Oggi, 9 Novembre 2009, corre il ventennale dell'abbattimento del muro di Berlino. Tutti ormai sanno tutto di quell'evento (tranne Berlusconi e Bondi, che parlano ancora di "blocchi", di comunisti come Bersani, di "impero del male" e di "impero del bene", di "cultura dell'odio" e di "cultura dell'amore", e via minchionando).
No, non vi parlerò del crollo del muro (oggi giornali e le TV saranno pieni di rievocazioni, con l'ausilio di teche ricchissime, di archivi fotografici, di filmati). Vi parlerò di qualcosa di diverso:per flash-back, per istantanee... è passato quasi mezzo secolo da allora. Le foto rimaste sono poche e sbiadite, ma molti ricordi sono nitidi... Vi parlerò di com'era Berlino nel 1960: un anno prima della chiusura di Berlino Est. Forse può risultare più interessante che fare l'ennesima rievocazione della caduta del muro, e della prima Trabant che entrava a Berlino Ovest inquinando quanto venti Mercedes...
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Estate 1960: avevo appena finito l'università. Ad ottobre sarei dovuto partire per Mol (Belgio), per il "Centre d'Etude pour l'Energie Nucléaire". Mi restavano pochi mesi. Non ricordo perchè scelsi di passarli a Berlino. Oltretutto non conoscevo il tedesco, e non avevo inizialmente nessuna voglia di impararlo. Ma tant'è... Parto per Berlino, da Napoli. In autostop (allora si poteva ancora fare). L'autostop dura fino a Roma. Poi faccio due conti: a 230 chilometri al giorno, passerò metà delle vacanze per il viaggio di andata, metà per tornare indietro, e ripartire per il Belgio. Allora salgo su un treno. Destinazione: Monaco di Baviera, dove conto di fermarmi un giorno a salutare una famigliola cha avevo conosciuto a Sorrento qualche settimana prima.
Avete presente come fosse la Germania allora? il confine occidentale della DDR penetrava molto a fondo nella Germania che conosciamo: a Nord fin quasi a Lubecca, a sud fin quasi a Monaco. Berlino era una enclave divisa in due settori, in piena DDR. Fra Italia e DDR non esistevano relazioni diplomatiche. Per andare a Berlino c'era l'aereo (ma per le mie finanze era una cosa proibitiva, o c'era l'autobus di linea, che attraversava, praticamente senza permessi di sosta (solo qualche sosta clandestina e tollerata, per fare pipì nella Foresta Nera), e che doveva rispettare un corridoio e dei tempi di marcia molto rigorosi. Inoltre, era necessario comprare - letteralmente - un visto della DDR, che riempiva una pagina del passaporto, e che creava problemi, al rientro in Italia, con la polizia italiana. Tantè... quando si è giovani...
Come campavamo, a Berlino? prima io ed un gruppetto di amici occasionali siamo stati assunti a termine alla Siemens, per guidare i carrelli elettrici per la movimentazione dei pallets. Siamo stati sbattuti fuori in 48 ore, quando hanno scoperto che passvamo la giornata a fare appassionanti gare a cronometro per i viali dell'immenso stabilimento, con contorno di scommesse... Il giorno dopo eravamo a lavorare in un mega-collegio di Marienfeld - estrema periferia di Berlino - che d'estate diventava Ostello per la Gioventù. Dieci marchi al giorno, più vitto e alloggio.
In questo ostello, con diverse migliaia di posti letto, il nostro compito era quello di smaltare di bianco i letti metallici a castello, in un locale apposito, dove di respirava acqua ragia. Il locale "destinato all'uopo era nel seminterrato, dove c'erano abche le cucine e le mense. Dalle nove di mattina alle 4 di pomeriggio davamo lo smalto bianco ai letti. Non era neanche tanto faticoso. La parte faticosa era portare giù i letti da smaltare, e riportare su - a volte fino al quarto piano - quelli smaltati. Però avevamo trovato la soluzione. Smaltavamo fino a dieci-dodici volte gli stessi letti... Poi, persino i tubi di ferro diventavano burrosi, e allora ci decidevamo a prendere nuovi letti da smaltare...
Il muro non c'era. La divisione fisica fra i due settori sarebbe arrivata solo l'anno dopo. Era una strana città, Berlino... metà in mano alla DDR, ma con controllo militare sovietico, e l'altra metà divisa - ormai solo virtualmente - in tre settori: americano, francese, inglese. Di fatto, i re settori occidentali non esistevano più dal '49. Esistevano solo sul piano amministrativo, ma non se ne accorgeva nessuno.
Fra le due Berlino non esisteva il muro fisico, ma esisteva un muro ancor più feroce, che era tracciato nell'aria, delimitato da qualche cartello, ma che nessuno si sognava di violare. Noi occidentali, con visto DDR sul passaporto, potevamo andare liberamente da un settore all'altro. Prendere il metrò sulla Kunfusterdamm, e scendere a FriedrichStrasse, dall'altra parte. In teoria anche i berlinesi avrebbero potuto farlo, ma non avevano il visto. Così i berlinesi occidentali non andavano dall'altra parte, perchè rischiavano un lungo soggiorno, ospiti della Stasi; gli ost-berliner non lo facevano, perchè una violazione, scoperta durante un controllo a campione, costava anni di galera. Il "confine" era fatto da cartelli stradali, e da una zona cuscinetto di 24 metri. Poi, la DDR, la Stasi.
Chissà che fine avrà fatto Erika, una ragazza che ce l'aveva fatta" a venire da questa parte.. lavorava alla Berliner Bank, ma sua madre era rimasta di la... Una domenica mi ha chiesto di accompagnarla. Aveva ogni domenica un appuntamento con sua madre. Kafkiano. Una da una parte, una dall'altra del "cuscinetto", si scambiavano baci, consigli, lacrime... a 24 metri di distanza, urlando per riuscire a farsi sentire...
Il "confine", anche senza quei cartelli, lo si sarebbe avvertito, nettissimo, dalle case, dai vestiti della gente, dalle facce... Da un lato una nascente opulenza, pochissimi segni della guerra (fra qui, voluto e simbolico, la cattedrale di Kunfuster Damm, affettuosamente chiamato, dai berlinesi, "Ku'damm"... una chiesa ancora oggi lasciata così come le bombe l'avevano ridotta, monumento alla propria follia... Questo rudere spiccava in mezzo agli edifici vetro e acciaio della nuova Berlino che rinasceva. Dall'altra parte, niente rinasceva. La Stalin Allee, la Friederich Strasse... quinte teatrali di un socialismo reale dove non c'era posto per l'immaginazione... Donne vestite di povere cose che andavano in giro con la "sporta", auspicio, più che strumento, di improbabili e fortunosi approvvigionamenti di qualcosa...
Chissà che fine ha fatto Kelly, il mio occasionale amico irlandese, col quale siamo stati "ospiti" per due giorni e una notte di un carcere della Stasi... Le nostre colpe? emergendo un giorno dal metro alla fermata di Friederich Strasse, avevamo visto, accanto ad un piccolo chiosco, una lunga fila di persone. Incuriositi, abbiamo chiesto cosa stesse succedendo. Niente di grandioso. Erano arrivati i fiammiferi "svedesi"... abbiamo fotografato la fila. Siamo finiti dentro. Nessun contatto col mondo esterno. La domenica incombeva. Nessun contatto diplomatico. Nessun capo d'accusa. Siamo stati loro ospiti per 36 ore. Di tanto hanno avuto bisogno per sviluppare le nostre pellicole fotografiche, di fare l'autopsia alle nostre foto, e di mandarci poi via senza una parola, senza né una minaccia, né un sorriso...
Chissà se è ancora vivo, Hans... era il guardiano notturno dell'ostello di Marienfeld. Coprifuoco alle 11 di sera. Dopo quell'ora nessuno poteva entrare o uscire. Noi alle undici di sera iniziavamo a vivere, a Berlino. Al ritorno, verso le due, le tre o le cinque, per rientrare nell'ostello dovevamo fare a cazzotti con Hans. Dovevamo prima scavalcare il muro di cinta dell'ostello, e lui era già dall'altra parte ad attenderci. Era molto scrupoloso, Hans. Scrupoloso e robusto. Ma noi eravamo tanti... tutte le sante notti, prima di concederci il sonno dei giusti, ci toccava dare un fracco di legnate a Hans. Siamo rimasti amici, e per anni ci siamo scritti. Poi, un anno, non ho avuto più risposta...
Le cuoche dell'ostello ci adoravano... Cena alle 17. Non era roba per noi... Sapendolo, questi grassi angeli, di nascosto, mettevano le nostre cene in dei bustoni, e le nascondevano sotto i nostri letti... Che città strana, Berlino... Gente apertissima, curiosa di sapere tutto di noi, ma assolutamente reticente a parlare del loro passato... Eppure, negli anni in cui si scatenava la follia nazifascista, molti di loto non erano ancora nati... Chi invece alla follia aveva preso parte, quasi sempre soffriva o di grandi sensi di colpa, o risolveva questi sensi di colpa con un di più di aggressività nei nostri confronti, eredi di coloro che avevano iniziato la guerra da una parte, e l'avevano finita dall'altra...
Ci sarà ancora, il Breitenbachplatz? Era una "cave" di jazz tradizionale, nella piazza omonima, dove si suonava dell'ottima musica, e dove si facevano incontri di persone molto stimolate e stimolanti. Poche lire per un Cuba Libre, e per fare "acchiappanze" e passare la serata. Poi, l'ultimo metrò, o un taxi in "pool", il ritorno all'ostello, la scazzozzata quotidiana con Hans, e via a dormire quattro o cinque ore... I berlinesi erano assetati di tutto ciò che era mancato loro per anni. Accanto alla Ku'damm c'era un jazz club dove si suonana jazz moderno. Il "Badewanne" (letteralmente, la "vasca da bagno". Forse per le dimensioni, forse per il tasso di umidità o per la temperatura... una sauna, ma si poteva ascoltare forse il miglior jazz d'Europa. Ci sarò ancora, il Badewanne?
Qualche volta, quando volevamo mangiare tanto e bene, senza spendere molto, facevamo una escursione serale in "Ost-Berlin", in quello che una volta era il ristorante della nomenklatura: il "Budapest", tutto boiserie e poltrone in cuoio naturale, grande cucina, grande tristezza... Un marco Ovest ce lo cambiavano con quattro marchi Est. Un buon affare, ma il posto metteva una tristezza infinita... Pochi "privilegiati" (noi) a cenare, e tanti poveracci (soprattutto poliziotti) a tentare di farsi durare una birra per qualche ora... Tanti sguardi astiosi, italiano o inglese o francese parlato a bassa voce, ma il nostro aspetto era inequivocabile...
Cosa sarà diventato, il mitico "Telephon Dancing"? ci avranno fatto un Mac Donald? era un posto incredibile... una mega-balera, dove tutti i tavoli erano circondati da un basso separé in legno alto un metro, e da un lampioncino col numero del tavolo. Ogni "stallo" era dotato di telefono per poter chiamare gli altri tavoli, e... di posta pneumatica, con un intenso traffico di bussolotti che arrivavano da un tavolo all'altro, sparati con violenza inaudita dall'aria compressa attraverso un labirinto di bellissimi tubi in ottone lucidissimo... Sul contenuto dei messaggi che passavano attraverso questi bussolotti, ognuno può esercitare la propria fantasia...
La gente andrà ancora a fare i bagni nel Wannsee? per noi era solo un laghetto, unico ritrovo "balneare" di Berlino,. dove i tedeschi nuotavano, e noi italiani prendevamo il sole col cappotto addosso... L'acqua sarà stata 15 gradi. Oppure quel gelo che ci pemetrava nelle ossa era dovuto all'aver appreso che in una graziosa palazzina sulla riva, nel gennaio '42, 15 alti ufficiali nazisti si erano riuniti per definire i dettagli operativi della "Soluzione Finale" del problema ebraico?
Chissà dove sarò quel professore tedesco razzista, sul cui cranio ho versato un litro di Coca Cola... era il giorno di Berruti, e nei minuti prima della finale, non faceva che tirare per il culo... Poi i blocchi di partenza, la grande curva di Berruti, la vittoria. E' stato in quel momento che ho avuto "l'ispirazione". Un litro di appiccicosa coca sulla testa vuota di un razzista. Non me ne sono mai pentito... In seguito, per ragioni di lavoro, di Livio Berruti sono diventato amico. Una volta mi ha invitato a casa sua, in Piemonte, e gli ho raccontato l'episodio. Ha cercato di conciliare (riuscendovi poco) la voglia di ridere, e la rigida educazione sabauda...
L'ultimo mese di Berlino, colpiti da improvviso benessere, perchè ci avevano aumentato la paga da 10 a 15 marchi, siamo andati ad abitare in una pensioncina di Charlottemburg, una bellissima zona residenziale, dove l'illuminazione delle strade era ancora a gas. Basta scazzottate con Hans, basta "ultimo metrò"...
La penultima sera berlinese siamo tornati in massa al Budapest. Era la prima settimana di un fantastico, tiepido settembre. Chissà perchè... quella sera eravamo felici, e persino la gente di Ost-Berlin mi sembrava meno triste. Ma quella strana sensazione che ho avuto... No, quel posto forse non lo avrei più rivisto...
Meno di un anno dopo, nella settimana di ferragosto del '61, iniziava la costruzione dell'orrendo muro. La stazione del metrò di Postdamer Platz, ora simbolo della modernità della nuova Germania, in gran parte opera di Renzo Piano, veniva murata agli ingressi, e il metrò non vi si fermava più. La mia amica Erika avrà rivisto ancora sua madre, viva?
Ora quel muro non c'è più, da vent'anni (ma a Berlusconi non lo ha ancora detto nessuno). Ora ne sta sorgendo un altro, altrettanto orrendo, che serve a tener fuori i palestinesi dal benessere rubato dagli israeliani. Quando la finiremo, di costruire muri?...
Tafanus
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