Stanotte, dopo ore ed ore di interrogatorio, ho reso piena confessione nelle mani del tastierista Roberto Maroni, e del cabarettista Maurizio Marcoré, per quanto riguarda l'attentato che per un pelo non è costato la vita al giornalista (lo sapevate?) Maurizio Belpietro, un aspirante al premio Pulitzer che il Washington Post ci invidia,.. Ma ora basta col cabaret, ed occupiamoci di cose serie. Fino a ieri, ero perplesso, sia nello sposare le tesi sulla genuinità dell'attentato, sia nello sposare le tesi dietrologiche, che volevano eticcare fin dal primo momento l'attentato come una bufala.
Oggi, dopo aver molto letto, ho scelto da che parte stare: dalla parte della logica, della cronaca passata, della meccanica dell'attentato, dei precedenti del Salvatore, e, last but not least, anche della dietrologia sub specie "cui prodest". Ma andiamo con ordine...
Ieri, in un commento al post intitolato [Belpietro: mi attaccano perchè difendo le mie idee], scrivevo:
"...dunque, riepiloghiamo: un attentatore che ne avrà certamente osservato le mosse, non sa che la scorta lo accompagna fino al pianerottolo. Ha le chiavi del portone. Sale, lo aspetta,e spara. Ma la pistola si inceppa. Un attentatore un po' cretino. Oggi non si inceppano neanche le scacciacani. Meglio così. Belpietro non muore (non toglietecelo, uno così!), e il provvidenziale inceppamento fa sì che non ci sia un proiettile diverso da quelli della scorta ficcato in Belpietro, o nel muro. Gli attentatori non usano pistole, ma revolver (pistole a tamburo tipo P38) che non lasciano bossoli per terra, e non si inceppano neanche se presi a martellate. E la scorta che fa? Di fronte ad uno che spara (e quindi è pronto a rifarlo), anzichè sparargli addosso, spara in aria. Magnifico!..."
Ribadisco, ma oggi sono venute alla luce altri elementi, piuttosto inquietanti. Vediamoli, seppur in maniera disordinata (sono umano anch'io...).
L'identikit - guardate il mio scherzoso identikit: la faccia è quella dell'auto-caricatura di Belpietro, ma la capigliatura è quella del vero identikit. Ebbene, vi è mai capitato, nel mondo degli umani, di vedere una pettinatura così? Sembra che questo E.T. abbia poggiato una pelle di pecora su una borsa del ghiaccio. L'ideale, per passare inosservati. Specie in un quartierino popolare come quello nel quale è inserita Via Monte di Pietà (i milanesi capiranno).
L'abbigliamento - In una prima, affrettata versione di ieri, l'attentatore veniva descritto "travestito da finanziere". Oggi viene precisato meglio, ed emerge il quadro di un "finanziere" alquanto anomalo, che sembra fatto apposta non per passare inosservato, ma per generare qualche telefonata di passanti alla neurodeliri: "dalla cintola in su tutto il vedrai", vestito con un giubotto da finanziere, e dalla cintola in giù con una tuta da ginnastica. Mettersi una giacca da smoking su un paio di blue-jeans sarebbe quasi più normale.
L'abbigliamento cambia - Nel pomeriggio è emerso il volto di un quarantenne con naso vistoso e una cresta di capelli. Non più vestito da finanziere: pantaloni neri di una tuta, scarpe da ginnastica e una camicia grigioverde con delle cuciture sulle spalle, "quasi delle mostrine", i suoi abiti. Più che un look da Guardia di finanza, come s'era detto all'inizio, un casual da periferia: stonatissimo in quella zona dove gli aperitivi costano sui venti euro. La Scientifica non ha ancora trovato indizi tra scale e garage e sono state controllate le telecamere sino a quattro isolati di distanza. "È un rompicapo", dicono in Questura, dopo aver raddoppiato la scorta a Belpietro.
I danni del fumo - Il Nostro (per ora lo chiameremo Alessandro), normalmente accompagna Belpietro fin sull'uscio dell'appartamento (5° Piano); aspetta, che il protetto si sia barricato in casa, riprende l'ascensore, e scende in cortile, dove c'è il collega con l'auto. Questa volta no. Il vizio del fumo a momenti non lo manda al creatore. Vuole fumare, e non ce la fa a resistere per quei trenta secondi che un ascensore impiega a fare 5 piani. Quindi decide di scendere a piedi. Tutti noi, in circostanze analoghe, faremmo la stessa cosa...
La vita è fatta a scale - C'è chi scende, e c'è chi sale... E mentre Alessandro, travolto da una crisi da astinenza di nicotina, scende fumando, l'attentatore sale. A piedi. Non ha vusto entrare il poliziotto? Mistero! Perchè si fa 5 piani in salita a piedi - cosa molto più soggetta ad essere notata che non una salita in ascensore? Mistero. Perchè se Alessandro scendeva, ed ha incontrato l'attentatore, questo saliva. Corretto?
L'incontro quasi fatale - L'attentatore incontra Alessandro. Non prova a dire "salve", e far finta di nulla. Detto, fatto, tira fuori la pistola, la punta alla faccia (mica al corpo, che è un bersaglio più sicuro!) e tira il grilletto. Flop! La pistola "si inceppa". Tanto coglione da usare una automatica che lascia i bossoli dappertutto? Perchè la classica arma da attentato, o da omicidio, è il revolver. Che non lascia bossoli dappertutto. E che non si inceppa.
Il Gorilla Generoso - Alessandro tira fuori la sua Parabellum. Ha di fronte un uomo che ha provato ad ammazzarlo, e potrebbe farlo ancora. Gli spara? macchè! Spara in aria, per intimidirlo! Lui con una Parabellum, il fuggitivo con una pistola inceppata... Poliziotto rotto a tutti i pericoli, e si presume in forma fisica... Lo insegue? fino a che piano? e perchè, anche se l'altro per caso fosse più veloce, non continua ad inseguirlo, sparando un colpo in aria ogni tanto, per allertare il suo collega? Mistero!
Ma è lo stesso Alessandro ad informarci: Sento "il clic", l'arma brandita si è inceppata. Nel frattempo, i riflessi mi hanno spedito sul pavimento, da dove sparo due colpi. Poi mi alzo e lo inseguo per le scale, e sparo ancora. I segni dei proiettili sono al quarto piano, un terzo ha spaccato una vetrata del terzo piano. A quel punto, A. smette di inseguire lo sconosciuto dalla pistola inceppata e torna indietro. Indietro? dove? e perchè non continua ad inseguire il pericoloso sovversivo? Mistero!
Il Collega Sordo - Scrive Repubblica: "...l'altro agente è nell'auto, ignaro. Non solo non vede uscire nessuno, ma non sente nemmeno gli spari. Tre colpi, prima due e poi uno, hanno fatto sobbalzare gli inquilini dei signorili palazzi circostanti. Chi citofona ai vari custodi e camerieri, chi telefona al pronto intervento. Dal cortile del palazzo dell'agguato si entra solo in altri cortili, non in strada. Le più probabili vie di fuga danno su via Borgonovo: o c'è la telecamera, o c'è il custode con abitazione. Nessuno ha notato nulla. Se la domanda ancora senza risposta è: "Da dove è fuggito?", ne resta un'altra, della stessa valenza. E cioè: "Da dove è entrato?".
Le gazzette ci informano: "...alcune volanti della squadra mobile si sono precipitate verso il palazzo del giornalista, che era rimasto tranquillamente in casa, sentendo il rumore ma senza ricollegarlo subito a una sparatoria..." Allertate da chi? dov'erano? come hanno fatto a sentire degli spari che la macchina del collega di Alessandro, nel cortile della casa dove si sparava, non ha sentito? Mistero!
L'arma-giocattolo dura poco - Spunta, fra le varie minchiate, anche l'ipotesi che l'attentatore fosse armato di una pistola-giocattolo. E con quella minaccia e fa finta di sparare ad un poliziotto? col rischio di beccarsi la pallottola di un'arma non-giocattolo? ma allora quest'uomo non sarebbe un attentatore con la pistola, ma un pistola autentico, e quindi cadrebbe tutto il castello del Di Pietro violento, dell'attentatore comunista mandato da Bersani, e tutto ciò che diremo dopo nel capitolo cui prodest.
Svanisce il pericoloso attentatore - Un uomo vestito per metà da finanziere e per metà da jogger, con in testa un boule del ghiaccio coperta da una pelle di capra, svanisce nel nulla. Non lo vede il collega di Alessandro, non lo vede nessuno. Non lo vedono le mille telecamere del "quadrilatero" nel quale abita metà della capitalizzazione della borsa di Milano. Qualcuno ci spiega? Perchè l'unica cosa che riesco a pensare è che se un tizio così coglione, conciato così, riesce a sfuggire a tutti gli occhi umani ed a tutti gli occhi elettronici, i non è mai esistito, o si è spruzzato, scale facendo, di arcivernice.
Alessandro, un "escort" fortunato - Bisognava pure che qualcuno lo dicesse. Ci ha pensato, con toni pacati ma con parole chiare, Gerardo D'Ambrosio. Uno che di delinquenti e di scorte se ne intende. Perchè a questo Alessandro è la seconda volta che succede di salvare un personaggio importante da sicura morte, con modalità che hanno somiglianze inquietanti (un epidosio che gli vale una promozione). Nel 1995 ha salvato D'Ambrosio, che ricorda così l'episodio:
"...Alessandro? Lo conoscevo bene, certo. Era anche il mio caposcorta e mi sono stupito quando ho letto che ha sventato un agguato al direttore di Libero, visto che nel 1995 fu protagonista di un episodio analogo, un presunto attentato contro di me che lui sventò. Insomma mi son detto due volte la stessa storia, e la storia si ripete..." A notare le analogie con i due episodi, che hanno avuto il medesimo protagonista è Gerardo D’Ambrosio, ex procuratore di Milano.
Alessandro è stato per molti anni la tutela dell’ex capo del pool di Mani Pulite. E anche con D’Ambrosio («un poliziotto scrupoloso, un professionista attento», spiega l’ex magistrato), l’agente si rese protagonista di un intervento clamoroso, anche allora unico testimone e protagonista di un agguato che si stava per consumare nei confronti del magistrato. «Era un mattino piovosissimo di aprile, il 14 aprile del 1995 - ricorda il senatore D’Ambrosio - Ero a casa e aspettavo come solito l’auto per andare in ufficio. Ricordo che Alessandro citofonò e mi disse "Procuratore non scenda resti su a casa": mi affacciai alla finestra del mio appartamento. Il mio palazzo affaccia su un pezzo di strada che dà su una asilo e vidi soltanto un uomo che parlava con una donna all’interno dell’asilo. Non vidi assolutamente nulla, non mi accorsi di nulla».«Poi, una volta in strada Alessandro, bagnato fradicio e in stato di alterazione, mi spiegò che aveva inseguito una persona proprio dentro l’asilo - prosegue il racconto di D'Ambrosio - un uomo armato di fucile che poi aveva saltato un muro ed era scappato su una moto guidata da un complice. Ma io non mi accorsi di nulla. So che l’indagine non approdò poi a nulla, credo che il fascicolo fu aperto dal collega Pomarici (lo stesso magistrato che ha il fascicolo sul presunto attentato a Belpietro, ndr) e se non sbaglio successivamente la vicenda finì a Brescia». «Quello che mi ha stupito - spiega D’Ambrosio - oltre alla coincidenza delle due vicende, è il fatto che Alessandro abbia sparato tre colpi di pistola e a meno che non abbia fatto fuoco a scopo intimidatorio, un professionista, con una calibro nove parabellum difficilmente non colpisce il bersaglio da quella distanza. Comunque aspettiamo l’esito delle indagini».
Nell’indagine sull’attentato a D’Ambrosio, ci finì poi anche quella persona che lo stesso magistrato vide dalla finestra della sua abitazione parlare con una donna nell’asilo. Una ipotesi investigativa e giornalistica lo descrisse come un complice che era sul luogo per distrarre eventuali testimoni. «Quella persona che avevo visto - racconta l’ex capo del pool di Mani pulite - mi avvicinò successivamente al supermercato, abitava nella mia zona. Era un signore distinto, gentile che con ironia lieve mi disse: "Permette che mi presenti dottor D’Ambrosio? Io sono la persona che secondo qualcuno avrebbe dovuto partecipare al suo omicidio..."» [Repubblica]
CUI PRODEST?
Il Capitolo Maroni: Maroni è preoccupato per il cima di tensione in cui sarebbe maturato il fallito attentato al direttore di Libero Maurizio Belpietro. "Sono preoccupato per questo clima che genera episodi come quello successo a Belpietro. Purtroppo non è il primo e temo non sarà l'ultimo. E' necessario abbassare i toni perché certe accuse, che si leggono magari su alcuni siti internet, possono dare a qualche mente malata lo spunto per fare queste cose". (...insomma, riprende tono la guerra alla rete. Questi stronzi proprio non riescono ad arrendersi né alla democrazia dell'informazione, né all'idiozia di cercare di svuotare il mare col colino del latte... se il tastierista mi manderà in galera come mandante del tentato omicidio fatto dall'uomo con l'arcivernice, portatemi un PC e le arance a San Vittore... NdR)
Il capitolo Maurizio Marcoré - Intanto il Pdl apre un fronte polemico con la Procura milanese. E' il capogruppo al Senato Maurizio Gasparri, parlando su Sky, ad attaccare il capo del pool antiterrorismo Armando Spataro, coordinatore delle indagini sul caso Belpietro, reo di "non garantire imparzialità". "Mi auguro che la Procura incarichi un altro magistrato", conclude Gasparri.
(...io invece, dopo aver attentamente letto i curricula e le biografie di Maurizio Marcoré e di Armando Spataro, mi auguro che, a fronte di un'eventuale istanza per il cambio del magistrato inquirente, la Cassazione mandi cortesemente ma fermamente Marcoré a cagare. Ed ora attendiamo gli sviluppi di questa storia dell'attentatore con la pistola-giocattolo e con l'arcivernice. In genere (vedi scuola Diaz, omicidio Giuliani, Bolzaneto, Aldrovandi ed altri), a questi dilettanti allo sbaraglio basta lasciare un po' di tempo, e riescono a sgambettarsi da soli. Ci spiegheranno. Tafanus
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