Andrea Romano, storico, professore universitario a Tor Vergata, ha collaborato con Einaudi, con La Stampa, con la Luiss, con Marsilio, col Sole24Ore, col Riformista. Come storico ha approfondito la storia della Russia sotto Stalin, e le trasformazioni della sinistra europea, con particolare approfondimento sulle sinistre di Gran Bretagna e Italia.
Come si evince da queste brevi note biografiche, Andrea Romano non è certo un frequentatore di centri sociali, ma un uomo dell'establishment, legato a tutti i carrozzoni confindustriali (dal "Sole", alla Stampa, alla Luiss, alla Confindustria). Ciò non gli impedisce di fare a pezzettini, già dal titolo (L'imperatore dei Marziani) l'immagine di Giulio Tremonti, in questo sapido ritrattino tratto dal sito di [ItaliaFutura]:
L'Imperatore dei marziani
(di E.I. Zamjatin, 31 maggio 2010)
Eppure Zamjatin si è chiesto se l’intervistato fosse proprio il ministro dell’economia, o se invece si trattasse di un filosofo della storia che in questo difficile giorno voleva distrarre i lettori con considerazioni sui tempi lunghi dell’umanità e sul valore profetico che le sue visioni hanno mostrato nel corso degli anni. Sì, perché dall’intervista si apprende che il filosofo Tremonti già nel 2008 aveva scritto il copione della crisi nel suo libro “La paura e la speranza”; già nel 1997 aveva rinverdito le basi “dell’illuminismo giuridico” nel suo libro “Lo Stato criminogeno”; già nel 1994 aveva denunciato il “drammatico errore politico” della globalizzazione nel suo libro “Il fantasma della povertà”. Così come Zamjatin vi ha trovato poche notizie sulla manovra economica ma certamente molti spunti per dottissime conversazioni estive, tra cui la notizia che “non siamo dentro una di quelle solite congiunture negative, che tante volte abbiamo visto nei secoli e nei decenni passati, ma ad un tornante della storia”; o ancora che “questa è la fine dell’utopia della globalizzazione come nuova età dell’oro”; o infine che così “come il Medioevo era bloccato e fu superato d’un colpo dalla semplicità dei grandi codici borghesi” oggi si propone il contratto di produttività.
Perché Tremonti è lo stesso che è stato dapprima nel motore del riformismo socialista con Reviglio, poi esponente del nuovismo post-democristiano con Segni, quindi transfuga nelle file del primo Berlusconi, poi ancora avversario della moneta unica europea, successivamente l’indimenticabile ministro della finanza creativa e della cartolarizzazione, quindi l’uomo di riferimento della Lega nel cuore del berlusconismo, quindi l’oracolo che prevedeva ogni crisi internazionale, poi il ministro nuovamente indimenticabile dell’ennesimo condono, quindi colui che cinguettava con gli immortali spiriti anticapitalisti della sinistra per silenziare gli economisti e infine l’alfiere del rigore. Tutte incarnazioni diverse per un unico percorso personale, naturalmente legittimo ma altrettanto naturalmente lontano da ogni coerenza politica che non sia quella della più tenace promozione di sé.
Un percorso che oggi raggiunge il suo apice, soprattutto laddove il ministro scopre che la vera anomalia italiana è “l’evasione fiscale colossale”. Non c’è dubbio. A Tremonti spetta a buon diritto la corona di Imperatore dei Marziani.
Evgenij Ivanovič Zamjatin
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