La crisi? Ha sempre spergiurato su tutto affermando che "Noi non siamo in crisi!". Dopo di che, di punto in bianco, incomincia a parlare di crisi al passato senza averla mai denunciata o avvertita: "La crisi è alle spalle". Ora manda avanti il suo clone a dire che ci spettano sacrifici duri e che la crisi è colpa della sinistra.
Le tasse? Si presenta alle elezioni promettendo la riduzione delle tasse e una volta eletto forgia la formula magica che, come mantra, ripete attraverso mile bocche: "Non mettiamo le mani in tasca agli italiani!" Roba da sparargli in bocca!
Gli italiani non hanno più tasche, come pesci nudi fuor d'acqua. Costretti a subire gli aumenti della autostrade, delle tasse scolastiche e universitarie, dei medicinali, della benzina, devono sentirsi felici perché il loro governo non li "tartassa"...
Costretti a mandare i figli a scuola con la carta igienica nelle cartelle e il sapone per lavarsi, possono sentirsi fortunati per i programmi demenziali che mammanutriceTV ammannisce. Roba da psichiatria.
Intenerisce la plebe lamentandosi di non aver potere e citando quel povero impotente e disarmato di Mussolini che appena appena poteva comandare il suo cavallo! Roba da psichiatria.
Lui, poveretto, è nullatenente: "Io in tasca non tengo niente. Mi affido alla carità pubblica. E da tanti anni ormai..." Prende per scemi gli italiani e nessuno lo fischia. Roba da matti.
Veronica, che lo conosce bene e da vicino, ha detto che è malato e nessuno l'ha presa sul serio. Qualche mio amico giustamente mi dice che il problema non è lui ma siamo noi. Il problema siamo noi italiani, popolo di servi contenti. Siamo retrocessi allo stadio infantile di gente infingarda e credulona.
Tocqueville, osservando le condizioni della società americana orientata alla democrazia ugualitaria, previde «una folla innumerevole di uomini simili e uguali, che girano senza posa su se stessi per procurarsi piccoli, volgari piaceri, con cui soddisfare il proprio animo. Ciascuno di loro, tenendosi appartato, è come estraneo al destino degli altri: i suoi figli e i suoi amici più stretti formano per lui tutta la specie umana; quanto al rimanente dei suoi concittadini, è vicino a loro, ma non li vede; li tocca, ma non li sente; vive solo in se stesso e per se stesso, e se ancora gli rimane una famiglia, si può dire almeno che non abbia patria. Al di sopra di costoro s'innalza un potere immenso e tutelare, che s'incarica da solo di assicurare il godimento dei loro bene e di vegliare sulla loro sorte. È assoluto, particolareggiato, regolare, previdente e mite. Assomiglierebbe al potere paterno, se, come questo, avesse per fine di preparare gli uomini all'età virile; ma al contrario, cerca soltanto di fissarli irrevocabilmente nell'infanzia». (La democrazia in America, 1840, libro II, parte IV, capitolo VI).
Aldo Antonelli, prete
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