Dunque, Italia e Germania allineate davanti alle malcerte sfide del futuro? La distorsione implicita in una simile lettura della realtà risulta particolarmente evidente se si pensa che il debito è oggi il fronte più esposto di ogni bilancio pubblico. Per anni, del resto, lo stesso Tremonti ha sempre detto che il cuore dei guai italiani stava nel fatto di avere il terzo debito del mondo, ma senza essere la terza economia del mondo. Quel che conta, insomma, non è il valore nominale dello stock accumulato ma il suo rapporto in percentuale del Pil. E qui il confronto con la Germania non sta letteralmente più in piedi. I 1.762 miliardi del debito tedesco rappresentano il 73,2 per cento del Pil di quel Paese. I 1.760 miliardi italiani, invece, arrivano al 115,8 per cento del prodotto domestico. Rispetto al fatidico limite del 60 per cento fissato in materia nel trattato di Maastricht, Berlino sfora di 13 punti percentuali, noi di quasi 56. Altro che due Paesi alla pari! Se poi si guarda all'andamento tendenziale dei rispettivi debiti, le cose stanno anche peggio. Dal 2008 al 2009 quello tedesco è cresciuto di 7,2 punti percentuali, mentre quello italiano di 9,7 punti. E non basta, perché l'ultimo dato ufficiale disponibile dice che alla fine dello scorso febbraio il nostro debito era già schizzato da 1.760 a 1.795 miliardi: altri 35 miliardi di € (70.000 miliardi di lire - NdR) in più in soli due mesi.
Ciò significa che, in realtà, il mantello del rigore nel quale il ministro Tremonti ama rinserrarsi ha subito strappi e lacerazioni in robusta quantità e ancora ne sta subendo. L'ennesima mascherata dello stare alla pari con la Germania serve, quindi, a ingannare gli italiani e non a rincuorarli.
(di Massimo Riva - l'Espresso)
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