Il piano Scajola che mette ostacoli a chi produce eolico e solare. L'offensiva della lobby nucleare. I timori per il nuovo Conto Energia. Ecco come il governo frena sullo sviluppo delle rinnovabili. In controtendenza con gli altri paesi europei
(di Emanuele Perugini e Stefano Vergine - l'Espresso)
L'ultima botta è arrivata il 21 luglio, quando a Palazzo Madama già tirava aria di vacanze. Una piccola mozione, passata quasi inosservata, e un gruppo di grandi firme della maggioranza, tra le quali spiccano il presidente dei senatori Pdl, Maurizio Gasparri, il vice Gaetano Quagliarello e Marcello Dell'Utri, segnavano un altro punto nella campagna contro le energie rinnovabili. Il blitz estivo del centrodestra colpiva in questo caso il solare termodinamico. Con che motivazioni? Meglio il nucleare - spiegava la mozione approvata - perché è più efficiente e meno costoso. Una tesi già portata avanti con tenacia sia dal ministro per lo Sviluppo economico, Claudio Scajola, sia dallo stesso Silvio Berlusconi, che non più tardi di sei mesi fa ha firmato con il governo francese un accordo per le forniture nel settore nucleare.
Un altro indizio giungeva sempre da Dell'Utri e da altri senatori Pdl in aprile, con un'iniziativa dal sapore "negazionista" dal punto di vista ambientale, in cui si dichiarava che i cambiamenti climatici sono un'autentica invenzione. Il cambio di marcia in materia di politica energetica rispetto al governo precedente è abbastanza evidente. E dichiarato. Altrettanto palese è la preoccupazione dei sostenitori di pale eoliche e pannelli fotovoltaici, secondo cui i fondi destinati alle rinnovabili potrebbero presto essere dirottati sul nucleare, in controtendenza rispetto ad altri paesi europei. A spaventare i protagonisti dell'economia verde italiana, più che le mozioni di Dell'Utri e colleghi, sono le ultime direttive emanate da Scajola. Norme che, se approvate dalle Regioni, potrebbero costituire un freno allo sviluppo delle rinnovabili, proprio adesso che le cose stavano cominciando ad andare bene. Il vento della burocrazia - Negli ultimi anni il mercato italiano delle energie alternative ha vissuto una fase di grande prosperità. A dimostrarlo è l'ultimo rapporto del Gse (Gestore servizi elettrici), in cui si legge che nel 2008 le rinnovabili in Italia sono cresciute del 21 per cento rispetto all'anno precedente. La parte del leone l'ha fatta l'energia eolica, la cui potenza installata, a dicembre, aveva superato ai 3.500 Mw, con un aumento annuale del 30 per cento. Numeri che hanno permesso all'Italia di confermarsi al terzo posto nella classifica europea del vento, seppur con un notevole distacco rispetto a Germania e Spagna.
Ma la medaglia di bronzo è già a rischio: nell'anno appena trascorso la crescita italiana è stata inferiore rispetto a quella delle principali concorrenti. Colpa dell'eccessiva burocrazia che rallenta il rilascio dei permessi, dicono le aziende del settore. I tempi potrebbero ulteriormente allungarsi se le Regioni approveranno le proposte di Scajola, che in accordo con il ministero per l'Ambiente e quello per i Beni culturali, ha emanato una bozza in cui sono raccolte le linee guida per la realizzazione di impianti di elettricità da fonti rinnovabili. Il provvedimento era stato richiesto dall'Unione europea per unificare e velocizzare l'iter burocratico, ma secondo diversi industriali del settore le nuove norme potrebbero affossare lo sviluppo dell'energia verde in Italia.
A rischiare maggiormente sono gli impianti eolici e solari, le principali forme di energia rinnovabile se si esclude l'energia idroelettrica, il cui sviluppo è ormai fermo agli anni '60, e la geotermia, la cui variabile 'a bassa entalpia' sta iniziando adesso a muovere i primi passi. Per installare impianti eolici superiori ai 60 kW il provvedimento richiede studi tecnici, finanziari, sanitari, faunistici, paesaggistici, climatici e geologici. È prevista anche un'analisi dell'evoluzione storica del territorio, tanto per citare uno dei dodici studi a carico delle imprese. Per dirla con le parole di Simone Togni, segretario generale dell'Anev (l'associazione che raccoglie i principali produttori di energia eolica), la bozza di Scajola prevede "norme più rigide di quelle richieste per le fonti non rinnovabili, tanto da sembrare in contraddizione con il documento da cui dovrebbe discendere". In più ci sono le zone off limits, quelle in cui non è possibile installare pale eoliche. Tra queste, Scajola ha inserito anche le aree agricole in cui si coltivano prodotti biologici, Doc e tradizionali.
Un'attenzione, quella riservata all'agricoltura, lamentata già da tempo dall'associazione dei coltivatori Coldiretti, capofila di una protesta anti-eolico che ha coinvolto anche alcune associazioni ambientaliste guidate da Italia Nostra. Nella grande partita delle rinnovabili non c'è più insomma solo la lotta tra lobby nuclearista e lobby delle rinnovabili. L'elemento di novità è rappresentato dalle associazioni ambientaliste, unite nel condannare l'atomo, ma divise quando si tratta di decidere se è meglio un campo agricolo o un parco eolico.
Il Conto Energia Qualche timore, dopo la crescita strabiliante registrata nel 2008 (+397 per cento), inizia ad averlo anche chi produce energia grazie al sole. Oltre ai nuovi balzelli burocratici proposti per gli impianti superiori ai 20 kW, tutti guardano con apprensione alla revisione del Conto Energia, il sistema pensato per incentivare la produzione di elettricità utilizzando gli impianti fotovoltaici. Attualmente l'Italia garantisce i prezzi più vantaggiosi d'Europa, tanto da aver attirato molti investitori stranieri, dall'americana Sunpower al gigante tedesco Aleo Solar. Ma una volta raggiunti i 1.200 Megawatt, quota che dovrebbe essere toccata entro la fine del 2010, il sistema verrà rivisto. "Vogliamo scongiurare quello che è successo in Spagna, dove sono stati realizzati due gigawatt di impianti in due anni e poi, dopo la revisione del conto energia, il mercato si è fermato", dice Gianni Chianetta, presidente di Assosolare, l'associazione che raccoglie i maggiori produttori italiani di energia solare.
Se i produttori di impianti fotovoltaici temono la fine dei maxi incentivi, i sostenitori del solare termodinamico accusano il governo di voler bloccare sul nascere lo sviluppo di questa tecnologia. Nell'ultima mozione presentata al Senato, i firmatari del Pdl si sono infatti scagliati proprio contro il solare termodinamico. Che, a differenza del fotovoltaico, grazie all'utilizzo di fluidi speciali permette di produrre energia anche di notte o quando il cielo è particolarmente coperto. Benché relativamente nuova, questa tecnologia è già piuttosto promettente. Secondo le stime di Greenpeace, entro il 2050 si potrebbe riuscire a ricavarne il 25 per cento dell'energia mondiale, creando oltre due milioni di posti di lavoro.
Previsioni a parte, per ora gli unici impianti sono stati installati all'estero (Usa, Spagna e Israele), nonostante uno dei primi sostenitori sia stato il premio Nobel per la fisica Carlo Rubbia. In Italia l'unica centrale è quella di Priolo, in Sicilia, un progetto pilota in cui al posto degli oli minerali si useranno i sali fusi, variante brevettata dall'Enea quando alla guida dell'ente c'era proprio Rubbia. In attesa di vederlo in funzione ("i lavori dovrebbero terminare l'anno prossimo", fa sapere l'Enel), l'alternativa pensata dal premio Nobel ha riscosso parecchio successo in giro per il mondo, tanto che a marzo il colosso tedesco Siemens ha acquisito il 28 per cento di Archimede Solar Energy, società del gruppo Angelantoni specializzata proprio nella produzione di tubi solari a sali fusi. Lobby contro lobby I protagonisti della Green economy italiana temono ora il peggio. Polverizzato in decine di aziende, il settore ha paura di soccombere sotto il peso dei colossi che gestiscono il nucleare. Anche se, secondo alcuni, non è detto che alla fine la spunteranno gli sponsor dell'atomo. A detta di Francesco Ferrante, senatore del Pd ed ex direttore generale di Legambiente, "per lo sviluppo del nucleare non basterà certo il miliardo che ogni dodici mesi lo Stato spende per le rinnovabili".
Gli ultimi dati forniti dal Mit di Boston dicono che il costo del nucleare è raddoppiato negli ultimi anni, raggiungendo i 4 milioni a Mw. Se si considera che il piano di Enel e Edf è quello di costruire quattro centrali nucleari di terza generazione da 1.600 MW ciascuna, il costo totale sarà di oltre 25 miliardi di euro. "Una cifra recuperabile", sostiene Ferrante, "solo se il governo stabilirà una tariffa elettrica specifica e particolarmente vantaggiosa per l'energia atomica". E infatti in questa direzione si sta muovendo Enel, che attraverso il suo numero uno, Fulvio Conti, ha recentemente chiesto una soglia minima da pagare in bolletta per l'elettricità. La partita del nucleare, sul fronte italiano, coinvolge soprattutto Enel, che insieme a Edf, controllata dallo Stato francese, dovrebbe costruire le centrali atomiche. Il resto dell'industria italiana non dovrebbe beneficiare particolarmente del ritorno all'atomo, se non per le ricadute che potrebbero coinvolgere costruttori come Caltagirone o protagonisti dell'industria meccanica come Camozzi.
L'accordo tra Enel ed Edf per la costituzione di una nuova società che costruirà le centrali nucleari ha infatti frammentato la lobby nuclearista italiana. La scelta di affidarsi ad Edf, che porterà con sé i nuovi reattori Epr costruiti da Areva, ha ridotto notevolmente il ruolo delle principali società italiane che operano nel settore, prima fra tutte Ansaldo Nucleare, da anni legata a Westinghouse, concorrente diretta dei francesi con il reattore AP100. A ciò si aggiunge la decisione di Edf di giocare in prima persona sul mercato italiano, senza delegare il compito a Edison, controllata proprio dai francesi insieme alla utility lombarda A2A. Insomma, a correre verso il nucleare resta soprattutto l'Enel, attivo tra l'altro anche nelle rinnovabili. Enel Green Power ha varato investimenti per 3,7 miliardi. Se è vero poi che il governo vuole sviluppare il nucleare, di certo le risorse non sono ancora state trovate. Una parte potrà anche essere trasferita dal Conto energia e dagli altri incentivi oggi previsti per le rinnovabili (detrazioni fiscali, Cip 6, certificati verdi), come fanno pensare le ultime mosse dell'esecutivo. Ma tutto questo non basta, e il ministro Giulio Tremonti, alle prese con la crisi, non sembra intenzionato ad alimentare economicamente il sogno atomico.
(di Emanuele Perugini e Stefano Vergine - l'Espresso)
L'ultima botta è arrivata il 21 luglio, quando a Palazzo Madama già tirava aria di vacanze. Una piccola mozione, passata quasi inosservata, e un gruppo di grandi firme della maggioranza, tra le quali spiccano il presidente dei senatori Pdl, Maurizio Gasparri, il vice Gaetano Quagliarello e Marcello Dell'Utri, segnavano un altro punto nella campagna contro le energie rinnovabili. Il blitz estivo del centrodestra colpiva in questo caso il solare termodinamico. Con che motivazioni? Meglio il nucleare - spiegava la mozione approvata - perché è più efficiente e meno costoso. Una tesi già portata avanti con tenacia sia dal ministro per lo Sviluppo economico, Claudio Scajola, sia dallo stesso Silvio Berlusconi, che non più tardi di sei mesi fa ha firmato con il governo francese un accordo per le forniture nel settore nucleare.
Un altro indizio giungeva sempre da Dell'Utri e da altri senatori Pdl in aprile, con un'iniziativa dal sapore "negazionista" dal punto di vista ambientale, in cui si dichiarava che i cambiamenti climatici sono un'autentica invenzione. Il cambio di marcia in materia di politica energetica rispetto al governo precedente è abbastanza evidente. E dichiarato. Altrettanto palese è la preoccupazione dei sostenitori di pale eoliche e pannelli fotovoltaici, secondo cui i fondi destinati alle rinnovabili potrebbero presto essere dirottati sul nucleare, in controtendenza rispetto ad altri paesi europei. A spaventare i protagonisti dell'economia verde italiana, più che le mozioni di Dell'Utri e colleghi, sono le ultime direttive emanate da Scajola. Norme che, se approvate dalle Regioni, potrebbero costituire un freno allo sviluppo delle rinnovabili, proprio adesso che le cose stavano cominciando ad andare bene. Il vento della burocrazia - Negli ultimi anni il mercato italiano delle energie alternative ha vissuto una fase di grande prosperità. A dimostrarlo è l'ultimo rapporto del Gse (Gestore servizi elettrici), in cui si legge che nel 2008 le rinnovabili in Italia sono cresciute del 21 per cento rispetto all'anno precedente. La parte del leone l'ha fatta l'energia eolica, la cui potenza installata, a dicembre, aveva superato ai 3.500 Mw, con un aumento annuale del 30 per cento. Numeri che hanno permesso all'Italia di confermarsi al terzo posto nella classifica europea del vento, seppur con un notevole distacco rispetto a Germania e Spagna.
Ma la medaglia di bronzo è già a rischio: nell'anno appena trascorso la crescita italiana è stata inferiore rispetto a quella delle principali concorrenti. Colpa dell'eccessiva burocrazia che rallenta il rilascio dei permessi, dicono le aziende del settore. I tempi potrebbero ulteriormente allungarsi se le Regioni approveranno le proposte di Scajola, che in accordo con il ministero per l'Ambiente e quello per i Beni culturali, ha emanato una bozza in cui sono raccolte le linee guida per la realizzazione di impianti di elettricità da fonti rinnovabili. Il provvedimento era stato richiesto dall'Unione europea per unificare e velocizzare l'iter burocratico, ma secondo diversi industriali del settore le nuove norme potrebbero affossare lo sviluppo dell'energia verde in Italia.
A rischiare maggiormente sono gli impianti eolici e solari, le principali forme di energia rinnovabile se si esclude l'energia idroelettrica, il cui sviluppo è ormai fermo agli anni '60, e la geotermia, la cui variabile 'a bassa entalpia' sta iniziando adesso a muovere i primi passi. Per installare impianti eolici superiori ai 60 kW il provvedimento richiede studi tecnici, finanziari, sanitari, faunistici, paesaggistici, climatici e geologici. È prevista anche un'analisi dell'evoluzione storica del territorio, tanto per citare uno dei dodici studi a carico delle imprese. Per dirla con le parole di Simone Togni, segretario generale dell'Anev (l'associazione che raccoglie i principali produttori di energia eolica), la bozza di Scajola prevede "norme più rigide di quelle richieste per le fonti non rinnovabili, tanto da sembrare in contraddizione con il documento da cui dovrebbe discendere". In più ci sono le zone off limits, quelle in cui non è possibile installare pale eoliche. Tra queste, Scajola ha inserito anche le aree agricole in cui si coltivano prodotti biologici, Doc e tradizionali.
Un'attenzione, quella riservata all'agricoltura, lamentata già da tempo dall'associazione dei coltivatori Coldiretti, capofila di una protesta anti-eolico che ha coinvolto anche alcune associazioni ambientaliste guidate da Italia Nostra. Nella grande partita delle rinnovabili non c'è più insomma solo la lotta tra lobby nuclearista e lobby delle rinnovabili. L'elemento di novità è rappresentato dalle associazioni ambientaliste, unite nel condannare l'atomo, ma divise quando si tratta di decidere se è meglio un campo agricolo o un parco eolico.
Il Conto Energia Qualche timore, dopo la crescita strabiliante registrata nel 2008 (+397 per cento), inizia ad averlo anche chi produce energia grazie al sole. Oltre ai nuovi balzelli burocratici proposti per gli impianti superiori ai 20 kW, tutti guardano con apprensione alla revisione del Conto Energia, il sistema pensato per incentivare la produzione di elettricità utilizzando gli impianti fotovoltaici. Attualmente l'Italia garantisce i prezzi più vantaggiosi d'Europa, tanto da aver attirato molti investitori stranieri, dall'americana Sunpower al gigante tedesco Aleo Solar. Ma una volta raggiunti i 1.200 Megawatt, quota che dovrebbe essere toccata entro la fine del 2010, il sistema verrà rivisto. "Vogliamo scongiurare quello che è successo in Spagna, dove sono stati realizzati due gigawatt di impianti in due anni e poi, dopo la revisione del conto energia, il mercato si è fermato", dice Gianni Chianetta, presidente di Assosolare, l'associazione che raccoglie i maggiori produttori italiani di energia solare.
Se i produttori di impianti fotovoltaici temono la fine dei maxi incentivi, i sostenitori del solare termodinamico accusano il governo di voler bloccare sul nascere lo sviluppo di questa tecnologia. Nell'ultima mozione presentata al Senato, i firmatari del Pdl si sono infatti scagliati proprio contro il solare termodinamico. Che, a differenza del fotovoltaico, grazie all'utilizzo di fluidi speciali permette di produrre energia anche di notte o quando il cielo è particolarmente coperto. Benché relativamente nuova, questa tecnologia è già piuttosto promettente. Secondo le stime di Greenpeace, entro il 2050 si potrebbe riuscire a ricavarne il 25 per cento dell'energia mondiale, creando oltre due milioni di posti di lavoro.
Previsioni a parte, per ora gli unici impianti sono stati installati all'estero (Usa, Spagna e Israele), nonostante uno dei primi sostenitori sia stato il premio Nobel per la fisica Carlo Rubbia. In Italia l'unica centrale è quella di Priolo, in Sicilia, un progetto pilota in cui al posto degli oli minerali si useranno i sali fusi, variante brevettata dall'Enea quando alla guida dell'ente c'era proprio Rubbia. In attesa di vederlo in funzione ("i lavori dovrebbero terminare l'anno prossimo", fa sapere l'Enel), l'alternativa pensata dal premio Nobel ha riscosso parecchio successo in giro per il mondo, tanto che a marzo il colosso tedesco Siemens ha acquisito il 28 per cento di Archimede Solar Energy, società del gruppo Angelantoni specializzata proprio nella produzione di tubi solari a sali fusi. Lobby contro lobby I protagonisti della Green economy italiana temono ora il peggio. Polverizzato in decine di aziende, il settore ha paura di soccombere sotto il peso dei colossi che gestiscono il nucleare. Anche se, secondo alcuni, non è detto che alla fine la spunteranno gli sponsor dell'atomo. A detta di Francesco Ferrante, senatore del Pd ed ex direttore generale di Legambiente, "per lo sviluppo del nucleare non basterà certo il miliardo che ogni dodici mesi lo Stato spende per le rinnovabili".
Gli ultimi dati forniti dal Mit di Boston dicono che il costo del nucleare è raddoppiato negli ultimi anni, raggiungendo i 4 milioni a Mw. Se si considera che il piano di Enel e Edf è quello di costruire quattro centrali nucleari di terza generazione da 1.600 MW ciascuna, il costo totale sarà di oltre 25 miliardi di euro. "Una cifra recuperabile", sostiene Ferrante, "solo se il governo stabilirà una tariffa elettrica specifica e particolarmente vantaggiosa per l'energia atomica". E infatti in questa direzione si sta muovendo Enel, che attraverso il suo numero uno, Fulvio Conti, ha recentemente chiesto una soglia minima da pagare in bolletta per l'elettricità. La partita del nucleare, sul fronte italiano, coinvolge soprattutto Enel, che insieme a Edf, controllata dallo Stato francese, dovrebbe costruire le centrali atomiche. Il resto dell'industria italiana non dovrebbe beneficiare particolarmente del ritorno all'atomo, se non per le ricadute che potrebbero coinvolgere costruttori come Caltagirone o protagonisti dell'industria meccanica come Camozzi.
L'accordo tra Enel ed Edf per la costituzione di una nuova società che costruirà le centrali nucleari ha infatti frammentato la lobby nuclearista italiana. La scelta di affidarsi ad Edf, che porterà con sé i nuovi reattori Epr costruiti da Areva, ha ridotto notevolmente il ruolo delle principali società italiane che operano nel settore, prima fra tutte Ansaldo Nucleare, da anni legata a Westinghouse, concorrente diretta dei francesi con il reattore AP100. A ciò si aggiunge la decisione di Edf di giocare in prima persona sul mercato italiano, senza delegare il compito a Edison, controllata proprio dai francesi insieme alla utility lombarda A2A. Insomma, a correre verso il nucleare resta soprattutto l'Enel, attivo tra l'altro anche nelle rinnovabili. Enel Green Power ha varato investimenti per 3,7 miliardi. Se è vero poi che il governo vuole sviluppare il nucleare, di certo le risorse non sono ancora state trovate. Una parte potrà anche essere trasferita dal Conto energia e dagli altri incentivi oggi previsti per le rinnovabili (detrazioni fiscali, Cip 6, certificati verdi), come fanno pensare le ultime mosse dell'esecutivo. Ma tutto questo non basta, e il ministro Giulio Tremonti, alle prese con la crisi, non sembra intenzionato ad alimentare economicamente il sogno atomico.
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