"...se Fini, il più ambizioso dei leader che ha incarnato per oltre due anni il progetto di alternativa a destra fa questa fine, picchiato selvaggiamente a mezzo stampa e poi buttato a fiume per un cognato, chi oserà più contrastare Berlusconi?..."
Lo spettacolo del presidente della Camera umiliato in pubblico per chiedere scusa di peccati non suoi resterà a lungo impresso nella memoria. Ma questo è il prezzo da pagare per chi sfida il Cavaliere
Gianfranco Fini, In nove minuti e otto secondi, ripete: sono una persona perbene, «mai ricevuto un avviso di garanzia in 27 anni che sono in Parlamento». Però «sono un ingenuo», peggio ancora, «in buona fede», un peccato mortale per un politico. E a fregarlo, prima ancora di Berlusconi, è stato un ragazzo di trent'anni, il fratello della compagna, Giancarlo "Elisabetto" Tulliani,
il «signor Giancarlo Tulliani», come lo ha gelidamente chiamato il presidente della Camera nel suo videomessaggio.
Brutto tipo, questo Tulliani, nel ritratto offerto dall'ex leader di An. Uno che gli ha provocato «un'arrabbiatura colossale». Uno su cui non c'è da mettere la mano sul fuoco. «È lui il proprietario degli off shore?», si è chiesto Fini. «Non lo so. Restano i dubbi, e anche io ne ho». A quest'uomo da cui non comprerebbe un'auto usata Fini consegna la sua carriera politica e la sua felicità individuale. Pronto a dimettersi se sarà riconosciuto che Tulliani junior è il vero proprietario dell'appartamento. E intanto frustrato nel tentativo di fargli almeno cambiare casa: «spero che lo faccia se non altro per riportare serenità alla mia famiglia».
Il ragazzino però, in tutta evidenza, è ancora lì, a Montecarlo, ha risposto picche all'illustre parente acquisito. E quanto alla serenità familiare, beh, ne deve restare ben poca in casa Fini-Tulliani. Di certo, da sabato sera, Giancarlo è stato espulso dalla famosa foto di copertina di "Oggi", con il clan al gran completo. O forse, al contrario, se n'è andato Gianfranco. Fatti loro? No, fatti di tutti perché così ha stabilito il Sire di Arcore. L'uomo che difende la privacy quando si tratta delle intercettazioni dei suoi sodali non ha esitato a fare a pezzi la privacy e la famiglia del suo avversario politico, sapendo di coglierlo nel punto debole, quello di tanti che sono individualmente persone oneste, ma che sono travolti volenti o nolenti da legami di sangue che non si possono spezzare o da affinità ancora più rischiose. Un Tulliani in famiglia ce l'hanno tutti: il fratello che chiede la raccomandazione, il cognato che abusa del buon nome del capostipite, la moglie spregiudicata, il figlio che dà preoccupazioni... Da questo punto di vista lo sfogo del povero Fini fatto fesso nel tinello è un vero Family day, da celebrare ogni anno.
Lo spettacolo del presidente della Camera umiliato in pubblico per chiedere scusa di peccati non suoi resterà a lungo impresso nella memoria. Ma in politica è giusto pagare anche per l'ingenuità. Soprattutto se si vuole andare a sfidare Berlusconi.
Resta da capire cosa succederà alla famiglia Italia. E qui, nella seconda parte del suo messaggio, Fini ha usato espressioni da brivido: notizie usate come manganelli, libertà a repentaglio, così si distrugge la democrazia. È già successo ad altri: questo accade a chi tocca Berlusconi. La distruzione morale e civile. Nel caso di Fini siamo arrivati all'annientamento, alla cancellazione del nemico dalla scena pubblica. Colpirne uno per educarne cento, come si diceva ai tempi delle Brigate Rosse.
Se Fini, il più ambizioso dei leader che ha incarnato per oltre due anni il progetto di alternativa a destra più pericoloso per Berlusconi, fa questa fine, picchiato selvaggiamente a mezzo stampa e poi buttato a fiume per un cognato, chi oserà più contrastare il Cavaliere?
Per questo l'appello alla tregua del presidente della Camera, mai apparso così debole e vulnerabile al punto di dover chiedere al nemico: «fermiamoci», è destinato a cadere nel vuoto. Perché Berlusconi ha bisogno della testa di Fini come futuro monito per tutti i competitori futuri. Quando da palazzo Grazioli arrivò la notizia che i berlusconiani avrebbero chiesto le dimissioni di Fini tutti andarono a controllare la Costituzione, per concludere: impossibile, non si può sfiduciare il presidente della Camera.
Che illusi, pensavamo che Berlusconi avrebbe usato metodi regolamentari. E ora siamo a questo punto. Entro mercoledì 29, giorno del voto alla Camera, o si dimette Fini o si apre la crisi di governo. E non sarà un bel giorno. All'uscita da casa Fini-Tulliani, c'è una democrazia in decomposizione.
(di Marco Damilano - l'Espresso)
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