(di Massimo Giannini - Repubblica)
Il fallimento di un'illusione. È l'unica cosa che si può dire, di fronte al duello rusticano che si consuma tra Berlusconi e Fini nella direzione del Pdl trasformata in arena. Chi pensava ad un compromesso doroteo, tra il fondatore e il co-fondatore, non ha capito la portata di questa clamorosa rottura, che a questo punto non è più solo politica, ma è anche fisica. In una sorta di seduta di autoanalisi individuale, ma celebrata collettivamente di fronte alle telecamere televisive e alle agguerrite fazioni del Popolo delle Libertà, il presidente del Consiglio e il presidente della Camera si rivolgono minacce e anatemi, si rinfacciano tradimenti e bugie, si rimpallano accuse e veleni. In un inquietante crescendo di rancori personali e di livori politici, si "sbranano" come belve nel circo mediatico, dandosi in pasto alla platea degli uditori e degli elettori.
In sostanza: officiano le esequie del Pdl, almeno nella formula conosciuta dai tempi della "rivoluzione del Predellino". Sul piano politico, nessuno dei due fa retromarce. Non le fa Berlusconi, che liquida le istanze di Fini come "questioni di poca importanza", che "non valeva la pena" sollevare, di fronte a un partito che governa magnificamente il Paese e continua a vincere tutte le elezioni. Non le fa Fini, che rilancia le sue contestazioni al premier su tutta la linea, dall'immigrazione alla prescrizione breve, dall'organizzazione del partito alle scelte sulla Sicilia, dalla sudditanza psicologica nei confronti della Lega al caos delle liste per le regionali. La rappresentazione plastica di questo scontro dimostra l'irriducibile inconciliabilità non solo delle posizioni congiunturali, ma delle ispirazioni strutturali dei due contendenti.
Berlusconi parla una lingua, Fini ne parla un'altra. Non sono più neanche due diverse idee della destra, ma sono piuttosto due differenti universi politico-culturali. Da quello che si vede nel feroce lavacro della direzione, non possono coesistere, ma solo confliggere. Ma la novità è che la frattura avviene anche sul piano personale. Quando ci si parla evocando le categoria del tradimento, della menzogna, della mala fede, del sabotaggio, si supera un confine dal quale è impossibile tornare indietro. E questo succede, tra Berlusconi e Fini. Il primo lo apostrofa, intimandogli di lasciare il suo incarico di presidente della Camera, se vuole continuare nel suo inutile e dannoso "contrappunto quotidiano". Il secondo gli replica a brutto muso, con un provocatorio "mi cacci?". Non siamo più alla dialettica tra i leader, ma agli insulti tra le persone. La resa dei conti trascende la validità dei ragionamenti e prescinde dalla contabilità dei numeri.
Non è più importante capire quanto dica il vero Berlusconi, o quante divisioni abbia Fini. Bisogna solo prendere atto che il progetto del Popolo delle Libertà, appunto, è ormai fallito. E non poteva essere che così. Il fallimento era contenuto nel suo atto di nascita, che aveva fotografato subito la distanza ontologica, e incolmabile, tra le due anime del "nuovo" centrodestra.
L'illusione che una grande partito moderato e di massa si possa reggere solo sul "centralismo carismatico", costruita un anno e mezzo fa dal Cavaliere a Piazza San Babila, crolla per sempre nell'Auditorium di Santa Cecilia. Quanto potranno duellare ancora, i due fondatori, in mezzo a queste macerie?
Massimo Giannini
E' cattiva educazione dire "l'avevamo detto"? Nell'immediatezza della sonora sconfitta elettorale del 2008, avevamo affermato, nell'analisi a caldo del voto, che ormai dati i numeri in assoluto delle due coalizioni, e le inconciliabilità incrociate fra pezzettini del centro-sinistra, avremmo potuto e dovuto solo cercare di infilare dei cunei nelle piccole fessure che inevitabilmente si sarebbero aperte fra un partito dei grandi evasori, ed uno dei piccoli impiegati dello stato; fra partiti del nord, e partiti del centro-sud; fra federalisti e nazionalisti.
Questo processo di disgregazione sembra iniziato, nonostante la dabbenaggine di molti, nel centro-sinistra, che hanno fatto finta di non capire, che hanno fatto finta di non vedere. Che hanno continuato a giocare al "piccolo statista", come si gioca col piccolo chimico, ipotizzando riforme condivise, ed altre sciocchezze del genere. Con questa gente, non si può "condividere" neanche un caffè al banco. Ero del parere, e lo sono sempre di più, che possiamo e dobbiamo solo aiutare questi mascalzoni a scannarsi fra di loro, fornendo loro, semmai, dei ben affilati coltelli.
P.S.: L'ineffabile Quagliariello, in questo momento, sta spiegando che la rissa insanabile di oggi, a base di insulti anche personali, è stata "un franco dibattito". In queste proporzioni, una bestialità del genere non era mai sfuggita neanche al peggio della vecchia DC delle convergenze parallele.
Tafanus
In sostanza: officiano le esequie del Pdl, almeno nella formula conosciuta dai tempi della "rivoluzione del Predellino". Sul piano politico, nessuno dei due fa retromarce. Non le fa Berlusconi, che liquida le istanze di Fini come "questioni di poca importanza", che "non valeva la pena" sollevare, di fronte a un partito che governa magnificamente il Paese e continua a vincere tutte le elezioni. Non le fa Fini, che rilancia le sue contestazioni al premier su tutta la linea, dall'immigrazione alla prescrizione breve, dall'organizzazione del partito alle scelte sulla Sicilia, dalla sudditanza psicologica nei confronti della Lega al caos delle liste per le regionali. La rappresentazione plastica di questo scontro dimostra l'irriducibile inconciliabilità non solo delle posizioni congiunturali, ma delle ispirazioni strutturali dei due contendenti.
Berlusconi parla una lingua, Fini ne parla un'altra. Non sono più neanche due diverse idee della destra, ma sono piuttosto due differenti universi politico-culturali. Da quello che si vede nel feroce lavacro della direzione, non possono coesistere, ma solo confliggere. Ma la novità è che la frattura avviene anche sul piano personale. Quando ci si parla evocando le categoria del tradimento, della menzogna, della mala fede, del sabotaggio, si supera un confine dal quale è impossibile tornare indietro. E questo succede, tra Berlusconi e Fini. Il primo lo apostrofa, intimandogli di lasciare il suo incarico di presidente della Camera, se vuole continuare nel suo inutile e dannoso "contrappunto quotidiano". Il secondo gli replica a brutto muso, con un provocatorio "mi cacci?". Non siamo più alla dialettica tra i leader, ma agli insulti tra le persone. La resa dei conti trascende la validità dei ragionamenti e prescinde dalla contabilità dei numeri.
Non è più importante capire quanto dica il vero Berlusconi, o quante divisioni abbia Fini. Bisogna solo prendere atto che il progetto del Popolo delle Libertà, appunto, è ormai fallito. E non poteva essere che così. Il fallimento era contenuto nel suo atto di nascita, che aveva fotografato subito la distanza ontologica, e incolmabile, tra le due anime del "nuovo" centrodestra.
L'illusione che una grande partito moderato e di massa si possa reggere solo sul "centralismo carismatico", costruita un anno e mezzo fa dal Cavaliere a Piazza San Babila, crolla per sempre nell'Auditorium di Santa Cecilia. Quanto potranno duellare ancora, i due fondatori, in mezzo a queste macerie?
Massimo Giannini
Questo processo di disgregazione sembra iniziato, nonostante la dabbenaggine di molti, nel centro-sinistra, che hanno fatto finta di non capire, che hanno fatto finta di non vedere. Che hanno continuato a giocare al "piccolo statista", come si gioca col piccolo chimico, ipotizzando riforme condivise, ed altre sciocchezze del genere. Con questa gente, non si può "condividere" neanche un caffè al banco. Ero del parere, e lo sono sempre di più, che possiamo e dobbiamo solo aiutare questi mascalzoni a scannarsi fra di loro, fornendo loro, semmai, dei ben affilati coltelli.
P.S.: L'ineffabile Quagliariello, in questo momento, sta spiegando che la rissa insanabile di oggi, a base di insulti anche personali, è stata "un franco dibattito". In queste proporzioni, una bestialità del genere non era mai sfuggita neanche al peggio della vecchia DC delle convergenze parallele.
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