Mafia & Politica - Quelle ombre su Schifani: Dice il pentito Spatuzza che il presidente del Senato, in passato legale di boss, avrebbe fatto da tramite tra i Graviano e Berlusconi. I pm cercano riscontri
(di Lino Abbate - l'Espresso)Sgomberare le ombre misteriose e parecchio aggressive che circolano attorno a questo avvocato che ha difeso davanti ai giudici il patrimonio accumulato dai boss mafiosi e che oggi, quando si parla di Pdl difende sempre tutto e tutti, è un ruolo che spetta alla magistratura. Proprio per questo i pm di Palermo vogliono fare luce su questa zona grigia, a partire dal contributo che potrebbe offrire il dichiarante Gaspare Spatuzza. Ma non è il solo chiamato dalla procura a parlare di Schifani, vi sono anche altri testimoni in lista d'attesa.
Ciò che afferma Spatuzza sul ruolo di Schifani nel mettere in contatto i Graviano con Dell'Utri e Berlusconi è solo farina del suo sacco o è stata davvero una confidenza del boss stragista? A sciogliere il nodo saranno i pm siciliani che a settembre interrogheranno Spatuzza per chiarire questo collegamento e valutare eventuali sviluppi giudiziari. Su Schifani pende infatti un'archiviazione - decisa dal gip di Palermo nel 2002 - per concorso esterno in associazione mafiosa: un procedimento che può essere riaperto solo con l'arrivo di nuovi elementi d'accusa.
L'inchiesta archiviata nei confronti del presidente del Senato, all'epoca avvocato civilista, riguardava vicende diverse e prendeva le mosse dalle dichiarazioni del pentito Salvatore Lanzalaco su un appalto che sarebbe stato pilotato dalla mafia a Palermo. Erano i primi anni Novanta e in quel periodo i lavori pubblici venivano decisi attorno a un tavolo al quale sedevano i boss, gli imprenditori e i politici. Lo studio di progettazione di Lanzalaco preparava gli elaborati per le gare, i politici mettevano a disposizione i finanziamenti, le imprese si accordavano, la mafia eseguiva i subappalti. Inoltre clan e uomini di partito incassavano anche una tangente.
Stefano Bontate
Il senatore, secondo quanto conferma una fonte de "L'espresso", già verso la fine degli anni Ottanta aveva stretto contatti con Dell'Utri, e sempre in quel periodo erano frequenti i suoi viaggi a Milano. La stessa fonte rivela che Schifani veniva chiamato "il contabile" da Berlusconi. Negli anni in cui frequentava il capoluogo lombardo, Schifani indossava la toga di avvocato esperto in diritto amministrativo e in urbanistica. Come avvocato faceva quanto poteva perché i patrimoni sequestrati ad alcuni mafiosi non venissero incamerati dallo Stato. Nel periodo del maxi processo a Cosa nostra è spesso presente davanti al tribunale per le misure di prevenzione dove si occupava di evitare la confisca dei beni dei boss. Tra i suoi assistiti si ricordano alcuni dei nomi di peso di Cosa nostra dell'epoca, come Giovanni Bontate, fratello di Stefano. Ossia fratello del capomafia al quale Berlusconi negli anni Settanta avrebbe chiesto protezione contro i rapimenti durante un incontro a Milano. Fu allora che venne inviato nella villa di Arcore il mafioso Vittorio Mangano, lo stalliere.Stefano Bontate fu ucciso nell'aprile 1981 dopo avere investito a Milano circa 20 miliardi di lire, in gran parte provenienti dalle casse dei clan palermitani. Che fine abbiano fatto quei quattrini rimane un mistero, ma il boss pentito Francesco Di Carlo - che si dichiara testimone oculare dell'incontro fra Bontate e Berlusconi - nel libro "Un uomo d'onore" di Enrico Bellavia "ha più di un indizio che lo porta a sospettare che Dell'Utri ne sappia qualcosa". Il fratello Giovanni Bontate, condannato per traffico di droga al maxi processo, secondo i pentiti era uno dei più grandi riciclatori di denaro. Venne assassinato insieme alla moglie nel 1988. L'elenco dei clienti professionali di Schifani prosegue poi con Domenico Federico, un socio di Bontate in alcune attività, e il boss-imprenditore Ludovico Bisconti.
Ma da tempo il senatore ha abbandonato quelle difese e una volta entrato in politica ha affermato: "La mafia si sconfigge anche inasprendo la legislazione sui patrimoni, aggrendendola al cuore". Una convinzione forse maturata dopo l'esperienza professionale fatta negli anni Ottanta. Invece per la seconda carica dello Stato la presenza del mafioso Mangan
o ad Arcore è "una vecchia storia" ricordata da "chi è davvero a corto di argomenti seri". Forse per questo motivo lo scorso 19 luglio, nell'anniversario dell'uccisione di Borsellino e degli agenti della scorta, il presidente del Senato ha preferito non andare sul luogo dell'eccidio dove c'era Salvatore Borsellino, fratello del magistrato, che ha sempre condannato le affermazioni di Berlusconi e Dell'Utri sul Mangano "eroe". Comportamento opposto quello tenuto da Gianfranco Fini. Contestato in un primo momento al suo arrivo in via D'Amelio, il presidente della Camera ha poi ricevuto appluasi fragorosi dal "popolo delle agende rosse" quando ha detto che Mangano "non è un eroe".
...insomma, basta davvero poco per "chiamare l'applauso... Il Tafanus si è spesso occupato di Schifani, e più in generale dei rapporti fra mafia e politica in molte occasioni. Basta digitare sulla finestra di ricerca "schifani", e... buona lettura. In particolare, vorrei segnalare un post del marzo 2008, dal titolo [Per chi vota la mafia? Per Forza Italia e per l'UDC] Tafanus
SOCIAL
Follow @Tafanus