Lo scudo e l'utilizzatore finale
[di Massimo Giannini - Repubblica.it]
Era prevedibile. Il "turbo Fleres" ha messo le ali allo scudo fiscale. È bastato l'emendamento dell'apposito "peone" di turno (ora tocca all'eroico Salvo Fleres, come due legislature fa toccò agli ineffabili Carrara e Cirielli, Cirami e Pittelli, Anedda e Nitto Palma) e l'ennesima "legge vergogna" è già un successo.
L'estensione dei benefici del rientro dei capitali dall'estero al falso in bilancio e ad altri reati di natura tributaria ha fatto letteralmente esplodere, in pochissimi giorni, le richieste di consulenza a banche e società fiduciarie. Tutti si affrettano alla grande abbuffata. A questo punto, gli obiettivi fissati dal Tesoro diventano possibili. Un flusso di ritorno pari a 100 miliardi di euro. Un gettito per l'erario pari a circa 5 miliardi di euro. Un bel gruzzolo per gli intermediari finanziari, in termini di spese e di commissioni. Un "tesoretto" insperato per imprenditori e professionisti, riciclatori ed evasori. Alla faccia degli italiani onesti, si consuma un altro colpo di spugna. "Amnistia mascherata", l'hanno definita alcuni magistrati. Si sbagliano. Qui di mascherato non c'è proprio niente.
In un Paese già poco incline al rispetto dell'etica pubblica e della morale privata, il centrodestra diffonde scientificamente la cultura dell'impunità. E se ne rende conto, tanto è vero che mentre apre le braccia a migliaia di esportatori di capitali, fa la faccia feroce con un manipolo di "vip" che non hanno saldato fino in fondo i loro conti col Fisco. Pura propaganda.
L'estensione dei benefici del rientro dei capitali dall'estero al falso in bilancio e ad altri reati di natura tributaria ha fatto letteralmente esplodere, in pochissimi giorni, le richieste di consulenza a banche e società fiduciarie. Tutti si affrettano alla grande abbuffata. A questo punto, gli obiettivi fissati dal Tesoro diventano possibili. Un flusso di ritorno pari a 100 miliardi di euro. Un gettito per l'erario pari a circa 5 miliardi di euro. Un bel gruzzolo per gli intermediari finanziari, in termini di spese e di commissioni. Un "tesoretto" insperato per imprenditori e professionisti, riciclatori ed evasori. Alla faccia degli italiani onesti, si consuma un altro colpo di spugna. "Amnistia mascherata", l'hanno definita alcuni magistrati. Si sbagliano. Qui di mascherato non c'è proprio niente.
In un Paese già poco incline al rispetto dell'etica pubblica e della morale privata, il centrodestra diffonde scientificamente la cultura dell'impunità. E se ne rende conto, tanto è vero che mentre apre le braccia a migliaia di esportatori di capitali, fa la faccia feroce con un manipolo di "vip" che non hanno saldato fino in fondo i loro conti col Fisco. Pura propaganda.
Quello che conta è il segnale politico: con lo Stato, in Italia, puoi sempre scendere a patti. Anche se non hai mai fatto il tuo dovere. Paghi l'obolo, e amici come prima. Non subirai più accertamenti. E così via, fino al prossimo condono tombale. Ma ora la domanda è un'altra. Chi beneficerà dello scudo? Berlusconi e la sua famiglia accederanno alla preziosa e generosa "copertura"? Sarebbe un altro, formidabile caso di conflitto di interessi. Come accadde già ai tempi del precedente condono varato dall'allora Cdl nella legislatura 2001-2006: il Cavaliere, alla conferenza stampa di fine anno 2002, giurò che Mediaset non avrebbe mai usato la sanatoria appena varata. Poi si scoprì l'esatto contrario: l'azienda beneficiò del condono sia nel 2003 che nel 2004. E se anche oggi si scoprisse che il premier (oltre che di qualche ben nota prestazione sessuale) è anche "utilizzatore finale" dello scudo fiscale? Purtroppo non lo scopriremo mai. Il "turbo Fleres", ovviamente, garantisce l'anonimato.
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(Fonte: Wikipedia)
Melchiorre Cirami: uno, nessuno, centomila. C'era una volta "Rinu l'atturi", Rino l'attore: un ragazzo siciliano dalla battuta pronta, simpatico e sciupafemmine che negli anni Sessanta recitava al Supercinema di Agrigento nel "San Giovanni Decollato" di Nino Martoglio. Poi arrivò il tempo di Rino il magistrato. Prima in Procura, al fianco di Serafino Tumminello, un magistrato vecchio stampo abituato a far lo struscio in via Etnea a braccetto con l'ottuagenario boss Peppino Setticasi. E dopo in Pretura, dove Melchiorre "Rino" Cirami, fedele alla sua fama di uomo di mondo e barzellettiere, applicava una giurisprudenza creativa: hai portato una pistola allo stadio? Ti assolvo perché allo stadio si paga il biglietto e quindi, al contrario di processioni, marce e comizi, la partita non va considerata una pubblica riunione. Sei un assessore braccio destro del ministro Lillo Mannino e i tuoi muratori ammettono di aver edificato abusivamente un tuo albergo nella Valle dei Templi? Archivio il caso perché «i testi operai» hanno avuto solo «la sensazione di aver costruito abusivamente e le foto portate dall'accusa non sono sufficientemente nitide».
Infine ecco Rino il politico. Senatore ad Agrigento, dove Cirami viene eletto nel 1996 nelle file del Cdu; ribaltonista a Roma dove nel '98 passa col centro-sinistra (Udr) portando in dote un disegno di legge, l'articolo 513, approvato alla quasi unanimità e destinato a salvare centinaia imputati di Mani pulite prima di venir giudicato incostituzionale; poi figliuol prodigo nel Polo, che nel 2001 gli consegna il collegio di Sciacca, fino a quel momento destinato proprio a Mannino, e in cambio riceve un'idea meravigliosa: l'arma totale rappresentata dalla legge Cirami , una norma in grado di bloccare sine die, grazie al meccanismo dei continui ricorsi in Cassazione, qualsiasi processo. A partire da quelli milanesi contro Cesare Previti e Silvio Berlusconi. Sembra un remake pirandelliano la storia di Melchiorre Cirami, 59 anni, sposato, due figlie, nato a Raffadali, lo stesso paese di Totò Cuffaro detto "Vasa, Vasa" [...] (continua, e vale la pena di leggere l'originale...)
[L'articolo di Peter Gomez] (Fonte: Peter Gomez)
Renato Schifani: si laurea in giurisprudenza. Nel 1979 è praticante legale nello studio del deputato Giuseppe La Loggia, e viene inserito da quest'ultimo nella società di brokeraggio assicurativo Sicula Brokers, di cui facevano parte Enrico La Loggia, figlio di Giuseppe e futuro politico di spicco di Forza Italia, ed alcuni soci che negli anni 1990 furono incriminati per associazione mafiosa o concorso esterno in associazione mafiosa; Schifani lasciò la società nel 1980, riprendendo l'attività di avvocato. Nel 1992 fondò, assieme a due soci tra, cui Antonino Garofalo, rinviato a giudizio nel 1997 per usura ed estorsione, la società di recupero crediti GSM.
Negli anni 1990 Schifani si affermò come avvocato urbanista, ricevendo numerosi incarichi in amministrazioni comunali siciliane. In uno di questi fu consulente per l'urbanistica e il piano regolatore del comune di Villabate, il cui sindaco Giuseppe Navetta era il nipote di Nino Mandalà, capocosca della cittadina, ed ex socio di Schifani nella Sicula Brokers; secondo il pentito Francesco Campanella tale incarico fu concesso, tramite Enrico La Loggia, nell'ambito di un patto tra mafia e politica per la realizzazione di un megastore, progetto poi abortito a causa delle indagini.
Porta il suo nome il «Lodo Schifani» una legge approvata il 20 giugno 2003, che sospendeva i processi in corso contro le «cinque più alte cariche dello Stato» oggetto di numerose polemiche perché sospendeva di fatto il processo SME per il presidente del Consiglio Berlusconi fintanto che questi fosse rimasto in carica. In seguito la legge fu dichiarata incostituzionale dalla Corte costituzionale il 13 gennaio 2004.
(Fonte: Wikipedia)
Ma perchè tutti gli autori di "lodi" salva-banditi sono siciliani? Il "Chi è" dei "lodatores"
Salvo Fleres, estensore e firmatario-testa di legno dell'ultimo, vergognoso condono tombale, (nato a Catania nel 1956, è un politico, giornalista, scrittore e poeta italiano. Senatore della Repubblica eletto in Sicilia nel PdL. È stato parlamentare regionale per quattro legislature, è stato per due volte consigliere al comune di Catania; è giornalista professionista ed autore di diversi saggi di natura politico-culturale e di sei raccolte di poesie e monologhi per il teatro. È stato direttore di emittenti radio televisive private e di numerose testate giornalistiche. In atto dirige il periodico Metropolis, la testata giornalistica Radio Vulcano ed è opinionista del Quotidiano di Sicilia. (Fonte: Wikipedia)
Melchiorre Cirami: uno, nessuno, centomila. C'era una volta "Rinu l'atturi", Rino l'attore: un ragazzo siciliano dalla battuta pronta, simpatico e sciupafemmine che negli anni Sessanta recitava al Supercinema di Agrigento nel "San Giovanni Decollato" di Nino Martoglio. Poi arrivò il tempo di Rino il magistrato. Prima in Procura, al fianco di Serafino Tumminello, un magistrato vecchio stampo abituato a far lo struscio in via Etnea a braccetto con l'ottuagenario boss Peppino Setticasi. E dopo in Pretura, dove Melchiorre "Rino" Cirami, fedele alla sua fama di uomo di mondo e barzellettiere, applicava una giurisprudenza creativa: hai portato una pistola allo stadio? Ti assolvo perché allo stadio si paga il biglietto e quindi, al contrario di processioni, marce e comizi, la partita non va considerata una pubblica riunione. Sei un assessore braccio destro del ministro Lillo Mannino e i tuoi muratori ammettono di aver edificato abusivamente un tuo albergo nella Valle dei Templi? Archivio il caso perché «i testi operai» hanno avuto solo «la sensazione di aver costruito abusivamente e le foto portate dall'accusa non sono sufficientemente nitide».
Infine ecco Rino il politico. Senatore ad Agrigento, dove Cirami viene eletto nel 1996 nelle file del Cdu; ribaltonista a Roma dove nel '98 passa col centro-sinistra (Udr) portando in dote un disegno di legge, l'articolo 513, approvato alla quasi unanimità e destinato a salvare centinaia imputati di Mani pulite prima di venir giudicato incostituzionale; poi figliuol prodigo nel Polo, che nel 2001 gli consegna il collegio di Sciacca, fino a quel momento destinato proprio a Mannino, e in cambio riceve un'idea meravigliosa: l'arma totale rappresentata dalla legge Cirami , una norma in grado di bloccare sine die, grazie al meccanismo dei continui ricorsi in Cassazione, qualsiasi processo. A partire da quelli milanesi contro Cesare Previti e Silvio Berlusconi. Sembra un remake pirandelliano la storia di Melchiorre Cirami, 59 anni, sposato, due figlie, nato a Raffadali, lo stesso paese di Totò Cuffaro detto "Vasa, Vasa" [...] (continua, e vale la pena di leggere l'originale...)
[L'articolo di Peter Gomez] (Fonte: Peter Gomez)
Renato Schifani: si laurea in giurisprudenza. Nel 1979 è praticante legale nello studio del deputato Giuseppe La Loggia, e viene inserito da quest'ultimo nella società di brokeraggio assicurativo Sicula Brokers, di cui facevano parte Enrico La Loggia, figlio di Giuseppe e futuro politico di spicco di Forza Italia, ed alcuni soci che negli anni 1990 furono incriminati per associazione mafiosa o concorso esterno in associazione mafiosa; Schifani lasciò la società nel 1980, riprendendo l'attività di avvocato. Nel 1992 fondò, assieme a due soci tra, cui Antonino Garofalo, rinviato a giudizio nel 1997 per usura ed estorsione, la società di recupero crediti GSM.
Negli anni 1990 Schifani si affermò come avvocato urbanista, ricevendo numerosi incarichi in amministrazioni comunali siciliane. In uno di questi fu consulente per l'urbanistica e il piano regolatore del comune di Villabate, il cui sindaco Giuseppe Navetta era il nipote di Nino Mandalà, capocosca della cittadina, ed ex socio di Schifani nella Sicula Brokers; secondo il pentito Francesco Campanella tale incarico fu concesso, tramite Enrico La Loggia, nell'ambito di un patto tra mafia e politica per la realizzazione di un megastore, progetto poi abortito a causa delle indagini.
Porta il suo nome il «Lodo Schifani» una legge approvata il 20 giugno 2003, che sospendeva i processi in corso contro le «cinque più alte cariche dello Stato» oggetto di numerose polemiche perché sospendeva di fatto il processo SME per il presidente del Consiglio Berlusconi fintanto che questi fosse rimasto in carica. In seguito la legge fu dichiarata incostituzionale dalla Corte costituzionale il 13 gennaio 2004.
(Fonte: Wikipedia)
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