Fulvia non c'è più. È andata via "all'inglese'" senza salutare i suoi fan, i lettori della "Repubblica" che da decenni erano abituati a incontrarla ogni settimana. Niente addii, niente spiegazioni. Nulla che potesse attirare l'attenzione su quello che stava succedendo: Emanuele Pirella si era aggravato, non era più in grado di "crearla" ogni settimana insieme al suo amico Tullio Pericoli. È finita così quella pagina di satira garbata eppure graffiante, che Oreste Del Buono, introducendo la raccolta pubblicata da Garzanti nel 1987, descriveva così: "Ogni epoca ha la propria Madame Verdurin e Tullio Pericoli (disegni) ed Emanuele Pirella (testi) ci hanno gratificato della nostra Madame nella persona di Fulvia che inesorabilmente ogni sabato sera raduna tutti quelli che, quanto ad intellettualità, contano qualcosa e credono di contare di più, quelli che non contano nulla, ma si comportano come se contassero, quelli che forse hanno contato, ma non contano da un pezzo e cominciano addirittura a sospettare di non aver contato mai".
Gli appuntamenti con Fulvia sono stati l'ultima collaborazione di Pirella con un gruppo editoriale che lo ha accompagnato per tutta la sua carriera: non solo per le vignette satiriche, ma anche come giornalista. È stato lui a firmare per anni su "L'espresso" la rubrica di critica televisiva, che nel 2000 ha vinto il premio Flaiano. E anche per quanto riguarda le pubblicità, è indimenticabile il lancio di "Repubblica", nel gennaio del 1976. Anche se è per "Panorama" che Pirella ha ideato una delle sue campagne più originali, fatta di immagini incompiute che qualsiasi passante poteva completare a suo piacere.
Ora che la malattia ha vinto, ora che Pirella non c'è più, il primo pensiero va a Fulvia, alla protagonista di quell'appuntamento settimanale, "Tutti da Fulvia sabato sera", che puntava il dito su malaffari e luoghi comuni della politica e dell'intellighenzia italiana. "Ma quello che doveva succedere è già successo", dice Tullio Pericoli: "Fulvia non c'è più già da due mesi: da quando Pirella si è ammalato. E non ci sarà più: se ne va con Emanuele...".
Pericoli, come nasceva Fulvia? A disegnare, ovviamente, era lei: ma come vi dividevate il lavoro con Pirella?
"I nostri ruoli erano abbastanza chiari, anche se un po' più mescolati di quanto capita solitamente nei fumetti. Emanuele era il responsabile delle parole e io del disegno. Anche se poi, come succede tra uno sceneggiatore e un regista, la collaborazione porta a ruoli non ben definibili. Indubbiamente lui era responsabile delle parole: ma a volte le cose si mescolavano, poteva essere lui a suggerire delle immagini o viceversa".
Avete fatto altre collaborazioni dello stesso genere?
"Abbiamo fatto molte cose per 'Linus' e poi per 12 anni una pagina di satira politica su 'L'espresso,' le 'Cronache dal palazzo'. Su 'Linus' invece avevamo un personaggio che si chiamava dottor Rigolo. Il Rigolo è un ristorante milanese molto noto che si trova vicino al 'Corriere della Sera', e il dottor Rigolo era il direttore di un grande quotidiano..."
Come vi eravate conosciuti?
"Ci siamo incrociati per la prima volta negli anni Sessanta a Parma a una mostra di Guttuso. Io ero un visitatore, Emanuele si occupava dell'ufficio stampa: eravamo due ragazzini. Lì qualcuno ci ha presentati, e per una strana affinità siamo diventati amici quasi subito. Poi lui è venuto a Milano dove io già vivevo da due o tre anni e avendo io già un piccolo appartamento e una stanza quasi libera l'ho ospitato per un paio di mesi. Poi lui si è messo in cerca di un lavoro, l'ha trovato... Era venuto per fare il poeta e lo scrittore, si è ritrovato a fare il pubblicitario: ma secondo lui non c'era una grande differenza".
Pirella infatti ha anche scritto un libro sull'essere copywriter come "mestiere d'arte": non si sentiva sminuito dal fatto che le parole che inventava servissero per slogan pubblicitari.
"Infatti, ha messo nella pubblicità l'impegno di uno scrittore, di un poeta, direi. Quando lui ha fatto questa scelta io mi sono scandalizzato, l'ho molto rimproverato. Invece la sua è stata una scelta preveggente, perché il lavoro del pubblicitario è diventato sempre più importante e più complesso. E forse si deve anche a lui la complessità del lavoro pubblicitario, anche ad alcune sue campagne che sono state molto discusse, combattute. Emanuele ha fondato diverse agenzie di pubblicità: l'ultima l'ha chiamata Scuola perché voleva lasciare ai suoi allievi, a quelli che ha assunto - anche se ha avuto poco tempo - i segreti del mestiere: quello aveva imparato o inventato, i metodi che aveva elaborato nel corso degli anni".
Ma allora chi era Emanuele Pirella? Forse un poeta più che un pubblicitario...
"Aveva il grande talento di elaborare le parole, di far nascere dei concetti attraverso le parole. Quando ci capitava di lavorare insieme si potevano notare le differenti metodologie, i diversi modi di procedere dei nostri due cervelli. Il suo era un cervello fatto di parole, lui pescava lì dentro e selezionava attraverso una gigantesca biblioteca che aveva in testa. Io invece andavo avanti per immagini: due percorsi completamente diversi ma molto buffi da vedere a confronto. L'altra sua grande qualità era quella di cogliere gli avvenimenti della vita che avevamo intorno, sia politica che culturale, senza mai partecipare direttamente".
In un mondo di presenzialisti, Pirella era una persona molto discreta, vero?
"Assolutamente. Emanuele, pur facendo il salotto di Fulvia, era un personaggio che non frequentava i salotti. Pur essendoci occupati di politica, né lui né io ci siamo mai accostati a uomini politici. Aveva il talento particolare di analizzare i fatti della vita senza entrare in contatto diretto con essi. Guardava tutto da una distanza rilevante ma aveva antenne acutissime. E questo spiega una cosa che mi colpisce ancora di più adesso che se n'è andato e che tante persone mi chiedono di lui".
Quale?
"La cosa davvero singolare di Emanuele è che, per quanto fosse noto, anche qui a Milano, dove viveva, fisicamente non lo conosceva nessuno".
(Angiola Codacci Pisanelli - l'Espresso)
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