(di Cristina Genesin - l'Espresso)
"Quei ragazzi" erano una ventina di persone che si scontravano con i "rossi": "Si bastonavano per lo più". Si diceva, ma lui lo può affermare solo "de relato", che facessero anche uso di armi mentre "non ho mai sentito parlare di esplosivi". Negò di aver conosciuto Massimiliano Fachini (altro imputato) e sì invece che conosceva Franco Giomo: "Siamo usciti assieme un paio di volte, poi ha avuto un incidente, si è messo a fare l'assicuratore e non l'ho più visto. L'ho anche cercato qualche volta. So che ha avuto problemi con la giustizia ed è stato condannato e poi assolto".
Franco Giomo era un dirigente nazionale del Msi finito nei guai per i collegamenti con il nucleo Fioravanti-Mambro: i due che per la strage di Bologna ebbero l'ergastolo come autori materiali. Il futuro legale di Silvio Berlusconi nel 1988 aveva 29 anni e già una certa dimestichezza di aule di tribunale. Due anni prima era stato l'assistente di un principe del foro come Piero Longo, il suo maestro, nella difesa di Marco Furlan, il ragazzo della Verona bene che con Wolfgang Abel aveva dato vita alla banda Ludwig col proposito di liberare la società da drogati, nomadi, frequentatori di sale a luci rosse e preti: 15 persone uccise e 39 ferite. Durante le pause delle udienze Longo non mancava di presentare a tutti l'ancora acerbo collega con una frase rituale: "Tenete a mente il nome di questo ragazzo. Si chiama Niccolò Ghedini. Farà strada". Nemmeno lui immaginava quanta. Oggi lo stesso Niccolò Ghedini è, come il suo omonimo Machiavelli, il consigliere più ascoltato del Principe.
E fossero solo le gaffes. Ghedini è l'architetto delle leggi ad personam che hanno salvato il presidente da molti processi, lo stoico resistente d'aula che opponendo impedimenti, codicilli, astuzie procedurali, è riuscito a rinviarne altri fino al lodo Alfano che li ha sospesi e sulla legittimità del quale la Consulta si pronuncerà il prossimo 6 ottobre. Salvo avere l'impudenza di affermare che non è affatto contento che non si arrivi mai a sentenze perché sarebbero "senza dubbio favorevoli". È anche l'uomo che sveglia il presidente del Consiglio per rendergli noto che Veronica, la moglie, ha scritto lettere contro di lui ai giornali o ha chiesto il divorzio, che vuole una legge per rendere impossibile la pubblicazione delle intercettazioni [...]
E questa è la sua storia. Nasce il 22 dicembre 1959 [...] Il padre Giuseppe, ex ufficiale di cavalleria, ha una passione per l'equitazione almeno pari a quella per il diritto: dna perfetto per il futuro assistente del Cavaliere. È un famoso penalista, schieratissimo a destra, originale e passionale [...] Ha una venatura di nobiltà, se si fa fede al Niccolò che dichiarerà: "Nel 1600 i miei antenati furono insigniti del blasone patrizio per particolari meriti resi alla Serenissima Repubblica di Venezia" Lo stemma è un orso feroce con la spada sguainata: quasi una rappresentazione dell'immagine che vorrà dare di sé [...] L'ultimogenito è il cocco di casa. Molto sport: nuoto, sci, cavallo, con qualche gara vinta. Poco studio: "Ero un asino". Racconterà di essere caduto da un'impalcatura, in prima media, mentre cercava di sputare in testa agli orchestrali di passaggio nella strada (...secondo me, è caduto dal seggiolone da piccolo, e ha battuto la testa... NdR). Lo mandano al collegio Barbarigo dove fatica, ogni anno, ad arrivare alla sufficienza, "ma non sono stato mai bocciato" (...insomma, uno che a scuola fatica quasi come la Gèlmini, quella "dell'egìda" e dei "carceri minorili" NdR...)
A 13 anni, la svolta dolorosa. Muore il padre. Nicoletta e Ippolita sono costrette a occuparsi dello studio perché ne hanno seguito le orme. Francesca ha il pallino dell'archeologia. E Niccolò è già in politica. Un nero deciso, negli anni in cui, come altrove, non esistevano le mezzemisure e a Padova restava viva una tradizione neofascista nata con Franco Freda e con la cellula di Ordine Nuovo impegnata nella strage di Piazza Fontana [...]
Le scelte irrevocabili dell'adolescenza, si sa, possono cambiare rapidamente. Non è ancora maggiorenne, Niccolò, quando abbandona l'estremismo per le acque più placide del Partito liberale in cui si distingue un leader che ha per nome Giancarlo Galan, attuale governatore del Veneto. E anche la terra può attendere se tutto il mondo che ti circonda lascia intendere che un Ghedini non può non essere un avvocato.
Padova è facoltà di tradizione, troppo difficile. Per "l'asino" Niccolò molto meglio ripiegare su Ferrara, dove si laurea. Quando finalmente può mettere piede nello studio di via Altinate 86, davanti al tribunale, trova un signore che sarà parte importante del suo destino. È successo che le sorelle, civiliste, hanno rafforzato la squadra con un penalista. E non uno qualsiasi, ma col professor Piero Longo, nato ad Alano di Piave nel 1944, figlio del direttore delle Poste di Venezia, uno che non si preoccupa di manifestare la sua aperta simpatia per l'estrema destra. Lo ricordano allievo del Marco Polo, mentre brucia in piazza San Marco le bandiere cubane al tempo della crisi dei missili [...]
Ghedini sarebbe un testardo, diligente, pignolo, allievo. Che cerca, anche in un certo lessico aulico, di imitare colui che tutto gli ha insegnato. Proverbiali alcune frasi pronunciate con la voce cantilenante che abbiamo imparato a conoscere: "Ella, signor giudice...". Sta di fatto che, per quelle circostanze fortunate che capitano agli umani, Niccolò finisce, e siamo alla metà degli anni Novanta, a fare il segretario delle Camere penali quando Gaetano Pecorella ne è presidente. È Pecorella che lo introduce alla corte di Arcore. Prima un processo, poi un secondo, poi si prende tutto. Difende il premier "gratis" nelle cause personali mentre si fa pagare per quelle che interessano Mediaset o le altre società del Sultano. Niccolò Ghedini è diventato più ricco di quanto già non fosse. Dichiara di guadagnare un milione e 300 mila euro ed è tra i Paperoni della Camera. Possiede 44 tra case e terreni tra cui una tenuta a Montalcino e la storica dimora di famiglia a Santa Maria di Sala (Venezia) dove si è fatto costruire una piscina, una cappella privata e dove ospita i vertici del Pdl veneto quando non lo stesso Berlusconi. In garage tiene una collezione impressionante di auto d'epoca. Quanto alle sorella, Francesca, direttore del dipartimento di Archeologia a Padova, bellissimi occhi chiari, l'unica rimasta nubile, è stata nominata da Sandro Bondi nel Consiglio superiore del Beni Culturali (... tanto per non farsi mancare nulla in termini di nepotismo "indiretto"... NdR). Nicoletta, la primogenita [...], e Ippolita, moglie del procuratore di Trieste Michele Dalla Costa, sono diventate le avvocate civiliste di Berlusconi nel divorzio con Veronica Lario.
Non è la sola loro causa importante. Difendono anche Luciano Cadore, un maggiordomo che ha ereditato dall'imprenditore delle pellicce Mario Conte, dove era a servizio, un patrimonio stimato dagli inquirenti in 70 milioni di euro. Cadore è indagato con l'accusa di aver falsificato il testamento e ha devoluto un milione di euro alla Libera Fondazione di Giustina Destro, ex sindaco di Padova e attuale parlamentare Pdl.
Nessuno dei Ghedini ama farsi vedere in pubblico. Di Niccolò si segnala la presenza a Padova solo quando la scorta lo accompagna sotto l'ufficio, con qualche disappunto dei residenti per gli intralci al traffico. Le sorelle stanno appartate. E vivono nel culto di quello che considerano il loro Grande Fratello. Lo stesso ruolo che in fondo gli ha affidato Silvio Berlusconi, concedendogli il compito di stare alla sua destra. Almeno finoa quando reggerà lo scudo del Lodo.
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