"Cara Signora,
ricorre domani il decimo anniversario della morte di Bettino Craxi, e io desidero innanzitutto esprimere a lei, ai suoi figli, ai suoi famigliari, la mia vicinanza personale in un momento che è per voi di particolare tristezza, nel ricordo di vicende conclusesi tragicamente. Non dimentico il rapporto franco e leale con lui. Non dimentico il rapporto che fin dagli anni '70 ebbi con lui per il ruolo che allora svolgevo nella vita politica e parlamentare. Si trattò di un rapporto franco e leale, nel dissenso e nel consenso che segnavano le nostre discussioni e le nostre relazioni anche sul piano istituzionale. E non dimentico quel che Bettino Craxi, giunto alla guida del Partito Socialista Italiano, rappresentò come protagonista del confronto nella sinistra italiana ed europea.
Ma non è su ciò che oggi posso e intendo tornare. Per la funzione che esercito al vertice dello Stato, mi pongo, cara Signora, dal solo punto di vista dell'interesse delle istituzioni repubblicane, che suggerisce di cogliere anche l'occasione di una ricorrenza carica - oltre che di dolorose memorie personali - di diversi e controversi significati storici, per favorire una più serena e condivisa considerazione del difficile cammino della democrazia italiana nel primo cinquantennio repubblicano.
E' stato parte di quel cammino l'esplodere della crisi del sistema dei partiti che aveva retto fino ai primi anni '90 lo svolgimento della dialettica politica e di governo nel quadro della Costituzione. E ne è stato parte il susseguirsi, in un drammatico biennio, di indagini giudiziarie e di processi, che condussero, tra l'altro, all'incriminazione e ad una duplice condanna definitiva in sede penale dell'on. Bettino Craxi, già Presidente del Consiglio dal 1983 al 1987. Fino all'epilogo, il cui ricordo è ancora motivo di turbamento, della malattia e della morte in solitudine, lontano dall'Italia, dell'ex Presidente del Consiglio, dopo che egli decise di lasciare il paese mentre erano ancora in pieno svolgimento i procedimenti giudiziari nei suoi confronti. Si è trattato - credo di dover dire - di aspetti tragici della storia politica e istituzionale della nostra Repubblica, che impongono ricostruzioni non sommarie e unilaterali di almeno un quindicennio di vita pubblica italiana.
Non può dunque venir sacrificata al solo discorso sulle responsabilità dell'on. Craxi sanzionate per via giudiziaria la considerazione complessiva della sua figura di leader politico, e di uomo di governo impegnato nella guida dell'Esecutivo e nella rappresentanza dell'Italia sul terreno delle relazioni internazionali. Il nostro Stato democratico non può consentirsi distorsioni e rimozioni del genere.
Considero perciò positivo il fatto che da diversi anni attraverso importanti dibattiti, convegni di studio e pubblicazioni, si siano affrontate, tracciando il bilancio dell'opera di Craxi, non solo le tematiche di carattere più strettamente politico, relative alle strategie della sinistra, alle dinamiche dei rapporti tra i partiti maggiori e alle prospettive di governo, ma anche le tematiche relative agli indirizzi dell'attività di Craxi Presidente del Consiglio. Di tale attività mi limito a considerare solo un aspetto, per mettere in evidenza come sia da acquisire al patrimonio della collocazione e funzione internazionale dell'Italia la conduzione della politica estera ed europea del governo Craxi: perché ne venne un apporto incontestabile ai fini di una visione e di un'azione che possano risultare largamente condivise nel Parlamento e nel paese proiettandosi nel mondo d'oggi, pur tanto mutato rispetto a quello di alcuni decenni fa.
Le scelte di governo compiute negli anni 1983-87 videro un rinnovato, deciso ancoraggio dell'Italia al campo occidentale e atlantico, anche di fronte alle sfide del blocco sovietico sul terreno della corsa agli armamenti; e videro nello stesso tempo un atteggiamento "più assertivo" del ruolo dell'Italia nel rapporto di alleanza - mai messo peraltro in discussione - con gli Stati Uniti. In tale quadro si ebbe in particolare un autonomo dispiegamento della politica estera italiana nel Mediterraneo, con un coerente, equilibrato impegno per la pace in Medio Oriente. Il governo Craxi e il personale intervento del Presidente del Consiglio si caratterizzarono inoltre per scelte coraggiose volte a sollecitare e portare avanti il processo d'integrazione europea, come apparve evidente nel semestre di presidenza italiana (1985) del Consiglio Europeo.
Né si può dimenticare l'intesa, condivisa da un arco assai ampio di forze politiche, sul nuovo Concordato: la cui importanza è stata pienamente confermata dalla successiva evoluzione dei rapporti tra Stato e Chiesa. Numerosi risultano in sostanza gli elementi di condivisione e di continuità che da allora sono rimasti all'attivo di politiche essenziali per il profilo e il ruolo dell'Italia.
In un bilancio non acritico ma sereno di quei quattro anni di guida del governo, deve naturalmente trovar posto il discorso sulle riforme istituzionali che aveva rappresentato, già prima dell'assunzione della Presidenza del Consiglio, l'elemento forse più innovativo della riflessione e della strategia politica dell'on. Craxi. Nel quadriennio della sua esperienza governativa, quel discorso tuttavia non si tradusse in risultati effettivi di avvio di una revisione della Costituzione repubblicana. La consapevolezza della necessità di una revisione apparve condivisa attraverso i lavori di una impegnativa Commissione bicamerale di studio (presieduta dall'on. Bozzi) : ma alle conclusioni, peraltro discordi, di quella Commissione nel gennaio 1985 non seguì alcuna iniziativa concreta, di sufficiente respiro, in sede parlamentare. Si preparò piuttosto il terreno per provvedimenti che avrebbero visto la luce più tardi, come la legge ordinatrice della Presidenza del Consiglio e, su un diverso piano, significative misure di riforma dei regolamenti parlamentari.
Tra i problemi che nell'Italia repubblicana si sono trascinati irrisolti, c'è certamente quello del finanziamento della politica. Si era tentato di darvi soluzione con una legge approvata nel 1974, a più di venticinque anni dall'entrata in vigore della Costituzione. Ma quella legge mostrò ben presto i suoi limiti, in particolare per la debolezza dei controlli che essa aveva introdotto. Attorno al sistema dei partiti, che aveva svolto un ruolo fondamentale nella costruzione di un nuovo tessuto democratico nell'Italia liberatasi dal fascismo, avevano finito per diffondersi "degenerazioni, corruttele, abusi, illegalità", che con quelle parole, senza infingimenti, trovarono la loro più esplicita descrizione nel discorso pronunciato il 3 luglio 1992 proprio dall'on. Craxi alla Camera, nel corso del dibattito sulla fiducia al governo Amato.
Ma era ormai in pieno sviluppo la vasta indagine già da mesi avviata dalla Procura di Milano e da altre. E dall'insieme dei partiti e dei loro leader non era venuto tempestivamente un comune pieno riconoscimento delle storture da correggere, né una conseguente svolta rinnovatrice sul piano delle norme, delle regole e del costume. In quel vuoto politico trovò, sempre di più, spazio, sostegno mediatico e consenso l'azione giudiziaria, con un conseguente brusco spostamento degli equilibri nel rapporto tra politica e giustizia.
L'on. Craxi, dimessosi da segretario del PSI, fu investito da molteplici contestazioni di reato. Senza mettere in questione l'esito dei procedimenti che lo riguardarono, è un fatto che il peso della responsabilità per i fenomeni degenerativi ammessi e denunciati in termini generali e politici dal leader socialista era caduto con durezza senza eguali sulla sua persona.
Né si può peraltro dimenticare che la Corte dei Diritti dell'Uomo di Strasburgo - nell'esaminare il ricorso contro una delle sentenze definitive di condanna dell'on. Craxi - ritenne, con decisione del 2002, che, pur nel rispetto delle norme italiane allora vigenti, fosse stato violato il "diritto ad un processo equo" per uno degli aspetti indicati dalla Convenzione europea. Alle regole del giusto processo, l'Italia si adeguò, sul piano costituzionale, con la riforma dell'art. 11 nel 1999. E quei principi rappresentano oggi un riferimento vincolante per la legislazione nazionale e per l'amministrazione della giustizia in Italia.
Si deve invece parlare di una persistente carenza di risposte sul tema del finanziamento della politica e della lotta contro la corruzione nella vita pubblica. Quel tema non poteva risolversi solo per effetto del cambiamento (determinatosi nel 1993-94) delle leggi elettorali e del sistema politico, e oggi, in un contesto politico-istituzionale caratterizzato dalla logica della democrazia dell'alternanza, si è ancora in attesa di riforme che soddisfino le esigenze a cui ci richiama la riflessione sulle vicende sfociate in un tragico esito per l'on. Bettino Craxi.
E' questo, cara Signora, il contributo che ho ritenuto di dover dare al ricordo della figura e dell'opera di suo marito, per l'impronta non cancellabile che ha lasciato, in un complesso intreccio di luci e ombre, nella vita del nostro Stato democratico.
Con i più sinceri e cordiali saluti". Giorgio Napolitano
Roma, 18 gennaio 2010
"...Il suo ricordo è animato da una volontà di rendere al nostro paese una lettura condivisa della nostra storia recente. Bettino Craxi lavorò tutta una vita per l'affermazione delle idee in cui egli ha creduto, per rafforzare i valori di democrazia e di libertà in Italia e nel mondo. Ora, riposa in terra di Tunisia, ma non smise mai di pensare al bene dell'Italia e dei suoi concittadini, che per Suo tramite intendo in questa occasione ringraziare..."
Anna Craxi
La parte finale dell'editoriale di Eugenio Scalfari
"... Infine Tangentopoli. La lettera rievoca il discorso parlamentare in cui Craxi lanciò una chiamata in correità a tutti i partiti. Tutti, disse, avevano violato la legge sul finanziamento dei partiti e tutti, a cominciare dal suo, dovevano quindi assumersene la responsabilità. Discorso senza dubbio coraggioso, se ad esso fosse seguito il necessario sbocco: la chiamata di correo è l'ammissione di un reato in questo caso particolarmente grave. Chi si avventura su quel terreno prosegue dimettendosi dalle cariche che ricopre e mettendosi a disposizione dell'autorità giudiziaria. Non lo fece nessuno, a cominciare da Craxi il quale del resto non fu semplicemente il fruitore passivo del sistema di corruttela ma ne fu un attivo organizzatore con una differenza rispetto agli altri partiti di governo: il leader del Psi non si limitò a fruire delle "dazioni" ma intervenne sulle singole imprese e sulle singole loro operazioni tassandole o facendole escludere dalle gare. Tralasciamo per carità di patria i decreti in favore di Fininvest.
Detto questo, si proceda pure alla toponomastica nei Comuni che nella loro libera capacità di decidere vogliano intestare a Craxi piazze e giardini. Altra cosa è la condivisione politica e morale, la quale non è parcellizzabile. Si condividano i meriti e si condividano le rampogne per i reati. Dopodiché c'è la "pietas" pubblica, ma non l'oblio..."
Eugenio Scalfari - Repubblica)
[Eugenio Scalfari su Repubblica.it]
____________________________________________________________________________
La nostra "lettera aperta" al Presidente Napolitano
Caro Presidente,
alla vigilia delle votazioni per l'elezione del Presidente della Repubblica, noi abbiamo fatto il tifo, apertamente, per tre persone (nell'ordine in cui le cito):
- Tina Anselmi
- Anna Finocchiaro
- Giorgio Napolitano
Abbiamo dichiarato a più riprese che, al di la di insignificanti ragioni di preferenze e simpatie personali, chiunque fosse stato eletto, fra questa rosa di nomi, noi saremmo stati felici, e tranquilli. Dico questo per sgombrare il campo da qualsiasi dubbio di una nostra ostilità nei suoi confronti.
Finora abbiamo apprezzato la Sua opera (anche se non sempre nella stessa misura): talvolta avremmo gradito una Sua maggiore incisività, specie nei rapporti con le altre istituzioni, sul tema delle leggi ad personam perseguite da qualche potenziale "utilizzatore finale", con un impegno degno di miglior causa.
Questa volta, sinceramente, non ce la sentiamo di respingere in blocco queste critiche, dopo aver letto, sminuzzato, radiografato la Sua lettera alla signora Craxi; e Le assicuriamo che il nostro dissenso non è né epidermico, né viscerale, come potrà dedurre dai punti seguenti:
-2) se questa lettera finisse in mano ad uno storico sceso sulla terra da Marte, mai e poi mai potrebbe capire, dal contesto, che Lei sta parlando non già di uno Statiista che ha consumato la sua vita per il bene della Patria, ma di un signore che è stato condannato, con sentenza passata in giudicato, non solo per "illecito finanziamento" (che comunque era un reato), ma anche per volgare corruzione.
-3) In tutta la Sua lettera, non ricorrono una sola volta termini come "corruzione, sentenza definitiva, contumacia, latitanza". Ma è di questo (o almeno "anche" di questo) che stiamo parlando.
-4) Quando Lei, fra le righe ma non troppo, parla di uno che "fu investito da molteplici contestazioni di reato" [...], ed aggiunge che, "...senza mettere in questione l'esito dei procedimenti che lo riguardarono, è un fatto che il peso della responsabilità per i fenomeni degenerativi ammessi e denunciati in termini generali e politici dal leader socialista era caduto con durezza senza eguali sulla sua persona...", sposa la tesi dell'accanimento giudiziario (o autorizza altri a proclamare questa tesi, facendosi ipocritamente scudo delle sue parole).
-5) Quando Lei fa questo, mortifica il ruolo dell'allora Presidente della Repubblica pro-tempore che, Lei lo sa meglio di noi, PRESIEDE il Csm, e delegittima i magistrati che hanno, almeno per un paio d'anni, messo a luce il verminaio di tangentopoli. Inoltre, quando parla di "durezza senza eguali" nei confronti di Craxi, sembra non sapere, o aver dimenticato che tale Citaristi, amministratore della DC, ha subito, senza attaccare e senza scappare all'estero, un numero di procedimenti giudiziari ben superiore a quelli avuti dall'On. Craxi. Li ha affrontati, senza fare rumore, e senza chiamate di correità nei confronti di chicchessia.
-6) Il nostro disagio diventa se possibile maggiore, se ricordiamo che Lei, all'interno del PCI, è stato il leader di quella corrente, nota come "migliorista", che ha sempre propugnato non già un avvicinamento del PSI al PCI, ma l'esatto opposto: un PCI in marcia di avvicinamento al PSI.
-7) Infine, offre un ricordo tanto lacunoso da sembrare distorcente, della sentenza di condanna dell'Alta Corte di Strasburgo nel ricorso "Famiglia Craxi contro lo Stato Italiano". Le Sue parole, ad un lettore poco attento o poco informato, trasmettono l'idea che Strasburgo abbia condannato l'Italia (e quindi assolto Craxi dalle accuse), mentre - come Lei sa, e come noi diremo in appendice - si tratta di una condanna su due aspetti marginali e procedurali, che NULLA hanno a che vedere con la sostanza dei capi d'imputazione.
[Repubblica, 18 Luglio 2003]
"...si chiude dopo nove anni il caso "Craxi contro Italia" alla Corte europea dei diritti umani. Ieri, infatti, è stato accolto il ricorso presentato dall' ex presidente del Consiglio (e portato avanti, dopo la sua morte, dai familiari) contro lo Stato, condannato per violazione dell'articolo 8 della Convenzione europea dei diritti umani, che sancisce il diritto al rispetto della vita privata. [...] La vicenda in questione riguarda le intercettazioni telefoniche tra la residenza tunisina di Craxi, ad Hammamet, e l'Italia, disposte dalla magistratura milanese nel 1995, nel quadro del processo "Metropolitana Milanese". Su questo episodio la Corte ha emesso una duplice condanna. I giudici europei, all'unanimità, hanno constatato che le autorità italiane non hanno seguito le procedure legali quando, durante un'udienza del processo, furono letti dal pm milanese Paolo Ielo degli estratti delle intercettazioni. Infatti, «non c' è stata un'udienza preliminare nel corso della quale le parti e il giudice avrebbero potuto escludere i passaggi delle conversazioni intercettate privi di rapporto con la procedura».
La seconda condanna riguarda le indiscrezioni apparse sui giornali [...] La Corte ha rilevato che «spettava al Governo dare una spiegazione plausibile su come queste informazioni fossero giunte in possesso della stampa, ma non l'ha fatto». Lo Stato, quindi, non ha rispettato l' obbligo di garantire l' effettiva protezione del diritto sancito nel primo paragrafo dell' articolo 8 della Convenzione, secondo cui «tutti hanno diritto al rispetto della propria vita privata e della propria corrispondenza» [...]
La Corte non ha accolto la richiesta, avanzata dai legali, di un risarcimento per i danni materiali subiti da Craxi fino alla sua morte. Per i danni morali, invece, lo Stato italiano è stato condannato a una pena pecuniaria di 6.000 euro, da dividere tra gli eredi. «Il pronunciamento della Corte - ha affermato emozionato il figlio Bobo - è la conseguente condanna del nostro Paese in materia di violazione dei diritti umani. Risulta ormai evidente - ha continuato - il carattere persecutorio e politico dell'azione giudiziaria che costrinse mio padre a riparare in esilio» [...]
SOCIAL
Follow @Tafanus