E' ripreso il processo. Con qualche sorpresa... Le due ville in Costa Smeralda. Le dieci case di Milano. Vendute ad amici a ridosso del fallimento. E il prestito milionario del premier dopo il caso Ruby, con cresta per Emilio...
(di Paolo Biondani e Gianfrancesco Turano - l'Espresso)
Lunedì 10 gennaio 2011 al palazzo di giustizia di Milano. Si riprende dopo le ferie, e i sostituti procuratori Eugenio Fusco e Massimiliano Carducci interrogano Dario Mora, detto Lele, per la bancarotta della sua LM Management, sepolta da un buco di circa 18 milioni di euro. Come da rito, il pm chiede all'indagato generalità e titoli di studio. L'agente di dive e tronisti, all'occorrenza accompagnatore di fanciulle economicamente disagiate verso l'Ostello della Gioventù di Arcore, rivela un curriculum in formato Bankitalia: laurea in economia e commercio all'Università di Bologna e laurea honoris causa in Scienze della comunicazione allo Iulm di Milano. Fusco, un veterano dei processi Parmalat e Bpl, incassa e rilancia dicendo che gli fa piacere parlare con una persona così qualificata, visto che il processo è per un reato finanziario. Ma il know-how economico di Lele non è passato dalle aule accademiche. Tutto guadagnato sul campo.
A una verifica de l'Espresso, infatti, l'Alma Mater di Bologna risponde "sconosciuto al battaglione". Mora non risulta né laureato, né iscritto, in base ad archivi che risalgono fino al 1933. La storia dello Iulm è più recente, ma l'università privata milanese dà la stessa risposta.
Benvenuti nel mondo di Mora, dove sogno e realtà sembrano fondersi in "vite parallele", per usare la stessa espressione con cui Karima detta Ruby ha giustificato il suo dietrofront sui festini a luci rosse a casa del premier. Se fino all'estate scorsa, l'allora minorenne marocchina era una testimone d'accusa, ora si è trasformata in un pilastro della difesa, scagionando Berlusconi prima con i suoi avvocati e poi in un'intervista televisiva con Alfonso Signorini. Anche per Lele i dilemmi si sprecano. Agente delle star o accompagnatore e sfruttatore di prostitute, compresa Ruby? Ex parrucchiere veneto pregiudicato per spaccio di cocaina o imprenditore laureato? Ricchissimo o poverissimo?
Ai magistrati che indagano sulla LM Management interessa solo il terzo interrogativo. Mora ha già confessato di aver prelevato più di tre milioni di euro dalle casse della società fallita, usando lo stesso giro di fatture false del suo amico fotografo Fabrizio Corona (che, smentendolo, nega di averli mai intascati come ipotetico regalo amoroso). Ma non basta. Il curatore del fallimento, Salvatore Sanzo, ha scoperto che Lele usava il conto dell'azienda come un Bancomat personale, con prelievi accertati fino a 2,8 milioni e uno scoperto finale di un milione e 200 mila euro, mentre il fisco reclama tasse non pagate per altri 15 milioni. Di qui l'istanza di mettere all'asta non solo la LM Managament, ma tutti i beni della galassia Mora, in Italia e all'estero, comprese le proprietà personali e i patrimoni delle società ancora attive, formalmente intestate ai figli Mirko e Diana ma secondo l'accusa gestite da Lele.
Lo spettro del fallimento ora incombe anche sulla LM Productions, che continua a gestire i personaggi della scuderia. Qui l'altro socio è Andrea Carboni, figlio di Flavio (il faccendiere del crac Ambrosiano appena scarcerato per l'affare P3). Ma a rischio è soprattutto il tesoro dell'Immobiliare Diana, controllata dalla lussemburghese Feva Investments. Dagli atti del fallimento, come ha verificato l'Espresso, risulta che l'immobiliare Diana è proprietaria di sei appartamenti a Milano: gran parte del palazzo di viale Monza 9, dove Mora ha il suo quartier generale, una casa da 14 vani in via Battaglia (zona Loreto) e un'altra da 12 più box in via Meda. Negli ultimi anni, la Diana ha comprato e venduto altri quattro immobili: due case a Milano e due ville in Costa Smeralda. La più piccola è stata venduta nell'ottobre 2003 a Simona Ventura, quando la showgirl era ancora nella scuderia di Lele. Poi c'è un appartamento in via Settembrini a Milano. Mora lo compra da Umberto Smaila e lo rivende a fine 2007 a Luisa Corna, la più amata dalla Lega. E ora attenzione alle date: il fisco notifica le accuse più gravi tra il 2007 e l'inizio del 2008. E' allora che si creano le premesse della bancarotta. E poco dopo la Diana srl vende i pezzi più pregiati. Lo stesso giorno, il 15 maggio 2008, cede l'intero primo piano del palazzo di viale Monza e la villa più grande di Porto Cervo (13 vani).
La proprietà milanese viene ceduta alla FPM Realty: una società lussemburghese che fa capo a Giovanni Semeraro, mister Aiazzone. Il mobiliere, a sua volta impelagato in una difficile situazione economica, è legato a un circuito d'affari che include il suo socio Giampiero Palenzona, fratello del vicepresidente di Unicredit, e un paio di comprimari nella stagione dei furbetti del quartierino, ramo Bpl Suisse, la banca svizzera dove Gianpiero Fiorani aveva la sua tesoreria occulta. Del resto, Mora aveva comprato quell'immobile proprio da Bpl Re, il braccio immobiliare della Popolare di Lodi. E nel 2007 Fiorani, dopo il carcere, ha passato un'estate da leone tra party con Mora e serate al Billionaire.
La villa in Sardegna viene venduta alla bresciana Franciacorta Gestioni. La proprietà è schermata dalla Fiduciaria Aletti, ma a gestirla sono manager legati sempre a Semeraro e allo stesso Mora, come Luigi Angelo Zavaglio, amministratore del Billionaire Beach. Insomma, i tesori della Diana srl finiscono in mani amiche. A queste coincidenze, l'inchiesta su Ruby ne aggiunge altre. Anche qui, occhio alle date. La LM Management fallisce l'11 giugno 2010. Nei mesi precedenti Mora aveva tentato l'impossibile per evitare il crac. Aveva bussato a tutte le porte, senza ottenere neppure una garanzia di pochi milioni. L'unica gli viene concessa da una società romena, controllata da affaristi italiani. Poi arrestati per false fidejussioni.
La situazione si capovolge in coincidenza con il caso Ruby. La minorenne marocchina viene interrogata dai magistrati tra il 2 luglio e il 3 agosto 2010. E a fine mese Mora, con l'amico e co-indagato Emilio Fede, riesce finalmente a trattare un prestito con Silvio Berlusconi. Nelle intercettazioni si parla di tre versamenti con assegni circolari, per un totale di 1,2 milioni di euro. Mora ritira soldi il 30 agosto, il 27 settembre e il 14 ottobre da Giuseppe Spinelli, il tesoriere del premier, lo stesso incaricato anche di pagare almeno 14 ragazze delle notti di Arcore. Nelle stesse intercettazioni Fede e Mora parlano di un affare immobiliare "parallelo", che sembra spaventare Berlusconi. Visto che c'è di mezzo "il fallimento" e "il Lussemburgo", il premier vuole "una nuova società, con notaio, visure catastali" e "doppio passaggio".
L'affare sembra chiudersi con la firma di Silvio ad Arcore il 26 ottobre, lo stesso giorno in cui "Il Fatto" pubblica le prime indiscrezioni su Ruby. Questa misteriosa operazione immobiliare, stando alle parole di Fede e Mora, varrebbe da "uno e mezzo" a "due" milioni. In totale, compresi i circolari, si supererebbe così quota 2,5 milioni. Scoppiato lo scandalo, Berlusconi ha ammesso "un prestito a un amico in difficoltà", ma non ha dato cifre. Dunque, quanto ha versato a Lele? E perché, dopo averlo lasciato fallire, lo ha riempito di soldi proprio mentre stava per scoppiare il caso Ruby? L'avvocato Luca Giulante, tesoriere lombardo del Pdl e difensore di Mora nel fallimento, ferma il conto alla cifra più bassa: "Credo che Mora abbia ricevuto dal presidente solo 1,2 milioni di euro, che corrispondono alla somma dovuta da Lele alla società fallita. E la mia amica Ruby non c'entra nulla".
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