Ricordate questo ["Off Topics"]
del Tafanus, del 13 maggio di quest'anno? Secondo le promesse di
Papiminchia, sparate mentre ancora disseppellivano i morti, entro il 18
Maggio il 75% della case dell'Aquila sarebbero state restituite alla
totale abitabilità. Forse era prevista anche la consegna di un
mestolo...
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Off Topics del 13 MaggioSincronizziamo
gli orologi. Alle 16,30 di oggi mancheranno esattamente cinque giorni
(120 ore) alla restituzione del 75% degli edifici dell'Aquila alla
"completa agibilità"
...NON DIAMOGLI TREGUA, COL COUNT-DOWN...
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...da
allora sono passati ancora 160 giorni, e NON UN SOLO MONOLOCALE è stato
restituito alla abitabilità. Le macerie sono rimaste dov'erano, e ciò
che resta delle case del centro subirà l'ultimo assalto: quello del
Generale Inverno, che farà marcire ciò che non è crollato sotto i colpi
del terremoto...
Papiminchia ha mentito ancora, ma gli abruzzesi alle elezioni lo hanno
plebiscitato, quindi non è che riusciamo ad intenerirci più di tanto.
Lo hanno voluto? se lo godano...
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Così sta morendo il centro
dell'Aquila - Non sono iniziate né le demolizioni né le
ristrutturazioni. E ora il maltempo può peggiorare ancora le cose -
Reportage dalla "zona rossa", avvolta in un' atmosfera spettrale, in
mezzo alle macerie
L'anima della città. Con queste parole gli aquilani si riferiscono al centro storico, in pratica alla città dell'Aquila periferie escluse. Ma da quasi sette mesi il centro si chiama "zona rossa", nessuno può metterci piede e ad entrare sono solo i Vigili del fuoco e le ditte che si occupano di puntellare gli edifici danneggiati e di completare i traslochi delle abitazioni rimaste in piedi. Eppure, sette mesi dopo, il centro dell'Aquila non è troppo diverso da come si presentava dopo il sisma. Le macerie sono presenti in maniera stupefacente, insieme a calcinacci, polvere, spazzatura e insieme a quei brandelli di vite distrutte che avevamo visto a poche ore dal sisma. Gli oggetti personali, le foto, gli indumenti, le bambole, i monitor dei computer, mescolati a pezzi di intonaco, mattoni, cornicioni venuti giù.
NESSUNA DEMOLIZIONE O RESTAURO - Nel centro storico dell'Aquila non è
partito il programma di demolizione degli edifici ormai irrecuperabili.
Non è partito il restauro degli edifici privati, di quelli pubblici, nè
di quelli di interesse artistico ed architettonico. E sono tanti. In
molte zone le strade sono state ripulite e le macerie ammassate al
centro di una piazza o all'angolo di una strada. La Regione Abruzzo ha
dato disposizione per ampliare i siti dove potranno essere conferiti i
resti degli edifici terremotati, ma per il momento l'operazione non è
ancora partita. Il primo problema della "zona rossa" è proprio questo:
togliere le macerie. I Vigili del fuoco lavorano senza sosta per
cercare di proteggere tutti quegli edifici di straordinaria bellezza -
le chiese, le cattedrali, i palazzi storici - dall'inevitabile. Dopo un
primo assaggio amaro di autunno e un paio di settimane quasi estive,
all'Aquila sta per arrivare il freddo, la pioggia, l'inverno.
LA CITTA' STA MORENDO - «Fin ora la priorità - giustissima - è stata
quella di dare un tetto a chi lo aveva perso», racconta Marina
Marinucci, giornalista della redazionale aquilana de "Il Centro". «Ma
nel frattempo - dice - la città sta morendo, non è iniziato nessun
lavoro di recupero e di restauro, e tra poco sarà troppo tardi». Il
centro è praticamente ovunque puntellato. Cornici di legno a tenere le
finestra, grandi cinghie a cingere un loggiato, tubi innocenti ovunque,
e poi tiranti, perni d'acciaio applicati alle facciate, altro legno per
fare da contrafforte ad un costone che sembra reggersi per miracolo. La
città sembra, in alcune zone, come bombardata. Non è solo un problema
del centro storico, ci sono le periferie, c'è Santa Barbara, Pettino,
San Giuliano. Eppure, da quando i riflettori sulla "zona rossa" si sono
spenti, tra gli aquilani serpeggia un pensiero terrificante. La città
dell'Aquila, così come l'hanno conosciuta, abitata, amata e vissuta,
non esisterà più, non potrà più risorgere. I problemi abitativi sono
stati parzialmente risolti, mentre quattromila persone restano nelle
tende ed altre migliaia aspettano una casa stando in un albergo sulla
costa. «Ma qui, all'Aquila - dice la Marinucci - non c'è più una chiesa
intera, e tutti i palazzi delle istituzioni, dalla Prefettura al Comune
alla Provincia, sono fortemente danneggiati e la pioggia e il maltempo
arriveranno presto a finire il lavoro. E poi ci sono ancora palazzi
interi da puntellare. Tornerà mai a vivere tutto questo?».
I CORSI UNIVERSITARI NON SI FERMANO - Anna Tellini insegna Letteratura
russa alla facoltà di Lettere e filosofia. Insegna, non insegnava.
Anche se la facoltà è crollata interamente, come quella di ingegneria.
«Dopo il terremoto le lezioni le abbiamo terminate sotto una tenda, al
Polo di Coppito, dove c'è la facoltà di scienze. Poi gli esami estivi
si sono svolti all'aperto, sul prato. E poi dal 19 ottobre abbiamo
ripreso le lezioni a Bazzano, in un capannone industriale. Il secondo
semestre invece lo facciamo nel carcere minorile. Al prossimo anno
accademico non voglio nemmeno pensare». [...]
Il calo degli iscritti è stato - prevedibilmente - vistosissimo. I
fuori sede non sanno più dove stare, molti studenti hanno difficoltà ad
andare avanti. «Molti di loro hanno crisi di panico, non è facile
lavorare. Però noi restiamo - dice Anna Tellini - per non condannare
questa città a morte certa. Resistiamo per mantenere viva l'anima della
città». L'anima della città. Tutti usano questa espressione. L'anima si
chiama Collemaggio, si chiama Santa Maria Paganica, sventrata e
scoperchiata - bellissima anche nella sua devastazione - che non può
essere coperta e protetta perchè ogni protezione volerebbe via. Si
chiama Santa Maria degli Angeli, con la cupola di Raffaello,
orrendamente sventrata e mirabilmente protetta. Si chiama Palazzo
Ardinghelli, palazzo dei Nobili, di recente ristrutturazione, palazzo
Margherita, la sede del Comune, palazzo Quinzi, che la Provincia, dopo
averlo rimesso a nuovo aveva dato al liceo classico. Tutto distrutto.
Gusci vuoti, come il rettorato, o come il Duomo, all'apparenza, nella
facciata, salvo, ma imploso dentro e a cielo aperto.
PIAZZA DUOMO - Il giro nella "zona rossa" popolata solo da uomini con la divisa dei pompieri, continua. Siamo in piazza del Duomo, la piazza del mercato, quella dove i contadini dei dintorni portavano tutte le mattine quanto di buono produce questa terra. Sembra un ricordo lontanissimo. Ma soprattutto, ora, sembra un'utopia. Anna Cerasoli è una scrittrice [...] Mentre Anna Cerasoli parla, inizia a piovere e lei scuote la testa. Con la mano indica delle macerie da cui spuntano dei cespugli. «Sono passati sette mesi e siamo ancora in queste condizioni, la pioggia intride le macerie, le case pericolanti, le chiese, tutto marcirà. Sembra impossibile pensare al fatto che l'Aquila diventerà una new town e di tutto questo non rimarrà niente». Il racconto della Cerasoli viene interrotto dalla professoressa di letteratura russa. Anna Tellini, mentre camminiamo nelle strade più strette del centro dice: "io abitavo qua". Vuole farci vedere solo l'androne, ma i Vigili del fuoco che ci accompagnano dicono che non è sicuro, che non si può. Il tira e molla va avanti per alcuni minuti, ma dentro, non si può entrare. Tutto sembra sul punto di crollare da un momento all'altro.
TERREMOTO PARTY - Il giro continua, in un silenzio religioso rotto solo
dal rombo delle ruspe al lavoro. Si passa davanti ai luoghi simbolo
catastrofe aquilana. La farmacia più antica della città, quella della
dottoressa Carli, morta a casa sua nel crollo del 6 aprile. Il
Convitto, dove diversi ragazzi hanno perso la vita. In tutto all'Aquila
sono morti 55 studenti universitari, 8 alla casa dello studente,
diventata un simbolo. Anna Cerasoli prova a raccontare la storia di una
mamma che ha perso la figlia di nove anni. «Mi raccontava dei
laboratori della sua scuola intitolati ai bambini morti, e commentava
che le altre erano state fortunate, perché erano morte insieme alle
loro mamme». Il racconto si interrompe. C'è commozione anche nelle
parole di Marina Marinucci, quando passiamo davanti alla sede della sua
redazione, squassata dal sisma come tante case in via XX Settembre,
strada che ha pagato un tributo altissimo di vittime. E poi un pub,
sempre in centro, sempre nella "zona rossa", lascia tutti senza parole.
Guardando dall'ingresso a vetri si legge una scritta su di una lavagna.
«Stasera Terremoto party. Moyto a 3 euro. Dj set. Parola di Gas». Sulla
lavagna una data: sabato 4 aprile 2009. Una festa annunciata per
esorcizzare la paura, due giorni prima del terremoto, nel cuore
dell'anima della città.
(dal Corriere della Sera del 28 Ottobre 2009)
L'anima della città. Con queste parole gli aquilani si riferiscono al centro storico, in pratica alla città dell'Aquila periferie escluse. Ma da quasi sette mesi il centro si chiama "zona rossa", nessuno può metterci piede e ad entrare sono solo i Vigili del fuoco e le ditte che si occupano di puntellare gli edifici danneggiati e di completare i traslochi delle abitazioni rimaste in piedi. Eppure, sette mesi dopo, il centro dell'Aquila non è troppo diverso da come si presentava dopo il sisma. Le macerie sono presenti in maniera stupefacente, insieme a calcinacci, polvere, spazzatura e insieme a quei brandelli di vite distrutte che avevamo visto a poche ore dal sisma. Gli oggetti personali, le foto, gli indumenti, le bambole, i monitor dei computer, mescolati a pezzi di intonaco, mattoni, cornicioni venuti giù.
PIAZZA DUOMO - Il giro nella "zona rossa" popolata solo da uomini con la divisa dei pompieri, continua. Siamo in piazza del Duomo, la piazza del mercato, quella dove i contadini dei dintorni portavano tutte le mattine quanto di buono produce questa terra. Sembra un ricordo lontanissimo. Ma soprattutto, ora, sembra un'utopia. Anna Cerasoli è una scrittrice [...] Mentre Anna Cerasoli parla, inizia a piovere e lei scuote la testa. Con la mano indica delle macerie da cui spuntano dei cespugli. «Sono passati sette mesi e siamo ancora in queste condizioni, la pioggia intride le macerie, le case pericolanti, le chiese, tutto marcirà. Sembra impossibile pensare al fatto che l'Aquila diventerà una new town e di tutto questo non rimarrà niente». Il racconto della Cerasoli viene interrotto dalla professoressa di letteratura russa. Anna Tellini, mentre camminiamo nelle strade più strette del centro dice: "io abitavo qua". Vuole farci vedere solo l'androne, ma i Vigili del fuoco che ci accompagnano dicono che non è sicuro, che non si può. Il tira e molla va avanti per alcuni minuti, ma dentro, non si può entrare. Tutto sembra sul punto di crollare da un momento all'altro.
(dal Corriere della Sera del 28 Ottobre 2009)
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