Appalti disinvolti concessi e revocati ma, dopo un anno c’è solo un cratere. Doveva essere il gioiello del dopo terremoto, il segno tangibile della ripresa. Un palazzo elegante su tre piani a forma di ellisse, con vetrate enormi, acciaio e colonnine di cemento, 1.600 metri quadrati di superficie coperta nel quartiere di Pile sulla Salaria antica est a L’Aquila. Avrebbe dovuto ospitare la nuova sede compartimentale dell’Anas dell’Abruzzo in sostituzione di quella vecchia di via XX Settembre, parzialmente lesionata dal sisma, ma dichiarata assolutamente inagibile in poche ore. Costo dell’opera 13 milioni e mezzo di euro, più un altro milione circa per la progettazione. Durata dei lavori concordata: 240 giorni. Data tassativa fissata per la consegna del manufatto: 27 aprile 2010.
Il cratere. A distanza di un anno, su quel terreno di proprietà dell’azienda delle strade non ci sono neanche le fondamenta, c’è solo un cratere. L’unico lavoro davvero completato in fretta è stato l’abbattimento di una casa cantoniera del Settecento, anch’essa leggermente toccata dai colpi del terremoto, ma buttata giù con le ruspe per far posto alla nuova super-sede. Parte degli impiegati è costretta a lavorare nei container, un’altra parte è ospitata nella caserma della Guardia di finanza a Coppito. I lavori sono fermi e chissà quando riprenderanno. E’ una brutta, bruttissima storia quella della nuova sede Anas de L’Aquila, contrassegnata da una sequela impressionante di strappi tipo Protezione Civile, in omaggio a uno strano modo di intendere l’emergenza.
La progettazione affidata a trattativa privata in deroga alle regole. L’appalto concesso ad un’associazione di imprese guidate da Maltauro di Vicenza, prima premiate con una gara condotta con procedure disinvolte, poi punite con la revoca d’imperio dell’incarico decisa dal commissario straordinario per il Compartimento dell’Abruzzo, Valerio Mele. Infine un contenzioso di carte bollate che è un ginepraio. L’incartamento ora è in evidenza sulla scrivania del presidente e direttore generale Anas, Pietro Ciucci. Per impedire che la faccenda deflagri, Ciucci è disposto a ricorrere al classico sistema della transazione, cioè quattrini che forse accontenterebbero le ditte estromesse (oltre a Maltauro, la Taddei di Poggio Picenze e la Tamagnini impianti di Perugia), ma farebbero lievitare parecchio i costi dell’opera e allungherebbero inevitabilmente i tempi di realizzazione. Il presidente Anas vorrebbe evitare soprattutto un braccio di ferro con la capofila Maltauro, società influente nell’ambito delle costruzioni, una delle 12 della Cupola Agi (Associazione Imprese Generali), ditta molto attiva nel settore delle strade. Un gruppo con un rapporto consolidato proprio con l’Anas, che punta a future concessioni autostradali e costruisce, tra l’altro, la variante Poggibonsi-Empoli e tratte di autostrade in Molise e in Sicilia per un valore di 500 milioni di euro. Un’azienda che in due anni ha moltiplicato i ricavi di due volte e mezzo, incrementato le commesse di quasi il 150 per cento e aumentato gli utili dell’82,7 %.
Il sisma. La storia comincia la notte del terremoto. Sulla base di valutazioni tecniche sbrigative la vecchia sede di via XX settembre costruita a regola d’arte negli anni Settanta viene dichiarata inagibile nonostante i danni appaiano modesti e l’edificio non venga neanche puntellato per precauzione. Subito viene affidato a trattativa privata l’incarico del valore di un milione di euro per la progettazione di una nuova sede a Vitone&Associati, uno studio di Bari ritenuto nell’ambiente Anas assai vicino alla società di ingegneria Infraterr, anch’essa di Bari, di cui è vicepresidente il padre del direttore compartimentale de L’Aquila, Angelo Mele, a sua volta legatissimo a Michele Minenna, altro barese, condirettore generale e per anni deus ex machina dell’azienda delle strade. Le regole vieterebbero a un compartimento la possibilità di affidare a trattativa privata un incarico di progettazione per un importo così considerevole, ma sull’altare dell’emergenza le regole vengono messe da parte. E si va avanti. All’inizio di luglio, in tempi record, il progetto esecutivo è pronto e viene sottoposto al consiglio di amministrazione Anas e al presidente Ciucci in quelle settimane sulla graticola perché il suo incarico sta per scadere e teme di non essere confermato. Il progetto viene approvato e finanziato con fondi Anas ed è un’altra anomalia perché in passato in casi analoghi di catastrofi naturali i quattrini li aveva sempre messi il ministero dell’Interno che poi si era riservato il diritto di controllare i lavori.
Il blocco. Sull’area scelta per la nuova sede c’è una casa cantoniera del Settecento ristrutturata da poco e abitata da due alti funzionari Anas de L’Aquila che intralcia il progetto. Viene dichiarata pericolante anch’essa e spianata in quattro e quattr’otto. A quel punto tutto sarebbe pronto per far partire i lavori che però non partono perché l’associazione d’impresa di Maltauro propone una variante preparata dai propri tecnici. E’ una mossa dirompente in quanto rischia di estromettere lo studio Vitone dalle lucrose fasi successive di progettazione. Il capo compartimento va su tutte le furie e impone una rescissione unilaterale del contratto. La cordata Maltauro viene estromessa, ma non si rassegna e impugna l’atto di esclusione. Interviene il presidente Ciucci per raffreddare gli animi, ma è tardi: da fiore all’occhiello del dopo terremoto, la supersede Anas si è trasformata in una mina vagante.
(da Daniele Martini - Il Fatto)
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