Il fatto che due cardinali si compattino per rispondere «ufficialmente» (carta con tanto di stemma del cardinale Bertone), a mio parere sta a significare che ho toccato nervi scoperti che fanno male, tanto male che i due porporati non rispondono minimamente agli interrogativi che io pongo, ma esprimono il loro disappunto perché non sanno cosa rispondere e forse hanno informazioni più dirette di quelle che posso avere io (non ho servizi segreti a mio servizio) della gravità e della profondità del dissenso all’interno della Chiesa che si configura sempre più come uno scisma sommerso e, oggi, non più tanto silenzioso.
Nel 2009 sono usciti, senza scalpore, ma con notevole impatto, due libri, editi ambedue da «Il Segno dei Gabrielli, San Pietro in Cariano (VR)» che dovrebbero essere un campanello di allarme per la gerarchia di ciò che sta accadendo nel fiume carsico del mondo cattolico: Piero Cappelli Lo scisma silenzioso. Dalla casta clericale alla profezia della fede e J. M. Castillo, La Chiesa e i diritti umani. Chi vive «sulla strada» vede con sgomento lo scollamento sempre più largo tra la gerarchia cattolica e la vita reale dei credenti che ormai vivono una propria vita con una religiosità personalizzata. Su questo specifico punto, mi riservo di essere più puntuale in una lettera riservata al mio vescovo perché possa valutare e riflettere sulla gravità del momento.
Il cardinale Bagnasco parla delle mie prese di posizione come di «atteggiamento che suscita in molti – cristiani e non – non poco stupore e disappunto». Mi piacerebbe che fosse più esplicito su questo punto, dicendo «chi, perché e quanti» sono i «disappuntati». Ricevo migliaia di lettere e solo quattro contestazioni, di cui due sulle mie posizioni nei confronti dei militari morti in Afghanistan (la documentazione è a disposizione, non tanto per la quantità, quanto per i contenuti e le motivazioni). Nessuno può accusarmi di essere malato di protagonismo perché ho rifiutato in questi giorni intervisti a tv locali e nazionali, e quelle che appaiono sono improvvisate. In internet circolano solo un paio di mie foto e non da me divulgate. Non cerco consenso e non sono alla testa di alcun movimento. Testimonio solo per me stesso, da me stesso. Quando ho da dire qualcosa lo comunico a circa un migliaio di persone con le quali sono in contatto. Il resto viene da solo.
Mi è parso di leggere nelle due lettere, «un velato avvertimento», quasi un avviso ad un successivo provvedimento disciplinare nei miei confronti. Poiché sono prete cattolico per vocazione e per scelta libera e non per convenienza, dichiaro pubblicamente che accetterò qualunque provvedimento inerente la «dottrina e la morale e la disciplina canonica», gli unici campi su cui i vescovi hanno competenza su di me e che io riconosco. Lo devono fare però nella debita forma, prevista dal Diritto. I cardinali Bertone e Bagnasco si occupano di politica e di politici e intervengono spesso identificandosi con la «Chiesa» tout-court compiendo un illecito dal punto di vista teologico perché la Chiesa è molto più ampia della gerarchia che è solo una componente di essa. La materia su sui stiamo discutendo appartiene alle cose fallibili e alle vicende di questo mondo, sulle quali l’opinione dei cardinali si pone sullo stesso piano di quella di chiunque altro. Essi infatti non possono invocare il «magistero» perché nelle lettere a Bertone e/o a Bagnasco non tocco argomenti di «dottrina».
Sono prete cattolico e apostolico, non sono romano perché la «romanità» non è una caratteristica che rientra tra le quattro espresse nel «simbolo niceno-costantinopolitano». Mi avvalgo della mia libertà di valutare ciò che accade nel mio tempo e di leggerlo alla luce del vangelo e del magistero definito. Possono piacere o non piacere il contenuto e il tono, ma nessuno può accusarmi di eresia o di altro inerente la fede. La domanda è le cose che dico sono vere o false? Sono parzialmente vere o parzialmente false? In genere si trincera dietro «il tono» chi non ha argomenti da contrapporre.
Prego Dio che l’annuncio del vangelo nella sua purezza prenda il sopravvento sulla diplomazia o i «doveri istituzionali» che possono oscurare, e di fatto oscurano, il ministero sacerdotale che vescovi preti dovremmo sempre perseguire. Resta il fatto che la presenza del cardinale Bertone a quella mostra, senza una parola «altra» ha suscitato in moltissimi «– cristiani e non – non poco stupore e disappunto». Anzi: scandalo.
[Spedita via
e-mail personale il giorno 21 ottobre 2009, ore 12,43 prima di renderla
pubblica]
e p. c.
Sig. Card. Angelo Bagnasco - Arcivescovo di Genova
la ringrazio per la sua risposta
alla mia lettera «aperta» dell’8 ottobre 2009 e le rispondo volentieri, sperando
anche che «Il Cittadino», settimanale cattolico della diocesi di Genova, voglia
ospitarmi non dico con la stessa evidenza riservata a lei, su sua esplicita
richiesta, ma almeno analoga.
Per prima cosa è meglio sgombrare
il terreno delle questioni personali che rischiano di confondere e sulle quali
lei fa parecchie confusioni. E’ vero che lei mi ha nominato «Amministratore
parrocchiale della parrocchia di S. Maria Immacolata e San Torpete», che dal
1995 non è più «parrocchia personale e gentilizia», come erroneamente lei dice
ancora, nonostante le scrissi a suo tempo, documenti alla mano, perché la
famiglia proprietaria vi ha rinunciato dinnanzi al notaio, cedendola alla
diocesi. Lei però non dice tutta la verità sul «come» si è arrivati a questa
nomina e non certo per la sua «benevolenza nei miei confronti durante il mio
episcopato genovese».
Dopo il mio rientro da
Gerusalemme, rimasi ospite nella canonica di San Torpete (da oltre venti anni
chiusa al pubblico perché inagibile), ma senza alcun incarico pastorale e per
due anni andai a mendicare una chiesa dove celebrare la Messa, nel suo più
totale disinteresse. Quando la misura mi parve colma, venni da lei che mi
propose di nominarmi «parroco» di San Torpete, parrocchia senza parrocchiani e
senza territorio, ormai a parziale restauro terminato, dandomi il mandato di
farne un centro culturale. La settimana dopo, testimone l’ausiliare mons. Luigi
Palletti, lei si rimangiò la nomina per intervenute difficoltà e mi propose di
fare il cappellano di una comunità di sei suore ultraottuagenarie in via al capo
di Santa Chiara. Accettai e andai a visitare il posto accompagnato dal vescovo
ausiliare e dal vicario dei religiosi, padre Ghilardi Cesare. Splendida vista
sul mare di Boccadasse, ma non se ne fece nulla perché non c’era nemmeno lo
spazio per sistemare la mia grande biblioteca.
Dopo alcuni giorni, venni di
nuovo da lei e le dissi che se mi avesse tenuto ancora senza incarichi in
diocesi, unico prete disoccupato, non solo non avrebbe avuto diritto di parlare
di crisi di vocazioni e di mancanza di preti, ma che non avrebbe potuto
celebrare la Santa Messa in buona coscienza. Alzandomi in piedi aggiunsi che da
quel momento lei poteva fare il vescovo della diocesi, ma io avrei fatto il papa
di me stesso perché lei mi condannava ad essere un «prete acefalo». Presi la mia
borsa e me ne andai dal suo studio, ma lei mi corse dietro e mi fermò
fisicamente, dicendo al vicario che avrebbe risolto le difficoltà intercorse e
confermò la mia nomina a parroco di San Torpete. Dopo un mese, arrivò la sua
nomina non a parroco, ma ad «Amministratore parrocchiale», figura giuridica con
le funzioni di parroco, senza esserlo formalmente: insomma lei mi nominò
precario a vita, come sono tutt’ora. Il cardinale Bagnasco consoce tutta la
storia e anche altro.
Lei tiene a dire che «nei nostri
colloqui fraterni ho raccolto le tue difficoltà personali cercando di aiutarti»
e io faccio fatica a ricordare «colloqui fraterni» perché nella mia mente sono
sedimentati solo ricordi di scontri, compreso quello inerente la nomina a
bibliotecario della Franzoniana che lei propose, poi disdisse, poi ripropose e
infine lasciò cadere senza nemmeno darmi direttamente una spiegazione
plausibile, mentre si permise di dire ad un gruppo di preti che «io ce l’avevo
con lei».
Lei dice che ha «cercato di
aiutarmi nelle difficoltà», e ci tengo a questo riguardo a dire che quando le
feci presente, testimone il vicario generale, che in parrocchia non vi erano
libri liturgici e arredi utilizzabili per la liturgia, lei mi fece avere dal suo
segretario, don Stefano Olivastri, mille euro (che io scrissi nel bilancio della
parrocchia, prenotando i lezionari e il messale: i bilanci sono depositati in
curia e ho l’avvertenza di allegare anche i sottoconti). Ricevetti una
parrocchia immersa nei debiti e inutilizzabile e, forse lei non lo ricorda, per
oltre un anno è rimasta chiusa al pubblico, nonostante lei l’avesse inaugurata
in pompa magna nel 2005.
Per un anno celebrai nella vicina
chiesa di San Giorgio, senza che lei si scomponesse nella «sua benevolenza
episcopale». Il 7 dicembre 2005 lei venne a casa mia e le feci fare il giro di
tutta la chiesa e della canonica e lei si mise le mani ai capelli per lo stato
di degrado dei locali dove vivevo, dicendo: «e dire che me l’hanno anche fatta
inaugurare!». Mi disse anche di presentarle un progetto che lei poi propose
insieme alla Biblioteca Franzoniana e alla Chiese delle Vigne in quel progetto
ministeriale di recupero dei fondi «ex colombiane» e che con enorme fatica sto
portando a compimento. Cominciai a celebrare in San Torpete il 16 luglio 2006.
In seguito, fu il cardinale Bagnasco a darmi qualche suppellettile da altare che
gli avevano regalato. Questo per la precisione. Ora veniamo al
resto.
Lei ha ragione nel dire che «come
sacerdoti possiamo e dobbiamo lavorare con cuore puro, senza odio e senza
preconcetti ideologici». Come non essere d’accordo? A me pare però che lei
confonda la forza, forse anche la veemenza, la sofferenza e l’amore alla Chiesa
per «odio» e «ideologia». Posso tranquillizzarla con assoluta certezza: non so
cosa sia l’ideologia e non conosco l’odio. Chi mi conosce dice che sono più
materno che paterno ed è vero perché sono tenerissimo. Mi pare che lei confonda
lo stile letterario con i sentimenti. Dico spesso al cardinale Bagnasco che ho
sbagliato secolo: avrei dovuto nascere nel sec. II, quello dei «polemisti», più
consono al mio stile retorico. Da qui a dire che possa provare odio per lei o
per Berlusconi ce ne corre; e molto.
Sig. cardinale, lei nella sua
lettera però non risponde ad alcuno dei problemi che io ho posto e lo ammette:
«Non commento le tue esternazioni, tanto sono marcate da accuse e
interpretazioni infondate». Libero di farlo, ma gli interrogativi restano nella
loro pesantezza perché non mi aiuta a capire dove sta l’infondatezza. La domanda
è: le cose che ho dette sono vere o sono false? Se sono vere lei mi dovrebbe
ringraziare, se sono false, mi dovrebbe spiegare perché sono false. Lei non fa
né l’una cosa né l’altra. Non può limitarsi a fare una semplice predica in cui
non tanto velatamente mi fa passare per uno «stravagante». O Dio, accetto tutto,
ma non la non verità!
Al contrario nella sua risposta
si domanda: «Che cosa ti fa agire in questo modo offensivo verso di me, verso la
Chiesa che è in Genova, il suo presbiterio e il suo Pastore?». Non capisco
perché tira in ballo «la Chiesa che è in Genova, il suo presbiterio e il suo
Pastore», che io non nomino nemmeno. Col cardinale Bagnasco ho un rapporto
personale, improntato a reciproca schiettezza e forse anche stima e con lui
continuerò a rapportarmi in totale verità perché amo la Chiesa, forse più di
Dio.
Se lei si è sentito offeso, sono
pronto a chiederle scusa, ma se le cose che ho scritto sono vere soltanto per un
decimo, allora lei una qualche scusa la deve dare non a Paolo Farinella, prete,
che conta nulla, ma al popolo di Dio che lei dice di servire e che è rimasto
scandalizzato dalla sua presenza a quella mostra in quelle circostanze e in
quelle ore. Il cardinale Bagnasco parla di «dovere istituzionale», ma il suo e
il mio primo dovere non è «istituzionale» verso un potere corrotto e corruttore,
ma di testimonianza di quella Verità che esprime il Vangelo. Molti non hanno
letto il suo discorso, per altro abbastanza ovvio, ma hanno visto le immagini
che le tv hanno trasmesso: lei era accanto ad un presidente del consiglio, che,
in quelle stesse ore, la Suprema Corte Costituzionale rimandava davanti al suo
giudice naturale dove è accusato di corruzione di testimone e di
giudice e di una serie di altri delitti che lei conosce meglio di me. Egli
«voleva» apparire accanto a lei e voleva che tutti
vedessero.
La gente che frequenta le nostre
parrocchie dice: se il segretario di Stato del Papa, va a braccetto con
Berlusconi nello stesso giorno in cui la sua corruzione è scoperta, vuol dire
che lo protegge. Ne venivamo da una estate di fuoco che avrebbe ammazzato anche
una mandria di bisonti: la moglie accusa il marito presidente del consiglio di
frequentare minorenni; lui spergiura sui figli in tv e dà quattro versioni
diverse del fatto; non solo non chiede scusa agli Italiani, ma si vanta di
essere il loro modello; si paragona a Dio e a Gesù Cristo; paga le prostitute
dando in cambio posti di ministre e di deputate; il suo magnaccia è indagato per
tratta di prostitute e commercio di stupefacenti; dispensa al telefono
suggerimenti erotici per amori saffici e soffici (registrazioni rese pubbliche);
attacca il Presidente della Repubblica e frantuma la coesione dell’Italia,
modificando con i suoi stili di vita l’antropologia del nostro popolo; incita
alla illegalità, all’egoismo economico e alla furbizia di chi la fa franca … e
lei si fa vedere a suo fianco sorridente, soddisfatto di approfittare «di tutte
le forme istituzionali e pastorali che mi sono offerte»? Non credo che in quella
«forma istituzionale» lei abbia «approfittato».
Sig. cardinale, venga a vivere
tra la gente comune e a sentire cosa si dice del fatto che il Papa abbia
acconsentito a ricevere Berlusconi all’aeroporto dicendo: «Che piacere
rivederla!», mettendo così una pietra tombale sull’etica che si predica e sulla
verità che si propaganda. Come faccio io prete a compiere il mio dovere, se un
cardinale, sottoposto solo al Papa, dopo avere rifiutato la prsenza dle
presidente del consiglio alla «perdonanza» dell’Aquila, si presenta ora accanto
a lui senza alcuna precisazione o un qualche «distinguo»?
Oramai lo sappiamo, nel mondo
berlusconizzato la verità non è più quella ontologica, ma solo quella che appare
e che lui fa apparire, visto l’uso diabolico e criminoso che fa della tv. In
questo «ciarpame», l’unico che ha pagato le spese sull’altare della diplomazia
interessata è stato il povero Dino Boffo che avete sacrificato alla «ragion di
Stato» e delle convenienze. Il 7 agosto 2009 in un incontro riservato, avevo
preventivato al cardinale Bagnasco quello che sarebbe successo in autunno dopo
la nomina di Feltri a «Il Giornale» e di Belpietro a «Libero». Dopo nemmeno tre
settimane le mie previsioni si sono verificate tutte, una dopo l’altra come un
rosario. La nostra gente è disorientata e, vedendo quelle immagini, si lascia
andare: se il cardinale assolve Berlusconi, io mi assolvo da solo/da
sola.
Lei dice di avere una
«responsabilità di carattere universale, approfittando di tutte le forme
istituzionali e pastorali che mi sono offerte». Lo credo e non la invidio
affatto, ma non a qualunque costo, non a qualunque prezzo. Nel suo discorso alla
mostra, non ho letto un cenno alla situazione degradata che abbiamo e stiamo
ancora vivendo, a motivo dei comportamenti e delle scelte disumane dell’attuale
governo (una per tutte: legge sul reato di clandestinità, che grida vendetta al
cospetto di Dio, Padre di tutti gli uomini e di tutte le donne, creati a «sua
immagine e somiglianza»).
Lei ha parlato da diplomatico, e,
a mio parere, non da sacerdote. Prima di fare il discorso e a microfoni aperti,
io penso che avrebbe dovuto invitare il presidente del consiglio a chiedere
scusa per il suo operato, tanto più in contraddizione, in quanto lui si spaccia
per cattolico credente. Oppure, avrebbe dovuto dire: «Sig. presidente del
consiglio, sono qui per inaugurare una mostra, ma non pensi che la mia presenza
possa essere una assoluzione preventiva per il suo comportamento deplorevole e
scandaloso che esige una riparazione pubblica». Lei non lo ha fatto, ma si è
adeguato diplomaticamente alla bisogna e se non ha messo in imbarazzo il
presidente del consiglio, non ha reso, a mio modesto parere, un servizio alla
Chiesa.
Ho ricevuto migliaia di lettere, migliaia di e-mail e di telefonate di adesione e non creda che tutto questo mi faccia piacere perché è una sofferenza per me sentirmi dire che «se sono ancora nella Chiesa è perché vi sono preti come lei». La gente crede di farmi un complimento, invece affonda il coltello nella piaga perché è il segno che le persone dietro al Vangelo corrono a braccia spalancate, ma si fermano davanti agli interessi e ai comportamenti degli uomini di Chiesa che dovrebbero testimoniare la vita eterna, l’amore di Dio e la via del Vangelo. Forse lei e gli altri «eminentissimi» vivete troppo nel palazzo ovattato di incenso e di onori, e vi sfugge il polso feriale della gente comune che pretende da noi coerenza e verità. Sì, io mi aspetto dai miei vescovi che mi siano di esempio, di esempio trasparente e se vogliono che non mi occupi di politica e di politici, comincino a farlo loro e io li seguirò obbediente e pacifico.
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Caro Paolo, non aggiungo alcun commento, perchè non potrei proprio commenatre quanto ho letto, per incompetenze e per il disgusto che tutto ciò mi suscita. Spero che questo carteggio - che non vedrà mai la luce dove avrebbe dovuto vederla, possa essere ripreso dalla rete e diffuso capillarmente. E' ora che i cattolici VERI si sveglino, e decidano se stare coi soldati o coi generali. Grazie per tutto quello che fai, e per come lo fai, Tafanus
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