Le ultime vicende politiche inducono a rivalutare un antico strumento di risoluzione delle controversie. Mi immagino Berlusconi all'alba, già certo di vincere, avvicinarsi con i suoi due padrini Previti e Bertone...
Rovistando tempo fa tra vecchie cianfrusaglie di casa ho trovato un disco da 45 giri con le canzoni del Quartetto Cetra. Nei primi anni cinquanta dello scorso secolo quel quartetto ebbe la sua celebrità che durò almeno vent'anni. Erano tre uomini e una donna e affrontavano con gustosa ironia vecchie usanze di un'Italia ottocentesca tuttora vive nella memoria dei padri e dei nonni. Misi il disco sul grammofono, gracchiava per la polvere che si era depositata nei solchi ma le voci e la melodia erano perfettamente percepibili. Riascoltai "Il vecchio palco della Scala" e il "Il visconte di Castelfrombone", quest'ultimo in particolare godibilissimo. Ne trascrivo qualche verso a memoria:
Non è una delizia? Allora lo fischiettavamo ridendoci su. Risentirlo adesso fa uno strano effetto: è quasi ridiventato attuale, i politici di opposte sponde si lanciano accuse e parole che in altri tempi li avrebbero portati sul terreno, armati di spade o pistole. Felice Cavallotti, che sul finire dell'Ottocento era il leader della sinistra radicale, morì così, con un colpo di spada che gli spaccò il cuore. E se questi costumi riprendessero piede? Ho cominciato a fantasticarci su e mi ci sono molto divertito. Un duello all'alba in un bosco fuori mano, i padrini, il direttore di gara, un medico per ogni evenienza. Al primo o all'ultimo sangue? Per una donna o per l'onore d'un partito?
Pensate: un duello tra Bondi che gli ha dato dello scostumato e del selvaggio e Bersani che gli ha risposto per le rime. Oppure tra Vendola e D'Alema, l'uno con l'orecchino e magari per l'occasione con i guanti alla moschettiera e l'altro vestito come le guardie del Cardinale, coi baffi appuntiti e il mantello rosso. Potrebbe diventare una moda molto apprezzata nei salotti di Roma e di Milano. La Santanché ci camperebbe agevolmente e non sarebbe la sola.
Un duello tra La Russa e Della Vedova attirerebbe l'interesse generale, soprattutto se l'arma scelta fosse la sciabola. Un altro tra Gasparri e Bocchino, magari alla pistola con un solo colpo in canna. Quanto a Fini, non potrebbe esimersi dal mandare i padrini al cognato Giancarlo Tulliani che ha carpito la sua buona fede implicandolo in un pasticcio che proprio non ci voleva.
E Feltri? Sarebbero in molti a gettargli il guanto di sfida sulla faccia, da Boffo allo stesso Fini, ma non accetterebbe, invocherebbe la deontologia giornalistica, i probiviri della Federazione della Stampa, ma in un prato con la spada in pugno francamente non ce lo vedo. Come non ci vedo Ferruccio De Bortoli: con l'elmetto mai.
E Berlusconi? Qui il discorso si fa più complicato. Il Cavaliere ha fegato ed è oltretutto un uomo d'onore. Per di più è ammalato di mania di grandezza perciò un duello l'accetterebbe, ma dovrebbe esser sicuro di vincerlo, uscirne sconfitto per lui è un'ipotesi intollerabile. Perciò dovrebbe trovare un suo pari che però accettasse di farlo vincere al primo assalto. Diciamo un suo pari arrendevole. Mi sono scervellato per ore su questa ricerca. Un suo pari arrendevole chi può essere? Alla fine l'ho trovato. Un gioco da bambini, l'uovo di Colombo: Giulio Tremonti, un suo pari arrendevole.
Si dovrebbe mettere su uno scenario di quelli che passano alla storia. Berlusconi sceglierebbe come padrini Cesare Previti e il cardinale Tarcisio Bertone; Tremonti porterebbe con sé il presidente della commissione europea, Barroso e Umberto Bossi. Direttore di gara ci vedo bene Panebianco oppure Galli della Loggia. Il medico lo sceglierebbe Berlusconi che ce ne ha una collezione.
Bisognerebbe ritoccare la data. Non c'è un D'Annunzio per scrivere la canzone, ma Bondi è maestro in materia, andiamo sul sicuro.
Tremonti è certamente arrendevole, ma qualche condizione la metterebbe: primo ministro quando il Cavaliere ascenderà al Quirinale. Il guaio per lui è che Alfano lo sfiderebbe immediatamente alla pistola e all'ultimo sangue. Gianni Letta no, come Feltri neanche Letta si batte. Semmai una goccia di veleno durante una cena da Bruno Vespa.
(Eugenio Scalfari - l'Espresso)
Rovistando tempo fa tra vecchie cianfrusaglie di casa ho trovato un disco da 45 giri con le canzoni del Quartetto Cetra. Nei primi anni cinquanta dello scorso secolo quel quartetto ebbe la sua celebrità che durò almeno vent'anni. Erano tre uomini e una donna e affrontavano con gustosa ironia vecchie usanze di un'Italia ottocentesca tuttora vive nella memoria dei padri e dei nonni. Misi il disco sul grammofono, gracchiava per la polvere che si era depositata nei solchi ma le voci e la melodia erano perfettamente percepibili. Riascoltai "Il vecchio palco della Scala" e il "Il visconte di Castelfrombone", quest'ultimo in particolare godibilissimo. Ne trascrivo qualche verso a memoria:
"Il visconte di Castelfrombone/ cui Buglione/ fu antenat/ ha sfidato il conte di Lomanto/ ed il guanto/ gli ha gettat/ tutto accadde al bal dell'ambasciata:/ con l'amata/ lo trovò./ Uno sguardo e due perfetti inchini/ e i padrini/ gli mandò/ Poi dello scandalo ogni salotto/di ciarle ghiotto/ fu presto edotto/ed ai rivali di quella tenzone/ una canzone/ il D'Annunzio dedicò".
Non è una delizia? Allora lo fischiettavamo ridendoci su. Risentirlo adesso fa uno strano effetto: è quasi ridiventato attuale, i politici di opposte sponde si lanciano accuse e parole che in altri tempi li avrebbero portati sul terreno, armati di spade o pistole. Felice Cavallotti, che sul finire dell'Ottocento era il leader della sinistra radicale, morì così, con un colpo di spada che gli spaccò il cuore. E se questi costumi riprendessero piede? Ho cominciato a fantasticarci su e mi ci sono molto divertito. Un duello all'alba in un bosco fuori mano, i padrini, il direttore di gara, un medico per ogni evenienza. Al primo o all'ultimo sangue? Per una donna o per l'onore d'un partito?
Pensate: un duello tra Bondi che gli ha dato dello scostumato e del selvaggio e Bersani che gli ha risposto per le rime. Oppure tra Vendola e D'Alema, l'uno con l'orecchino e magari per l'occasione con i guanti alla moschettiera e l'altro vestito come le guardie del Cardinale, coi baffi appuntiti e il mantello rosso. Potrebbe diventare una moda molto apprezzata nei salotti di Roma e di Milano. La Santanché ci camperebbe agevolmente e non sarebbe la sola.
Un duello tra La Russa e Della Vedova attirerebbe l'interesse generale, soprattutto se l'arma scelta fosse la sciabola. Un altro tra Gasparri e Bocchino, magari alla pistola con un solo colpo in canna. Quanto a Fini, non potrebbe esimersi dal mandare i padrini al cognato Giancarlo Tulliani che ha carpito la sua buona fede implicandolo in un pasticcio che proprio non ci voleva.
E Feltri? Sarebbero in molti a gettargli il guanto di sfida sulla faccia, da Boffo allo stesso Fini, ma non accetterebbe, invocherebbe la deontologia giornalistica, i probiviri della Federazione della Stampa, ma in un prato con la spada in pugno francamente non ce lo vedo. Come non ci vedo Ferruccio De Bortoli: con l'elmetto mai.
E Berlusconi? Qui il discorso si fa più complicato. Il Cavaliere ha fegato ed è oltretutto un uomo d'onore. Per di più è ammalato di mania di grandezza perciò un duello l'accetterebbe, ma dovrebbe esser sicuro di vincerlo, uscirne sconfitto per lui è un'ipotesi intollerabile. Perciò dovrebbe trovare un suo pari che però accettasse di farlo vincere al primo assalto. Diciamo un suo pari arrendevole. Mi sono scervellato per ore su questa ricerca. Un suo pari arrendevole chi può essere? Alla fine l'ho trovato. Un gioco da bambini, l'uovo di Colombo: Giulio Tremonti, un suo pari arrendevole.
Si dovrebbe mettere su uno scenario di quelli che passano alla storia. Berlusconi sceglierebbe come padrini Cesare Previti e il cardinale Tarcisio Bertone; Tremonti porterebbe con sé il presidente della commissione europea, Barroso e Umberto Bossi. Direttore di gara ci vedo bene Panebianco oppure Galli della Loggia. Il medico lo sceglierebbe Berlusconi che ce ne ha una collezione.
"Nell'ottobre dell'Ottantasette/ alle sette del mattin/ i rivali si trovarono presso/ a un cipresso/ d'un giardin".
Bisognerebbe ritoccare la data. Non c'è un D'Annunzio per scrivere la canzone, ma Bondi è maestro in materia, andiamo sul sicuro.
Tremonti è certamente arrendevole, ma qualche condizione la metterebbe: primo ministro quando il Cavaliere ascenderà al Quirinale. Il guaio per lui è che Alfano lo sfiderebbe immediatamente alla pistola e all'ultimo sangue. Gianni Letta no, come Feltri neanche Letta si batte. Semmai una goccia di veleno durante una cena da Bruno Vespa.
(Eugenio Scalfari - l'Espresso)
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