maniera artigianale tra il caldo e la mancanza di attrezzature. Ci servono container e strutture più agevoli", dice pensando alla casa che ha perso, mentre alla collega accanto si riempiono gli occhi di lacrime. "Il dolore e la paura sono nemici dei campi", spiega Claudio Mochi psicologo dell'emergenza.
Così a Onna, dove è stato appena celebrato il 41° funerale, i superstiti si svegliano guardando le macerie e le loro vite fatte a pezzi. Non lontano, ad Arischia, molti insegnanti se ne sono andati. "Sono sulla costa, già in ferie, fuggiti", dice Cristina Baratelli, educatrice al campo (400 persone) e residente in una tenda da 20. "Non perdiamo tempo", scandisce Berardino Beccia, vigile del fuoco terremotato, "dateci il legno e le casette ce le costruiamo da soli".
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