Edmondo non c'è più. Domenica pomeriggio se n'è andato in silenzio
come aveva sempre fatto quando uscendo dalle riunioni di redazione si
sfilava senza fare rumore. Questa volta però è andato via troppo presto.
Ha lottato a lungo contro la sua malattia, con coraggio, determinazione
e una inesauribile dignità sperando fino all'ultimo di riuscire a
vincerla. Non ha mai smesso di lavorare e anzi, se qualche volta avevamo
pudore a chiedergli un articolo, era proprio lui a proporcelo.
Edmondo
era un uomo schivo, a volte timido. Eppure, nonostante la discrezione,
la sua era una presenza forte. Per noi era Eddy. Raffinato, eclettico,
paradossale, intelligente. Con una battuta riusciva a condensare
ragionamenti articolati e profondi. E non solo sulla politica, anche
sulla cultura, sulla musica, sul calcio, sul costume di quest'Italia che
lui capiva e sapeva raccontare così bene.
Come molti emiliani,
Edmondo leggeva la realtà con la concretezza che la sua terra d'origine
gli aveva regalato. Molti, ricordandolo useranno le categorie della
leggerezza e della pesantezza. Sapeva cioè decifrare, sciogliere le cose
complicate. Capiva e sentiva la politica in modo straordinario ma ne
scriveva, anche nei momenti in cui raccontava la crisi più nera, la
disgregazione dei partiti, le carenze dei leader e dei loro progetti, in
modo analitico, comprensivo e quasi sempre propositivo. Non aveva il
linguaggio contorto dei politologi, spiegava gli avvenimenti con empatia
e senza prendersi mai completamente sul serio. I suoi giudizi erano
temuti e rispettati perché in lui non c'era un partito preso ma
un'analisi, a volte spietata, mai cinica o preconcetta della realtà.
Aveva creduto fortemente nella nascita del Pd ma non per questo, quando
capiva che le cose non stavano ingranando, risparmiava le sue critiche.
Allo
stesso modo amava la parte leggera della vita, la musica soprattutto.
Era la colonna sonora della sua vita. La trattava con rispetto e non la
considerava un argomento frivolo con cui non sporcarsi le mani. Battisti
lo ha accompagnato sempre, ma poi c'erano anche Ligabue, Guccini e
quell'operetta che aveva voluto scrivere con Shel Shapiro e che
ripercorreva i meravigliosi anni del rock. Ma la sua curiosità si
rivolgeva anche al calcio e alla televisione che commentava tutte le
settimane su "L'espresso". Aveva fiuto per riconoscere nuovi talenti e
fenomeni in ascesa. Per questo si occupava di argomenti seri e di altri
leggeri, entrava nelle cose sapendo che ne sarebbe uscito sempre con il
suo tratto distintivo, con la sua ironia, con lo sguardo scanzonato di
un ragazzo emiliano che aveva capito molte cose e cercava di
trasmetterle anche a tutti noi. Ci mancherai e mancherai anche a questo
Paese che ha sempre più bisogno di persone in grado di spiegarlo e
capirlo con intelligenza, rigore e lucidità, come sapevi fare tu.
Daniela Hamaui
Avevamo già inviato un commosso saluto ad Edmondo Berselli, ma abbiamo voluto riportare il saluto della direttrice dell'Espresso, Daniela Hamaui, pubblicato nell'Espresso in edicola in questi giorni. Ringraziamo Daniela, di cui condividiamo anche le virgole. Donna schiva quant'altre mai, ed anti-presenzialista per eccellenza. Dirige L'Espresso da 11 anni, eppure forse se chiediamo a cento italiani chi sia il Direttore dell'Espresso, solo uno su cento è in grado di rispondere. Trovare una foto di Daniela in rete è un'impresa disperata. La ringraziamo per questo ultimo ricordo di Edmondo Berselli, e la ringraziamo per il suo modo di stare fra le donne che contano. Tafanus
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