
Gli
italiani che non credono all'ottimismo del governo Berlusconi sono
forse un po' ignoranti e soprattutto ingrati. Vivono nel migliore dei
mondi possibili e non lo sanno, né lo vogliono riconoscere. Il loro
peccato più grave - secondo i ministri Renato Brunetta e Giulio
Tremonti - è di non avere un minimo di nozioni di analisi matematica e,
in particolare, di non conoscere i prodigiosi effetti della 'derivata
seconda'. Mese dopo mese, questi poveri incompetenti si lasciano
allarmare dal continuo arretramento del Pil e dei posti di lavoro senza
rendersi conto che la velocità di caduta dell'economia sta rallentando.
Non capiscono, insomma, che se in un mese il Pil è calato del 10 per
cento e in quello successivo del 5 non devono pensare che le cose
continuano comunque ad andare male per loro.
Così non è: infatti, con
la mirabile 'derivata seconda', che registra il minore rallentamento,
si è passati da un valore negativo a uno positivo. 
Niente musi lunghi,
dunque, e allegria, come predicava Mike Bongiorno. Sì, certo, c'è
l'inconveniente che anche con la recessione in frenata l'emorragia di
posti di lavoro non si ferma, semmai registra un continuo aumento che
neppure il ricorso alla portentosa derivata seconda sarebbe in grado di
nascondere, anzi. Ma neppure questo turba i novelli Pangloss del roseo
governo Berlusconi.
Proprio il ministro Brunetta rassicura che "in
Italia non c'è conflitto, né sofferenza né tensione sociale". E questo
perché "la somma di cassaintegrati e disoccupati è di 500 mila persone,
che sono il prezzo della crisi che dura da quattro mesi". A fronte dei
quali però - soggiunge il nostro - "vi sono oltre 14 milioni di
occupati che mantengono, e si spera manterranno, il loro posto di
lavoro".
A questo punto, premesso che simili parole di
speranza suonano piuttosto stonate sulla bocca di un ministro che ha in
programma di licenziare al più presto parecchie migliaia di precari
della Pubblica Amministrazione, credo sia anche necessario uscire dalle
trappole del linguaggio grottesco. Dire che in Italia non c'è
sofferenza sociale perché licenziati e cassintegrati sarebbero al
momento solo mezzo milione significa riproporre - e peggio ancora se
inconsapevolmente - una visione dei rapporti sociali e, in particolare,
dell'esercizio del potere non dissimile da quella dei generali della
Prima guerra mondiale che, vantandosi di meglio difendere così il
grosso delle truppe, trattavano da 'carne da cannone' le altre migliaia
e migliaia di soldati mandati allo sbaraglio.
Attenzione, quindi:
dietro l'ottimismo ostentato da Berlusconi e dai suoi ministri non c'è
soltanto l'evidente fine mediatico di diffondere fiducia nell'operato
del governo. C'è piuttosto una cinica ed efferata concezione classista
della società che punta a gestire i costi della crisi alleviando in
mille modi (anche fiscali) i contraccolpi per il lavoro autonomo, ma
abbandonando a se stesse le fasce più deboli del lavoro dipendente, a
cominciare dagli operai e dai giovani precari. Cosicché, con buona pace
della derivata seconda, la chiave per capire davvero quel che succede
torna ad essere il vecchio "Dai e dai, sempre in tasca agli operai".
(di Massimo Riva - l'Espresso)
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