...ahahah... e mentre il mondo si interroga sulla cucina Scavolini del Presidente della Camera, e sul suo porta-ombrelli, il Presidente del Senato, Seconda Carica dello Stato, è sotto inchiesta per mafia, ma il PdL si guarda bene dal chiederne a gran voce le dimissioni. Ma adesso ci penseranno Feltri & Belpietro, a lanciarsi in una dura inchiesta giornalistica, senza riguardi per nessuno, sulle connessioni fra Schifani e la mafia! Ecco l'articolo di [Lirio Abbate sull'Espresso di oggi]
Il Presidente del Senato nel registro degli indagati della Procura di Palermo per concorso esterno in associazione mafiosa, dopo le parole di Spatuzza e del pentito Campanella
Già in passato il politico era stato indagato con l'accusa di partecipazione a Cosa Nostra nell'ambito di inchieste su appalti pilotati dalla mafia a Palermo, e la sua posizione era poi stata archiviata. E anche in quel caso le principali accuse arrivavano da collaboratori di giustizia. Adesso, in seguito alle rivelazioni di Spatuzza e a quelle di un altro pentito, Francesco Campanella - il mafioso-politico che tra l'altro fornì una falsa carta d'identità a Bernardo Provenzano per consentirgli di farsi operare in Francia - i riflettori sono tornati ad accendersi su Schifani. Il verbale con le dichiarazioni del guardaspalle dei Graviano trasmesso dai magistrati di Firenze e un esposto presentato da Campanella proprio nei confronti del presidente del Senato hanno convinto i pm palermitani della necessità di esercitare l'obbligatorietà dell'azione penale. Il fascicolo che riguarda il presidente del Senato è stato aperto pochi mesi fa e gli interrogatori in corso hanno come oggetto il suo passato di avvocato civilista, i suoi rapporti con gli uomini dei Graviano e il suo presunto ruolo di collegamento fra lo stragista di Brancaccio e Dell'Utri nel periodo che ha preceduto la nascita di Forza Italia.
Spatuzza ha spiegato ai pm che il suo compito era proteggere Filippo Graviano e per questo, ogni volta che il boss si trovava nel capannone messogli a disposizione dall'imprenditore Cosenza, sorvegliava l'ingresso per evitare o prevenire "brutte sorprese" al boss. E in molte di queste occasioni il dichiarante ammette davanti ai pm di Palermo di aver visto entrare Schifani, ma aggiunge di non aver partecipato ai colloqui del suo capo. Il volto di Schifani - racconta il dichiarante - gli divenne però familiare proprio per le numerose visite che l'avvocato palermitano faceva al capannone, e sempre in coincidenza con la presenza di Graviano. E gli inquirenti si chiedono: perché l'avvocato preferiva recarsi nella sede di lavoro del cliente (Pippo Cosenza, ndr.) anziché riceverlo nel proprio studio?
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