Quest’anno la riflessione sulla Resistenza verterà su quella fase finale della lotta di liberazione che vede le bande organizzate in montagna trasformarsi in un vero e proprio esercito e scendere nelle città a dare il colpo di grazia alle truppe nazi-fasciste, ormai allo sbando, ma anche, soprattutto, organizzare una nuova democrazia. Nella primavera–estate del 1944 questo processo raggiunge la sua piena maturità e gli effetti non tardano a farsi sentire.
LE REPUBBLICHE PARTIGIANE - Nello spazio di tempo che corre tra l’aprile ed il maggio 1944, i rapporti dei repubblichini e dei loro alleati tedeschi, relativamente ad azioni militari partigiane, crescono a ritmo vertiginoso. Gli sforzi dei patrioti vengono concentrati nel settore appenninico verso il quale sta lentamente avanzando il fronte alleato e lungo le grandi linee di comunicazione utilizzate dall’esercito tedesco.
All’inizio dell’estate i presidi fascisti e tedeschi della Val di Nure, della Val d’Arda (PC), della Val di Taro (PR) e dell’appennino reggiano e modenese vengono espugnati uno a uno dai partigiani. La ferrovia Parma-La Spezia viene interrotta e così pure le comunicazioni tra l’Emilia, la Toscana e la Liguria: i patrioti in armi controllano tutti i passi dell’Appennino, dall'Abetone alla Cisa, dopo solo un mese di combattimenti. L’alto comando tedesco decide allora di scatenare una vera e propria guerra contro quelli che, ritenuti ancora un gruppo di banditi straccioni, si era rivelato un vero e proprio efficientissimo esercito. Per condurre questa guerra i nazifascisti impiegano ben 25.000 uomini che si abbattono come una valanga sul settore della Cisa e del piacentino. Il loro obiettivo è distruggere la repubblica di Montefiorino, situata a cavallo di due strade statali di enorme importanza, presidiata da 6.000 partigiani modenesi e da 2.000 reggiani, che senza aspettare la fine della guerra avevano già istituito un’amministrazione democratica.
La repubblica di Montefiorino non fu certamente l’unica zona libera creata dai patrioti. Queste “oasi di libertà in territorio nemico”, come le definì Luigi Longo, furono all’incirca una quindicina. Furono particolarmente numerose in Piemonte: Valsesia, Val d’Ossola, Langhe, Val di Lanzo, di Stura, Maira, Varaita, Astigiano e molte altre, mentre in Lombardia compresero l’Oltrepo pavese, in Liguria la repubblica di Torriglia, tra le provincie di Genova e Piacenza, e l’entroterra tra Savona e Sanremo, nel Veneto l’altopiano del Cansiglio, la Carnia e buona parte del Friuli. Un modo di vivere democratico rinasce spontaneamente in queste zone: furono i delegati civili designati dai comandi partigiani, che organizzano come e dove possono l’elezione degli organismi di autogoverno o, d’accordo con la popolazione, incaricano uomini universalmente stimati di assumere provvisoriamente le funzioni di amministratori delle comunità liberate. La documentazione, basata sui rapporti presentati dai delegati civili dovrebbero essere attualmente custodita negli archivi della Presidenza del Consiglio.
Nel comune di Serralunga nelle Langhe viene invece nominata una giunta provvisoria nella cui composizione si tiene conto del rapporto numerico esistente tra i vari strati della popolazione. Sarà una giunta di rappresentanti di categoria, così suddivisi: un intellettuale, tre contadini proprietari, due contadini mezzadri, un commerciante, un operaio ed un artigano. A Usseglio in Val di Lanzo si usa un altro criterio ancora: “la giunta di Usseglio si compone di un mutilato di guerra, di professione contadino, ben visto dalla popolazione per la sua onestà e rettitudine; del segretario comunale, di un commerciante, di un agricoltore e di un margaro”.
A Gallo d’Alba: “La sera del 21 ottobre 1944 fu indetta una riunione popolare nella sala del Teatro Cinema parrocchiale. Il delegato civile della 6° Divisione Garibaldi parlò alla popolazione del significato che le elezioni hanno nella rinascita nazionale e sui problemi che esse sono chiamate a risolvere d’urgenza, iniziando in tal modo la riconquista da parte del popolo di quel potere di amministrazione che il fascismo gli aveva tolto. Accennò anche ai problemi dell’educazione della generazione nuova e a quelli della nazione fra i liberi popoli d’Europa. “...il successivo giorno 22 ottobre furono designati gli scrutatori, e l’82% della popolazione affluì alle urne. Lo scrutinio avvenne alla presenza di numeroso pubblico…”
Il 10 settembre del 1944 viene insediato il governo provvisorio dell’Ossola, sgomberata dai nazifascisti dopo una fortunosa azione partigiana che consentì anche la liberazione di Domodossola, e il 26 settembre si costituisce anche il libero governo della Carnia. Fino al momento in cui queste zone libere verranno sommerse dalla potente controffensiva dei nazifascisti che non possono tollerare che esistano basi partigiane di tanta importanza i governi popolari provvederanno agli approvvigionamenti alla sanità pubblica, al funzionamento delle fabbriche, alla riapertura delle scuole.
Nasceva così, in nuce, un’Italia nuova, che, nonostante gli anni di dittatura, trovava la forza di reinventarsi la democrazia. Oggi, in un momento così grave di crisi, dovremmo guardare a questi esempi come la premessa di un risveglio nazionale democratico che, per quanto si tenti in tutti i modi di affossare, finirà per imporsi e per vincere così come si è imposto ed ha vinto ai tempi oscuri dell’occupazione nazifascista, perchè la libertà e la democrazia non si difendono solo a parole, con proclami o slogan, e nemmeno solo col fucile, come nei momenti della Resistenza contro l’oppressione fascista, quando, appunto per difendere e riconquistare entrambe, non restava che imbracciare il fucile: la libertà, quella vera, fatta di regole condivise e rispettate, la democrazia “reale”, si conquistano con l’unità d’intenti, col confronto civile, con l’impegno, e si difendono giorno per giorno, mai una volta per tutte.
La Resistenza nella sua maturità aveva ormai acquistato una tale capacità politica, oltre che militare, da ottenere - nonostante le spietate rappresaglie ordinate dai nazifascisti un tale appoggio da parte della popolazione - non solo di precedere gli alleati nell’aprile del '45 nella liberazione delle grandi città e vaste regioni, ma anche di presentare al loro arrivo una efficiente amministrazione democratica già insediata e funzionante. Sintomatico, nel quadro di questa grande svolta, quanto accadde a Firenze, dove le forze partigiane hanno occupato e ripulito quasi totalmente la città dagli invasori tre giorni prima dell’arrivo degli anglo-americani, ignorando l’ordine del comando alleato di “attendere ancora due giorni”. Quando gli alleati entrano in Firenze il 13 agosto 1944 hanno la sorpresa di trovare già insediate le autorità di governo designate dal CLN e addirittura un Sindaco democratico, il socialista Terracini. L’ordine è perfetto: Firenze comincia rapidamente a rinascere e a vivere. Nonostante la diffidenza iniziale, il Times è costretto ad ammettere l’efficienza dell’amministrazione democratica di Firenze, sottolineando il fatto che “...la città è stata il teatro di un esperimento spontaneo di auto governo che avrà un’importanza considerevole per determinare quale sarà il sistema politico che in definitiva, prenderà il posto del fascismo...” e che ”...Firenze è stata la prima città in cui il Comitato di Liberazione Nazionale si era già insediato prima che giungessero gli alleati…”
Alla fine del ’44 i giorni della dominazione nazifascista in Italia erano contati, anche quando i nazisti riescono ancora, in zone di grande importanza strategica, ad aver ragione dei Patrioti, possono farlo solo con l’impiego di unità e di mezzi molto potenti, a prezzo di grandissime perdite e con risultati quasi nulli. Tipico il caso del Colle della Maddalena dove i nazisti, per ristabilire i contatti con la Francia, sono costretti a scagliare l’intera 90° divisione granatieri corazzati - 8.000 uomini potentemente armati, accompagnati da carri armati e autoblindo -, contro i 450 ragazzi della “Rosselli”. I nazisti rimangono inchiodati nelle valli per settimane, hanno centinaia di morti e feriti. Sull’esempio di Firenze, le città dell’Emilia e del nord non aspetteranno l’arrivo degli alleati e si libereranno ed organizzeranno democraticamente da sole con l’aiuto dei Partigiani scesi dalle montagne.
Quest’anno vorrei concludere con una riflessione, quello che probabilmente direi a mio figlio come premessa, prima di raccontargli della Resistenza. E’ il terzo movimento di un’opera di Bertold Brecht.
Pasionaria
LE REPUBBLICHE PARTIGIANE - Nello spazio di tempo che corre tra l’aprile ed il maggio 1944, i rapporti dei repubblichini e dei loro alleati tedeschi, relativamente ad azioni militari partigiane, crescono a ritmo vertiginoso. Gli sforzi dei patrioti vengono concentrati nel settore appenninico verso il quale sta lentamente avanzando il fronte alleato e lungo le grandi linee di comunicazione utilizzate dall’esercito tedesco.
All’inizio dell’estate i presidi fascisti e tedeschi della Val di Nure, della Val d’Arda (PC), della Val di Taro (PR) e dell’appennino reggiano e modenese vengono espugnati uno a uno dai partigiani. La ferrovia Parma-La Spezia viene interrotta e così pure le comunicazioni tra l’Emilia, la Toscana e la Liguria: i patrioti in armi controllano tutti i passi dell’Appennino, dall'Abetone alla Cisa, dopo solo un mese di combattimenti. L’alto comando tedesco decide allora di scatenare una vera e propria guerra contro quelli che, ritenuti ancora un gruppo di banditi straccioni, si era rivelato un vero e proprio efficientissimo esercito. Per condurre questa guerra i nazifascisti impiegano ben 25.000 uomini che si abbattono come una valanga sul settore della Cisa e del piacentino. Il loro obiettivo è distruggere la repubblica di Montefiorino, situata a cavallo di due strade statali di enorme importanza, presidiata da 6.000 partigiani modenesi e da 2.000 reggiani, che senza aspettare la fine della guerra avevano già istituito un’amministrazione democratica.
La repubblica di Montefiorino non fu certamente l’unica zona libera creata dai patrioti. Queste “oasi di libertà in territorio nemico”, come le definì Luigi Longo, furono all’incirca una quindicina. Furono particolarmente numerose in Piemonte: Valsesia, Val d’Ossola, Langhe, Val di Lanzo, di Stura, Maira, Varaita, Astigiano e molte altre, mentre in Lombardia compresero l’Oltrepo pavese, in Liguria la repubblica di Torriglia, tra le provincie di Genova e Piacenza, e l’entroterra tra Savona e Sanremo, nel Veneto l’altopiano del Cansiglio, la Carnia e buona parte del Friuli. Un modo di vivere democratico rinasce spontaneamente in queste zone: furono i delegati civili designati dai comandi partigiani, che organizzano come e dove possono l’elezione degli organismi di autogoverno o, d’accordo con la popolazione, incaricano uomini universalmente stimati di assumere provvisoriamente le funzioni di amministratori delle comunità liberate. La documentazione, basata sui rapporti presentati dai delegati civili dovrebbero essere attualmente custodita negli archivi della Presidenza del Consiglio.
Nel comune di Serralunga nelle Langhe viene invece nominata una giunta provvisoria nella cui composizione si tiene conto del rapporto numerico esistente tra i vari strati della popolazione. Sarà una giunta di rappresentanti di categoria, così suddivisi: un intellettuale, tre contadini proprietari, due contadini mezzadri, un commerciante, un operaio ed un artigano. A Usseglio in Val di Lanzo si usa un altro criterio ancora: “la giunta di Usseglio si compone di un mutilato di guerra, di professione contadino, ben visto dalla popolazione per la sua onestà e rettitudine; del segretario comunale, di un commerciante, di un agricoltore e di un margaro”.
A Gallo d’Alba: “La sera del 21 ottobre 1944 fu indetta una riunione popolare nella sala del Teatro Cinema parrocchiale. Il delegato civile della 6° Divisione Garibaldi parlò alla popolazione del significato che le elezioni hanno nella rinascita nazionale e sui problemi che esse sono chiamate a risolvere d’urgenza, iniziando in tal modo la riconquista da parte del popolo di quel potere di amministrazione che il fascismo gli aveva tolto. Accennò anche ai problemi dell’educazione della generazione nuova e a quelli della nazione fra i liberi popoli d’Europa. “...il successivo giorno 22 ottobre furono designati gli scrutatori, e l’82% della popolazione affluì alle urne. Lo scrutinio avvenne alla presenza di numeroso pubblico…”
Il 10 settembre del 1944 viene insediato il governo provvisorio dell’Ossola, sgomberata dai nazifascisti dopo una fortunosa azione partigiana che consentì anche la liberazione di Domodossola, e il 26 settembre si costituisce anche il libero governo della Carnia. Fino al momento in cui queste zone libere verranno sommerse dalla potente controffensiva dei nazifascisti che non possono tollerare che esistano basi partigiane di tanta importanza i governi popolari provvederanno agli approvvigionamenti alla sanità pubblica, al funzionamento delle fabbriche, alla riapertura delle scuole.
Nasceva così, in nuce, un’Italia nuova, che, nonostante gli anni di dittatura, trovava la forza di reinventarsi la democrazia. Oggi, in un momento così grave di crisi, dovremmo guardare a questi esempi come la premessa di un risveglio nazionale democratico che, per quanto si tenti in tutti i modi di affossare, finirà per imporsi e per vincere così come si è imposto ed ha vinto ai tempi oscuri dell’occupazione nazifascista, perchè la libertà e la democrazia non si difendono solo a parole, con proclami o slogan, e nemmeno solo col fucile, come nei momenti della Resistenza contro l’oppressione fascista, quando, appunto per difendere e riconquistare entrambe, non restava che imbracciare il fucile: la libertà, quella vera, fatta di regole condivise e rispettate, la democrazia “reale”, si conquistano con l’unità d’intenti, col confronto civile, con l’impegno, e si difendono giorno per giorno, mai una volta per tutte.
La Resistenza nella sua maturità aveva ormai acquistato una tale capacità politica, oltre che militare, da ottenere - nonostante le spietate rappresaglie ordinate dai nazifascisti un tale appoggio da parte della popolazione - non solo di precedere gli alleati nell’aprile del '45 nella liberazione delle grandi città e vaste regioni, ma anche di presentare al loro arrivo una efficiente amministrazione democratica già insediata e funzionante. Sintomatico, nel quadro di questa grande svolta, quanto accadde a Firenze, dove le forze partigiane hanno occupato e ripulito quasi totalmente la città dagli invasori tre giorni prima dell’arrivo degli anglo-americani, ignorando l’ordine del comando alleato di “attendere ancora due giorni”. Quando gli alleati entrano in Firenze il 13 agosto 1944 hanno la sorpresa di trovare già insediate le autorità di governo designate dal CLN e addirittura un Sindaco democratico, il socialista Terracini. L’ordine è perfetto: Firenze comincia rapidamente a rinascere e a vivere. Nonostante la diffidenza iniziale, il Times è costretto ad ammettere l’efficienza dell’amministrazione democratica di Firenze, sottolineando il fatto che “...la città è stata il teatro di un esperimento spontaneo di auto governo che avrà un’importanza considerevole per determinare quale sarà il sistema politico che in definitiva, prenderà il posto del fascismo...” e che ”...Firenze è stata la prima città in cui il Comitato di Liberazione Nazionale si era già insediato prima che giungessero gli alleati…”
Alla fine del ’44 i giorni della dominazione nazifascista in Italia erano contati, anche quando i nazisti riescono ancora, in zone di grande importanza strategica, ad aver ragione dei Patrioti, possono farlo solo con l’impiego di unità e di mezzi molto potenti, a prezzo di grandissime perdite e con risultati quasi nulli. Tipico il caso del Colle della Maddalena dove i nazisti, per ristabilire i contatti con la Francia, sono costretti a scagliare l’intera 90° divisione granatieri corazzati - 8.000 uomini potentemente armati, accompagnati da carri armati e autoblindo -, contro i 450 ragazzi della “Rosselli”. I nazisti rimangono inchiodati nelle valli per settimane, hanno centinaia di morti e feriti. Sull’esempio di Firenze, le città dell’Emilia e del nord non aspetteranno l’arrivo degli alleati e si libereranno ed organizzeranno democraticamente da sole con l’aiuto dei Partigiani scesi dalle montagne.
Quest’anno vorrei concludere con una riflessione, quello che probabilmente direi a mio figlio come premessa, prima di raccontargli della Resistenza. E’ il terzo movimento di un’opera di Bertold Brecht.
A coloro che verranno
Voi, emersi dai gorghi che ci travolsero,
Quando parlerete delle nostre debolezze
Pensate
Anche ai tempi bui cui siete scampati!
Andavamo noi, cambiando più spesso paese che scarpe,
Attraverso la guerra di classe,
Disperati,
Quando c’era solo ingiustizia, e nessun riscatto
Eppure lo sappiamo,
Anche l’odio per la bassezza stravolge il viso,
E la rabbia contro l’ingiustizia fa roca la voce!
Ah noi, che volemmo approntare il mondo alla gentilezza,
Noi, che non potemmo essere gentili!
Ma voi, quando sarà il tempo
Che l’uomo sia d’aiuto all’uomo,
Pensate a noi con indulgenza.
Voi, emersi dai gorghi che ci travolsero,
Quando parlerete delle nostre debolezze
Pensate
Anche ai tempi bui cui siete scampati!
Andavamo noi, cambiando più spesso paese che scarpe,
Attraverso la guerra di classe,
Disperati,
Quando c’era solo ingiustizia, e nessun riscatto
Eppure lo sappiamo,
Anche l’odio per la bassezza stravolge il viso,
E la rabbia contro l’ingiustizia fa roca la voce!
Ah noi, che volemmo approntare il mondo alla gentilezza,
Noi, che non potemmo essere gentili!
Ma voi, quando sarà il tempo
Che l’uomo sia d’aiuto all’uomo,
Pensate a noi con indulgenza.
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