Di Venerdì Santo, Renato Soru è sceso dalla croce dove lo avevano inchiodato da molti anni. Sarebbe blasfemo parlare di resurrezione anticipata sulla Pasqua vera. Ma certo per lui è una liberazione grande, drammatica. Come il pianto che l’enorme tensione interiore accumulata nel tempo gli ha fatto sgorgare alla lettura della sentenza. Lacrime liberatorie con un applauso risarcitorio: per un onore mai perduto ma messo in dubbio. Il verdetto, comunque, lo ristabilisce pubblicamente e definitivamente. Del resto, lo stesso Pm che chiedeva la condanna, aveva escluso implicazioni corruttive, di tangenti o altro riconducibili all’ex presidente. In una vicenda nella quale – ma di questo poco o nulla si è detto – non è corso un solo euro, né la Regione ha sborsato alcunché alla Saatchi&Saatchi per la gara contestata e poi annullata. Per queste ragioni avevo deciso da tempo di scrivere queste stesse cose anche se il verdetto avesse sanzionato Soru: per comportamenti formali arbitrari e illegittimi ma non sfiorati dal sospetto di interessi sporchi [continua]
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