Il sindaco aveva detto no - Adesso il Primo Cittadino invoca lo stato di calamità
(di Oriana Liso - Repubblica)
(di Oriana Liso - Repubblica)
"Stato di calamità"? Osservate bene questa donna: questa è la vera calamità di questa città! Le esondazioni del Seveso in zona Niguarda, ormai da trent'anni, a Milano non sono l'eccezione, ma la regola. E quando costruisci delle linee di metrò 20, 30 metri sotto il livello stradale, devi sapere che se piove il Seveso esonda, e se esonda l'acqua, per la legge di gravità non cade verso l'alto, ma verso il basso. Questa volta è andata bene. Nessuno è morto. Ma i danni, da un primo accertamento, ammontano a 70 milioni di euro. Il consuntivo, as usual, sarà molto più alto del preventivo.
Per la cronaca, 70 milioni di € era il costo previsto, nel 2004, per la costruzione dello scolmatore. Sarebbe costato quanto UNA SOLA delle periodiche esondazioni del Seveso per danni alla sola linea 3 del metrò. Ora il maledetto scolmatore, se non si vuole distruggere in pochi anni il metrò più costoso d'Europa, bisognerà farlo per forza, e il suo costo si aggiungerà a quello delle esondazioni che, puntuali come la cometa, si verificheranno ogni volta che cadranno 10 mm. di acqua in più della media. Quante volte ancora saremo chiamati a pagare botte di 70 milioni a causa dell'insipienza di questa donnetta? Perchè dal momento in cui si deciderà di fare l'ormai improcrastinabile scolmatore, ci vorranno anni, appalti truccati, blocchi per imprevisti, revisioni dei costi, in una città stremata da decenni di craxismo prima, e di berlusconismo dopo. Questa è la "Milano da bere" che chi verrà dopo di loro erediterà. Tafanus
Un canale sotterraneo con tre funzioni integrate: scolmatore delle piene del Seveso; deviatore del flusso di acqua; drenante per il controllo della falda. Ora, dopo l’ennesima esondazione del fiume sulle zone Nord di Milano, il sindaco Moratti ha dato incarico a Metropolitane Milanesi di progettare in tutta fretta un sistema per evitare che si ripeta quello che la città ha subito otto giorni fa. Ma un progetto esaustivo - pagato dallo stesso Comune - esiste già, ed era stato fatto dagli stessi tecnici di Mm ai tempi della giunta Albertini. Quel progetto avrebbe evitato gran parte dei disastri poi puntualmente avvenuti nelle cantine, nei negozi, per le strade del quartiere Niguarda. Ma la giunta Moratti - che avrebbe dovuto soltanto studiare una piccola modifica chiesta dall’Autorità di bacino del Po, e poi realizzare il canale - ha deciso di mandare in soffitta il progetto, eliminandolo con un tratto di penna dal Piano delle opere pubbliche.
Ai tecnici di Mm era stato dato incarico di studiare un sistema che servisse non solo come difesa idraulica della città, ma anche per prosciugare corsi d’acqua sotterranei per poter effettuare lavori di pulizia e di consolidamento, dirigendo tutte o in parte le acque verso il Lambro. In questo modo il canale avrebbe avuto sempre un compito, non limitando la sua funzione ai momenti di emergenza degli allagamenti, pur frequenti.
L’idea era quella di una galleria di 11 chilometri, che corre interamente nel territorio di Milano a una profondità variabile, da meno 25 metri a Niguarda fino a meno 4 metri a Ponte Lambro (a cielo aperto nell’ultimo tratto), con una portata di 30 metri cubi al secondo (quando ha funzione di scolmatore e deviatore del Seveso).
I tecnici premettono che il fiume Lambro debba essere reso «adeguatamente ricettivo», per evitare di spostare il problema in quella zona. La funzione di controllo della falda, spiega la relazione di Mm, serve a «difendere metropolitane e altre opere sotterranee di grande interesse pubblico e privato dall’innalzamento del livello della falda freatica, senza costi di costruzione e gestione di pozzi pubblici». E ancora: il canale avrebbe permesso la salvaguardia delle acque potabili, allontanando gli strati più inquinati. Infine anche i terreni intorno al Lambro sarebbero stati irrigati nei periodi di siccità.
Raccontano ora i tecnici di Mm che all’epoca avevano studiato il progetto: «In periodi normali l’infrastruttura si comporta come un lungo canale, con tanti vantaggi ambientali e energetici, mentre davanti all’onda di piena le elettrovalvole permettono di evitare l’esondazione». Oltre al risparmio, il salto da 25 a 4 metri di profondità della galleria avrebbe prodotto anche energia: l’allora Aem aveva stimato un ricavo di circa 500 chilowatt di potenza, con una resa di 400-500mila euro annuali per la gestione a costo zero dell’intera opera. Questo è il progetto definitivo, datato 2004, costo stimato 70 milioni: metà a carico del Comune, l’altra di Mm. La giunta Albertini lo inserì nel Piano delle opere pubbliche e lo sottopose all’Autorità di bacino del Po, che rispose: è fattibile, ma devono essere rafforzati gli argini del Lambro per circa 5 chilometri.
Serviva, a questo punto, un accordo di programma con le amministrazioni dei Comuni interessati da questa variante. Un tavolo che la giunta di Letizia Moratti non convocherà, né chiederà che venga convocato. Anzi. Nel 2009 il canale scompare dal Piano delle opere del Comune. Palazzo Marino, infatti, ha bisogno di soldi per pagare il prestito obbligazionario lanciato su A2A, quindi dirotta fondi di opere già in progetto. Come, appunto, lo scolmatore. «Alla fine del mio mandato - spiega l’ex sindaco Albertini - l’avevamo indicato come una delle opere a cui dare priorità, e con le privatizzazioni si erano anche trovati i fondi. Peccato, eravamo riusciti a dar forma a un progetto atteso da anni».
E ora, milanesi, mandatela a casa. Questa donnetta sta producendo danni irreparabili, e il brutto, con la mitica Expò 2015 sul fagiolo borlotto, deve ancora arrivare. Persone come la Moratti hanno bisogno di tutto il nostro aiuto e di tutta la nostra solidarietà. Un lungo, lunghissimo, meritato periodo di riposo... Tafanus.
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