Gli affari con la Marcegaglia, la campagna acquisti in Sardegna, i ricchi compensi: business e conflitto di interessi di Caputi. Nel mirino di pm e Bankitalia
Chi controlla l'Arsenale dell'isola della Maddalena? Chi ha messo le mani sulla vecchia struttura militare rinnovata a spese dello Stato, e a cura della Protezione civile di Guido Bertolaso, per farne un polo turistico con albergo, ristoranti, sala conferenze e centinaia di posti barca? Chi ha vinto davvero questo bingo multimilionario al centro nei mesi scorsi delle inchieste giudiziarie sulla cosiddetta cricca degli appalti, ovvero la premiata ditta Angelo Balducci & C? Tutto fa capo a Mita Resort, una società guidata e controllata dalla presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia. Questo almeno è quanto raccontano decine di comunicati ufficiali. Che, però, illuminano solo una parte della realtà. Restano nell'ombra scambi azionari, intrecci di quote societarie, ricchi compensi e incarichi professionali.
È una storia ancora tutta da raccontare. Una storia importante. Se non altro perché Mita Resort è stata protagonista di un'operazione a dir poco fortunata. Come noto, infatti, la società guidata dalla numero uno di Confindustria si è aggiudicata la gestione dell'Arsenale a prezzi di saldo: 31 milioni una tantum alla Protezione civile per una concessione di 40 anni. E appena 60 mila euro all'anno di canone alla Regione Sardegna, che dovrà accollarsi anche 400 mila euro annui di Ici sulla struttura. (...non c'è che dire... per essere Cappellacci - governatore della Regione Sardegna - il figlio del commercialista sardo di papi, i conti non li ha fatti molto bene. O forse si... NdR)
Marcegaglia brinda a champagne, ma non è l'unica. Al suo fianco, con una quota vicina al 10 per cento della Mita Resort, spunta un socio che ha scelto di restare nell'ombra. Le sue azioni risultano intestate alla Aletti Fiduciaria. Insomma: uno schermo, una copertura. (...non vorrei sbagliare, ma Aletti mi ricorda il cognome di Urbano Aletti, pregiata ditta di agenti di borsa (Urbano Aletti era il Presidente dell'associazione degli Agenti di Borsa di Milano durante gli anni della Milano da bere. NdR)
Una soluzione poco trasparente per una società come la Mita Resort che ha partecipato a una gara pubblica, quella per la gestione del Nuovo Arsenale, e ha di fatto beneficiato di fondi dello Stato per decine di milioni. D'altra parte l'assetto proprietario della società guidata dalla presidente di Confindustria appare già di per sé piuttosto complicato. Vediamo. La Gaia Turismo, una holding controllata dalla famiglia Marcegaglia, possiede una quota del 50 per cento di Mita Resort. Il resto del capitale è intestato alla Olli Resorts che ha come socio principale Massimo Caputi, un uomo d'affari dal lungo curriculum e dalle mille relazioni nel mondo della finanza, scivolato di recente su un paio di bucce di banana. Da oltre un anno si trova al centro di un'inchiesta della Procura di Milano con varie ipotesi di reato, tra cui riciclaggio, e nel frattempo lo marca stretto anche la vigilanza di Banca d'Italia per qualche (presunta) acrobazia di troppo nella gestione di alcuni fondi immobiliari.
Caputi possiede il 72,8 per cento di Olli Resort ed è affiancato, con una quota del 17,2 per cento, da Andrea Donà delle Rose, un manager-investitore che qualche tempo fa ha dato la scalata alla Marzotto. E il misterioso azionista rappresentato dalla Aletti fiduciaria? Per lui hanno aggiunto un posto a tavola sia Marcegaglia sia Caputi. Infatti, il socio senza volto possiede il 9 per cento di Gaia e una quota analoga di Olli Resorts.
La cordata di investitori ha preso una rincorsa lunga. Prima di approdare a La Maddalena ha fatto tappa nel 2007 sulla costa meridionale della Sardegna. Con un'operazione da svariate decine di milioni di euro è così finita sotto le insegne di Mita la gestione del Forte Village di Pula. E cioè otto alberghi, una ventina di ristoranti, un centro commerciale da 20 negozi in quello che viene considerato uno dei resort turistici più lussuosi del Mediterraneo, meta agostana di ricconi d'ogni sorta, dai nababbi russi ai calciatori in trasferta dalla Costa Smeralda. Un bel colpo per Marcegaglia e soci che hanno conquistato un business da oltre 70 milioni di giro d'affari all'anno. Ci sono riusciti grazie ai prestiti per 70 milioni di euro di due banche di prima grandezza come Intesa e Monte dei Paschi (insomma, di loro non hanno tirato fuori un euri. NdR).
A ben guardare, però, tutto l'affare ruota attorno a Caputi, che finisce per recitare più ruoli in commedia. Una corsa a perdifiato sul filo del conflitto d'interessi tra fondi d'investimento, istituti di credito, società personali. Si comincia nella tarda primavera del 2007. A quell'epoca il Forte Village è proprietà della Lehman Brothers, la grande banca d'affari americana che di lì a un anno finirà per essere travolta dalla crisi finanziaria. Caputi conosce bene i managers italiani del gruppo statunitense. Con il loro aiuto ha già concluso alcuni affari in passato. E anche con Emma Marcegaglia i rapporti sono più che buoni. Sin da quando, un paio di anni prima, l'attivissimo manager immobiliare, all'epoca alla guida della società di stato Sviluppo Italia, aveva coinvolto la futura presidente di Confindustria in alcuni investimenti in campo turistico.
Tutto pronto allora, si parte. Lehman vende il resort di lusso e anche la società che lo gestisce, cioè Mita Resort. Chi compra? Il primo finisce per 210 milioni di euro a tre fondi immobiliari amministrati da Caputi tramite la Fimit. Come dire che i soldi ce li mettono in parte (40 per cento) migliaia di investitori e il resto le banche. Mita Resort invece passa alla cordata della Marcegaglia. Anche qui è decisivo il ruolo degli istituti di credito, in testa il Monte dei Paschi di Siena, che finanziano l'operazione con 72 milioni di euro e a garanzia dei loro crediti ricevono in pegno l'intero capitale della società. Il crocevia di tutto, il vero garante dell'operazione è però Caputi. È lui che manovra i fondi immobiliari che possiedono il Forte Village e allo stesso tempo è azionista importante della società che lo gestisce.
In altre parole la medesima persona, cioè Caputi, sarebbe chiamata a fare gli interessi degli investitori, chiedendo il canone più alto possibile, e allo stesso tempo, come azionista in proprio della società locataria, dovrebbe puntare al ribasso dell'affitto. C'è di più. Caputi, ancora lui, è legato a doppio filo al Monte dei Paschi, la principale banca finanziatrice dell'operazione, di cui è stato per anni consigliere d'amministrazione e poi gestore di alcune controllate. Insomma, un groviglio di interessi in conflitto tra loro che finisce per rendere ben poco trasparente tutta l'operazione. A maggior ragione se si considera che la Fimit, la società di gestione dei fondi immobiliari, paga ogni anno commissioni milionarie a una società personale di Caputi.
Niente paura: arriva comunque il lieto fine. Nell'estate 2007 Mita Resort sbarca al Forte village inaugurando la campagna acquisti che l'avrebbe portata fino a La Maddalena. E allora sarà anche per tanto impegno personale che alla fine del 2008 gli amministratori della società turistica, Marcegaglia in testa, hanno deciso di staccare un assegno da 500 mila euro a favore del vicepresidente Caputi. Mica male. Soprattutto se si considera che il resto del consiglio di amministrazione ha incassato compensi poco più che simbolici.
Tutti felici e contenti? Non proprio, perché Caputi finisce nel tunnel delle indagini di magistratura e Banca d'Italia. Sarà forse anche per questo che ai primi di febbraio il manager ha rassegnato le dimissioni dall'incarico di vicepresidente di Mita Resort. Ancora pochi giorni e l'Arsenale della Maddalena, con i suoi costosissimi lavori di ristrutturazione, finisce al centro dell'indagine su Bertolaso e i suoi amici.
(dI Vittorio Malagutti - l'Espresso)
Chi controlla l'Arsenale dell'isola della Maddalena? Chi ha messo le mani sulla vecchia struttura militare rinnovata a spese dello Stato, e a cura della Protezione civile di Guido Bertolaso, per farne un polo turistico con albergo, ristoranti, sala conferenze e centinaia di posti barca? Chi ha vinto davvero questo bingo multimilionario al centro nei mesi scorsi delle inchieste giudiziarie sulla cosiddetta cricca degli appalti, ovvero la premiata ditta Angelo Balducci & C? Tutto fa capo a Mita Resort, una società guidata e controllata dalla presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia. Questo almeno è quanto raccontano decine di comunicati ufficiali. Che, però, illuminano solo una parte della realtà. Restano nell'ombra scambi azionari, intrecci di quote societarie, ricchi compensi e incarichi professionali.
È una storia ancora tutta da raccontare. Una storia importante. Se non altro perché Mita Resort è stata protagonista di un'operazione a dir poco fortunata. Come noto, infatti, la società guidata dalla numero uno di Confindustria si è aggiudicata la gestione dell'Arsenale a prezzi di saldo: 31 milioni una tantum alla Protezione civile per una concessione di 40 anni. E appena 60 mila euro all'anno di canone alla Regione Sardegna, che dovrà accollarsi anche 400 mila euro annui di Ici sulla struttura. (...non c'è che dire... per essere Cappellacci - governatore della Regione Sardegna - il figlio del commercialista sardo di papi, i conti non li ha fatti molto bene. O forse si... NdR)
Marcegaglia brinda a champagne, ma non è l'unica. Al suo fianco, con una quota vicina al 10 per cento della Mita Resort, spunta un socio che ha scelto di restare nell'ombra. Le sue azioni risultano intestate alla Aletti Fiduciaria. Insomma: uno schermo, una copertura. (...non vorrei sbagliare, ma Aletti mi ricorda il cognome di Urbano Aletti, pregiata ditta di agenti di borsa (Urbano Aletti era il Presidente dell'associazione degli Agenti di Borsa di Milano durante gli anni della Milano da bere. NdR)
Una soluzione poco trasparente per una società come la Mita Resort che ha partecipato a una gara pubblica, quella per la gestione del Nuovo Arsenale, e ha di fatto beneficiato di fondi dello Stato per decine di milioni. D'altra parte l'assetto proprietario della società guidata dalla presidente di Confindustria appare già di per sé piuttosto complicato. Vediamo. La Gaia Turismo, una holding controllata dalla famiglia Marcegaglia, possiede una quota del 50 per cento di Mita Resort. Il resto del capitale è intestato alla Olli Resorts che ha come socio principale Massimo Caputi, un uomo d'affari dal lungo curriculum e dalle mille relazioni nel mondo della finanza, scivolato di recente su un paio di bucce di banana. Da oltre un anno si trova al centro di un'inchiesta della Procura di Milano con varie ipotesi di reato, tra cui riciclaggio, e nel frattempo lo marca stretto anche la vigilanza di Banca d'Italia per qualche (presunta) acrobazia di troppo nella gestione di alcuni fondi immobiliari.
Caputi possiede il 72,8 per cento di Olli Resort ed è affiancato, con una quota del 17,2 per cento, da Andrea Donà delle Rose, un manager-investitore che qualche tempo fa ha dato la scalata alla Marzotto. E il misterioso azionista rappresentato dalla Aletti fiduciaria? Per lui hanno aggiunto un posto a tavola sia Marcegaglia sia Caputi. Infatti, il socio senza volto possiede il 9 per cento di Gaia e una quota analoga di Olli Resorts.
La cordata di investitori ha preso una rincorsa lunga. Prima di approdare a La Maddalena ha fatto tappa nel 2007 sulla costa meridionale della Sardegna. Con un'operazione da svariate decine di milioni di euro è così finita sotto le insegne di Mita la gestione del Forte Village di Pula. E cioè otto alberghi, una ventina di ristoranti, un centro commerciale da 20 negozi in quello che viene considerato uno dei resort turistici più lussuosi del Mediterraneo, meta agostana di ricconi d'ogni sorta, dai nababbi russi ai calciatori in trasferta dalla Costa Smeralda. Un bel colpo per Marcegaglia e soci che hanno conquistato un business da oltre 70 milioni di giro d'affari all'anno. Ci sono riusciti grazie ai prestiti per 70 milioni di euro di due banche di prima grandezza come Intesa e Monte dei Paschi (insomma, di loro non hanno tirato fuori un euri. NdR).
A ben guardare, però, tutto l'affare ruota attorno a Caputi, che finisce per recitare più ruoli in commedia. Una corsa a perdifiato sul filo del conflitto d'interessi tra fondi d'investimento, istituti di credito, società personali. Si comincia nella tarda primavera del 2007. A quell'epoca il Forte Village è proprietà della Lehman Brothers, la grande banca d'affari americana che di lì a un anno finirà per essere travolta dalla crisi finanziaria. Caputi conosce bene i managers italiani del gruppo statunitense. Con il loro aiuto ha già concluso alcuni affari in passato. E anche con Emma Marcegaglia i rapporti sono più che buoni. Sin da quando, un paio di anni prima, l'attivissimo manager immobiliare, all'epoca alla guida della società di stato Sviluppo Italia, aveva coinvolto la futura presidente di Confindustria in alcuni investimenti in campo turistico.
Tutto pronto allora, si parte. Lehman vende il resort di lusso e anche la società che lo gestisce, cioè Mita Resort. Chi compra? Il primo finisce per 210 milioni di euro a tre fondi immobiliari amministrati da Caputi tramite la Fimit. Come dire che i soldi ce li mettono in parte (40 per cento) migliaia di investitori e il resto le banche. Mita Resort invece passa alla cordata della Marcegaglia. Anche qui è decisivo il ruolo degli istituti di credito, in testa il Monte dei Paschi di Siena, che finanziano l'operazione con 72 milioni di euro e a garanzia dei loro crediti ricevono in pegno l'intero capitale della società. Il crocevia di tutto, il vero garante dell'operazione è però Caputi. È lui che manovra i fondi immobiliari che possiedono il Forte Village e allo stesso tempo è azionista importante della società che lo gestisce.
In altre parole la medesima persona, cioè Caputi, sarebbe chiamata a fare gli interessi degli investitori, chiedendo il canone più alto possibile, e allo stesso tempo, come azionista in proprio della società locataria, dovrebbe puntare al ribasso dell'affitto. C'è di più. Caputi, ancora lui, è legato a doppio filo al Monte dei Paschi, la principale banca finanziatrice dell'operazione, di cui è stato per anni consigliere d'amministrazione e poi gestore di alcune controllate. Insomma, un groviglio di interessi in conflitto tra loro che finisce per rendere ben poco trasparente tutta l'operazione. A maggior ragione se si considera che la Fimit, la società di gestione dei fondi immobiliari, paga ogni anno commissioni milionarie a una società personale di Caputi.
Niente paura: arriva comunque il lieto fine. Nell'estate 2007 Mita Resort sbarca al Forte village inaugurando la campagna acquisti che l'avrebbe portata fino a La Maddalena. E allora sarà anche per tanto impegno personale che alla fine del 2008 gli amministratori della società turistica, Marcegaglia in testa, hanno deciso di staccare un assegno da 500 mila euro a favore del vicepresidente Caputi. Mica male. Soprattutto se si considera che il resto del consiglio di amministrazione ha incassato compensi poco più che simbolici.
Tutti felici e contenti? Non proprio, perché Caputi finisce nel tunnel delle indagini di magistratura e Banca d'Italia. Sarà forse anche per questo che ai primi di febbraio il manager ha rassegnato le dimissioni dall'incarico di vicepresidente di Mita Resort. Ancora pochi giorni e l'Arsenale della Maddalena, con i suoi costosissimi lavori di ristrutturazione, finisce al centro dell'indagine su Bertolaso e i suoi amici.
(dI Vittorio Malagutti - l'Espresso)
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