Lo sguardo sognante di Frattini verso il pecoraio
Gheddafi spara sui civili, i ministri dei 27 lavorano a un documento di condanna ma si scontrano con la posizione italiana. Frattini: "Non interferire per rispetto della sovranità dei popoli". Domani incontro con Berlusconi sui flussi. L'opposizione: "Vergogna, venga in Parlamento"
ROMA - La rivolta popolare in Libia mette l'Italia in una posizione scomoda, sul fronte interno come nelle relazioni internazionali. Perché all'enfasi di cui Silvio Berlusconi aveva ammantato i vari momenti della ritrovata "amicizia" con il leader libico Muammar Gheddafi, per lo sconcerto di Usa e Gran Bretagna, oggi si contrappone l'assordante silenzio con cui la Farnesina segue le proteste di piazza contro il regime del colonnello.
Di fronte ai primi segnali di rivolta a Tripoli, Berlusconi faceva sapere di non aver neanche tentato una telefonata all'"amico" Muammar "per non disturbare". Oggi che la rivolta contro Gheddafi monta di minuto in minuto, con le forze ancora fedeli al rais che sparano sui civili anche con i carri armati, il ministro degli Esteri Franco Frattini continua a considerare prioritaria la non ingerenza negli affari interni della Libia. L'unica vera preoccupazione del governo italiano appare al momento l'effetto della rivolta sui flussi migratori verso le nostre coste, tema di un vertice che domani sera vedrà confrontarsi a Palazzo Chigi Berlusconi e Frattini, oltre al ministro dell'Interno Roberto Maroni, il ministro della Difesa Ignazio La Russa e quello dello Sviluppo Paolo Romani. Intanto l'opposizione insorge e chiede che Frattini riferisca in Parlamento. Il ministro degli Esteri lo farà mercoledi, anche se al momento non si sa se in aula o in sede di commissioni riunite.
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Così l'Italia, ex dominatore coloniale della Libia, rischia di fare la stessa pessima figura dell'iniziale immobilismo francese nei riguardi della rivolta tunisina contro il dittatore Ben Ali. Con l'aggravante che proprio la posizione italiana risulta persino di ostacolo nell'adozione in sede Ue di un testo condiviso sulla situazione libica. Che alla fine passa: in una dichiarazione a conclusione del Consiglio dei ministri degli Esteri a Bruxelles, i 27 "deplorano la violenza e la morte dei civili" e sollecitano la fine immediata della repressione contro i manifestanti invitando tutte le parti a usare moderazione". I 27 chiedono alla Libia di rispettare la libertà di espressione e il diritto a manifestare pacificamente. "Le legittime aspirazioni e le richieste della gente per delle riforme deve essere raggiunto attraverso un dialogo aperto, inclusivo e significativo di tutta la nazione". (...caspita, che comunicato! c'è una richiesta alla "moderazione"! Niente bombe sulla folla, please!... NdR)
Ma una fonte comunitaria riferisce della "difficile mediazione" tra le diverse diverse sensibilità emerse tra gli Stati membri. Mentre i 27 ministri dell'Unione negoziavano, fonti della Farnesina riferivano dell'insistenza italiana perché nella bozza ci fosse un riferimento alla necessità che l'integrità territoriale della Libia sia mantenuta e difesa. Richiesta in collisione con la linea dura espressa da Germania e Gran Bretagna, unico Paese Ue, quest'ultimo, ad avere convocato l'ambasciatore libico in segno di protesta contro le violenze contro i manifestanti.
A riassumere la posizione italiana è lo stesso ministro Frattini, al suo arrivo al consiglio esteri a Bruxelles. In Libia "il processo di riconciliazione nazionale deve partire in modo pacifico, arrivando poi a una Costituzione libica: sarebbe un obiettivo fondamentale". Frattini spiega poi il perché dell'insistenza italiana sull'integrità territoriale della Libia. "Sono molto preoccupato per una Libia divisa a metà, tra Tripoli e la Cirenaica - dice il capo della nostra diplomazia - Si stanno affermando ipotesi come quelle di emirati islamici nell'est della Libia. A poche decine di chilometri dall'Europa questo costituirebbe un fattore di grande pericolosità". Quindi Frattini motiva l'immobilismo tanto criticato in queste ore, tanto dall'opposizione quanto dagli stessi libici in Italia, che a Roma inscenano una manifestazione davanti alla loro ambasciata a Roma. "Non possiamo dire: questo è il nostro modello, prendetelo L'Europa non deve fare questo, perché sarebbe non rispettoso della sovranità e dell'indipendenza dei popoli". (...queste le formidabili dichiarazioni del maestro di sci nei confronti di un tiranno che ammazza persino con cannonate, razzi e bombe i manifestanti. NdR)
Rispetto della sovranità, volontà di non imporre modelli occidentali. Argomenti che all'opposizione suonano particolarmente ipocriti. "Il governo Berlusconi tace perché non può parlare - afferma il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani - perché si è compromesso in modo incredibile stracciando anche la nostra dignità. Vogliamo ricordare la scena, in una caserma dei carabinieri, con Gheddafi che ci dettava il compito. A questo ha portato il ghe pensi mi che, trasferito in politica estera, è il rapporto personalistico con dittatori e persone autoritarie. Domani faremo un sit-in al Pantheon a Roma e diremo la nostra". E Dario Franceschini, capogruppo del Pd alla Camera, chiede che il governo "venga con urgenza a riferire al Parlamento".
Anziché rilasciare dichiarazioni al vetriolo in qualità di leader di Futuro e Libertà, Gianfranco Fini preferisce agire. E, in veste di presidente della Camera, invia al suo omologo libico, Muhammad Abu-al-Kasim Zway, presidente del Congresso generale del popolo, una lettera di condanna della "dura repressione attuata dalle forze di sicurezza nei confronti dei manifestanti e della popolazione civile". Nella missiva, Fini si augura che "le violenze cessino immediatamente e vengano riconosciuti ai cittadini i diritti fondamentali della libertà di manifestare pacificamente e di esprimere liberamente le proprie convinzioni". Mentre anche il vicepresidente dei finiani, Italo Bocchino, chiede a Berlusconi di riferire in aula sulle vicende libiche.
Per l'Italia dei Valori parla il capogruppo al Senato, Felice Belisario. "E' inammissibile che l'Ue stia pensando di evacuare i suoi cittadini dalla Libia mentre per il nostro ministro degli Esteri l'Europa non deve interferire. Frattini venga in Aula ad assumersi la responsabilità del patto d'acciaio stretto per assecondare e proteggere Gheddafi, quando la vita dei cittadini libici e dei nostri connazionali è in pericolo e le coste italiane rischiano di essere invase".
"Scandalizzati e indignati" i Verdi, che con il presidente della federazione nazionale, Angelo Bonelli, accusano Frattini di parlare "come se fosse l'ambasciatore di Gheddafi". Gianni Vernetti di Alleanza per l'Italia ricorda che l'Italia potrebbe esercitare la sua influenza per spingere al dialogo e invece decide "con il silenzio più assoluto di non volere essere protagonista della gestione di una crisi così importante".
Infine Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione Comunista, in piazza con i manifestanti libici a Roma, condanna la "vergogna che il governo italiano non faccia nessuna pressione al fine di fermare la repressione in Libia. Evidentemente gli affari di Berlusconi con Gheddafi sono stati migliori del previsto". (21 febbraio 2011)
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