La prospettiva di entrare nel prossimo anno con una normativa sul WiFi diversa da quella attuale potrebbe concretizzarsi davvero: Roberto Maroni, Ministro dell’Interno, venerdì scorso ha dichiarato che dal 1° gennaio 2011l’accesso al WiFi pubblico sarà liberalizzato, annunciando il primo passo di un cammino che potrà portare l’Italia a raggiungere – in materia di accesso alla Rete – una disciplina analoga a quella adottata da altri Paesi. In realtà, tutto dipenderà da come proseguirà questo cammino, perché le parole del ministro sono state confortanti, ma non esaustive.
Una nota del Governo informa che “Il Consiglio dei Ministri del 5 novembre 2010 ha approvato un decreto-legge recante misure urgenti in materia di sicurezza, in particolar modo, nelle città e durante le manifestazioni sportive. Il provvedimento inoltre rimuove le restrizioni in materia di accesso alla rete Wi.Fi”. Le ultime due righe del comunicato, che descrive gli ambiti di applicazione del nuovo provvedimento, spiegano: “Infine, pur mantenendo adeguati standard di sicurezza, è previsto il superamento delle restrizioni al libero accesso alla rete WiFi“.
La disciplina dell’accesso alle reti WiFi è contenuta nell’articolo 7 della norma antiterrorismo conosciuta come Decreto Pisanu (poi convertito in legge), che stabilisce l’obbligo – per tutti i soggetti interessati ad offrire un servizio di connettività wireless - di identificazione degli utenti mediante documento di identità e al mantenimento dei log di navigazione. La norma prevede inoltre che il titolare dell’attività che attiva questo servizio debba inoltrare alla questura la richiesta di un’apposita licenza e solamente per questo obbligo era stata fissata una scadenza, definita in prima istanza al 31 dicembre 2007, successivamente prorogata fino all’anno in corso.
In attesa di conoscere i contenuti del decreto legge approvato venerdì scorso, si possono formulare soltanto delle supposizioni: se l’obiettivo del governo fosse quello di non procedere con una proroga al 2011 degli effetti del decreto Pisanu, rimarrebbe in vigore l’obbligo di identificazione con un documento di identità. Per eliminare questa restrizione non sarebbe dunque sufficiente escludere la norma dal decreto milleproroghe (come avvenuto negli ultimi anni), ma si renderebbe necessario un provvedimento che andasse ad abrogare l’articolo 7. Il requisito dell’identificabilità dell’utente potrebbe essere mantenuto solo con nuove disposizioni che – orientate al superamento delle restrizioni oggi in vigore – dovrebbero prevedere l’introduzione di altre forme di tracciabilità.
La spiegazione data dal ministro Maroni preannuncia un percorso in questa direzione: “Per contemperare l’esigenza della libera diffusione del WiFi e quella della sicurezza, valuteremo quali siano gli adeguati standard di sicurezza e dal primo gennaio i cittadini saranno liberi di collegarsi ai sistemi WiFi senza le restrizioni introdotte cinque anni fa e che oggi sono superate dall’evoluzione tecnologica”. Significa che la navigazione degli utenti dotati di laptop, netbook, tablet e smartphone potrà essere tracciata con altri criteri, auspicabilmente rispettosi del diritto alla privacy di ognuno, definiti verosimilmente in un nuovo disegno di legge.
Il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso, in seguito alle dichiarazioni liberalizzatrici del ministro Maroni, ha espresso preoccupazione sulla possibilità di tracciare elementi utili ad individuare 16mila reati (le fattispecie finora identificate dalla Polizia Postale), ma contemporaneamente ha dichiarato di ritenere “giusto che un tavolo tecnico in tempi rapidissimi lavori per trovare un punto onorevole di mediazione tra sicurezza e libertà”.
Resta dunque da capire quanto queste forme di controllo possano realmente esprimere efficacia nel reprimere obiettivi terroristici o criminali. Non è evidentemente efficace l’obbligo di identificazione attraverso un documento: un malvivente o un terrorista potrebbe presentare una carta d’identità fasulla, non immediatamente verificabile, con buona pace di chi ha visto nell’articolo 7 del Decreto Pisanu una misura antiterroristica applicabile ad un ambito tecnologico. Ne consegue che chi fa parte di un’organizzazione terroristica o criminale, o ha comunque un’adeguata competenza, può eludere o rendere inefficaci gli strumenti di controllo che lo dovrebbero bloccare.
E forse è proprio con questa consapevolezza che il ministro Maroni, la scorsa settimana, si è confrontrato su questi temi con il responsabile antiterrorismo israeliano in occasione di Israel HLS STOP, la prima conferenza internazionale su politiche ed operatività delle tecnologie di sicurezza. L’evento si è svolto a Tel Aviv presso l’Hotel Dan Panorama, che tra i vari servizi offerti ai clienti consente l’accesso a Internet con WiFi, così come moltissimi altri alberghi e caffé, nonché aree pubbliche di una città che può essere considerata il principale centro economico di un Paese che, con il terrorismo, convive purtroppo da molto tempo e che ha accantonato – in questo ambito tecnologico – la schedatura degli utenti, proprio perché ritenuta una soluzione non efficace.
Ma era proprio necessario cercare un conforto consulenziale ad Israele in merito a questo argomento? Probabilmente no: anche in Italia operano esperti in grado di rispondere alle esigenze legate alle problematiche della sicurezza dell’accesso ad Internet. Sarebbe stato sufficiente avere il loro supporto qualche anno fa per comprendere l’esistenza della possibilità di penetrare in una rete WiFi protetta e la scarsa utilità delle misure previste dal Decreto Pisanu. Oggi potrebbero spiegare al ministro che esistono metodi per navigare in mobilità in modo anonimo anche su reti UMTS.
Ben venga, comunque, l’obiettivo di superare le restrizioni oggi previste per l’accesso alle reti WiFi. Ma non si cada nell’errore di vedere in questa iniziativa la possibilità di far decollare l’accesso a Internet in Italia: il digital divide, come fenomeno tecnologico e culturale, esiste ancora.
(credits: bonacina.wordpress.com)
Dunque, qualcuno dovrebbe spiegare a Maroni, tastierista da "band" di paese, non da Internet, un paio di cosine semplici semplici:
-a) per i delinquenti veri, che vogliano navigare su Internet in wireless in forma anonima, il mercato delle carte d'identità farlocche, di qualità sufficiente a superare l'esame distratto e non ben allenato di un gestore (filippino o italiano, non importa) di internet-point, è vasto, di facile accesso, e costa poco;
-b) conservare i tracciati di navigazione degli "avventori" è al tempo stesso inutile e vietato. Nessuno può "spiare", senza il mio consenso, se visito facebook, la Pravda o un sito porno. Nessuno può "esplorare" la mia corrispondenza, sia pure informatica, senza un'autorizzazione motivata della magistratura.
-c) si può già naviigare anonimamente attraverso la rete UMTS;
-d) la capacità di archiviazione di un piccolo internet point o addirittura di un bar, di un ristorante, non è infinita, anche laddove non fosse illegale;
-e) esistono (ed è un gioco da ragazzi usarli) diversi sistemi per navigare in forma anonima, attraverso il "ponte" di server che permettono di dirottare la navigazione su altri IP. Uno per tutti? TOR, ma persino mozilla offre l'opzione di navigazione anonima;
-f) chiunque abbia un notebook dotato di porta wireless, può sperimentare che, percorrendo le strtade della città a piedi, e persino in macchina a bassa velocità, si trovano un sacco di routers non protetti attraverso i quali navigare, a spese e sotto la responsabilità degli ignari proprietari di router e connessione;
E negli altri paesi, come funziona? Ecco coda ho potuto sperimentare personalmente:
-1) In Francia gli internet points non chiedono documenti. In Corsica e in molti altri luoghi la connessione in molti esercizi pubblici è anonima e gratuita.
-2) a Praga in tutti gli alberghetti, le pizzerie, i bar, c'è la connessione wi-fi gratuita ed anonima.
-3) In Croazia, in quasi tutti gli alberghi c'è la connessione a pagamento, con tessera prepagata, molto economica, in tutte le camere, addirittura con la presa Ethernet in camera, ed in wireless negli spazi comuni (bar, ristorante, piscina, spiaggia...) Se si acquista la tessera in reception, pagandola cash anzichè facendola addebitare in conto, non rimane traccia neanche di chi sia stato l'acquirente.
-4) dell'Islanda sappiamo: è il rifugio d'elezione di Wikileaks, figuriamoci se non ti danno una connessione super-anonima...
Infine, a latere, vorrei ricordare a Maroni che, anche se navigo da casa mia, col mio router, il mio IP, il mio abbonamento, se traffico attraverso Skype (voce, dati, chat) sono assolutamente non intercettabile. Skype è diventato, proprio per questo, il sistema di comunicazione preferito dalla criminalità organizzata. Skype fa infatti passare qualsiasi comunicazione attraverso una crittografia basata su un algoritmo diverso ad ogni accesso, che inutilmente, da anni, i paesi occidentali cercano di farsi dare da Skype.com
Svegliati, Maroni, che la tastiera dell'informatica non la fermi rompendo inutilmente le scatole ad operatori ed utenti. Consentici di essere liberi e moderni almeno quanto lo sono in Croazia.
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