Questa mattina, l'amico Domenico da Desenzano mi scriveva: "Contento? Torino e Bologna sono assicurate, a Milano e a Napoli ce la si può fare e poi alcuni altri comuni, capoluoghi o meno, fanno comunque numero e, soprattutto indicano una tendenza al movimento, la disponibilità a modificare il proprio orientamento....".
Gli ho risposto: "Non canto vittoria ma mi auguro che sia l'inizio di una inversione di tendenza e di una riscossa che coinvolga anche gli sfiduciati, gli "schifati" e gli indifferenti. Se non teniamo "cara" la politica, come possiamo tener caro il futuro?". Anche l'amica Lidia mi sollecita e mi solletica: "Ma Don Aldo, proprio oggi non favelli???? Eh no dai , siamo qui ad aspettare i tuoi commenti. Forza, non tenerci sulle spine!"
Un pò di olio balsamico sulle ferite non può che far bene, ma a me non è mai piaciuto fare la clacque; né mi piace il tifo da stadio che ubriaca e distrae.
Sento dentro di me che c'è un popolo da ricreare, una politica da reinventare, degli ideali da rifare nostri, in una lotta senza soste e senza intermittenze. E sento ancora che non è sufficiente dirsi "di sinistra" ( e quindi festeggiare la vittoria della sinistra....). Non voglio fare il bastian contrario, ma quanti interessi di parte ci sono anche tra gente di sinistra, quanti conflitti di interessi, quanti maneggiamenti per sposare il potere per il potere?
Gustavo Esteva, allievo di Ivan Illich, studioso delle popolazioni indigene, che attualmente vive a Oaxaca, in un intervento al "Festival de la digna rabia" organizzato dall'Esercito zapatista di liberazione nazionale in Chapas all'inizio del 2009, ebbe a dire:
La questione che oggi abbiamo di fronte non è chi sta al potere, lassù in alto, né in che modo qualunque persona, gruppo o partito ottengono una posizione di potere, se per mezzo di elezioni o in qualunque altro modo. La questione poggia sulla natura stessa del sistema di potere nello Stato nazione come struttura di dominazione e controllo. «Non arrivare a innamorarsi del potere», ci ammoniva Foucault. Cadono in delirio, innamorati del potere, coloro che lo esercitano dopo averlo conquistato, ai vertici del Potere statale o nel più insignificante municipio. Perché alla fine dei conti il potere è una relazione, non una cosa che si possa distribuire, qualcosa che gli uni hanno e altri no, qualcosa che possa essere conquistato ed esercitato per scopi differenti, come uno strumento qualsiasi. Nel quadro dello Stato nazione, il potere esprime una relazione di dominazione e controllo, una relazione nella quale una delle parti domina e controlla l'altra parte per realizzare ciò che desidera, siano alti ideali o piccoli affari.
Chi lotta per prendere il potere acquisisce il virus del dominio e del controllo e lo applica senza vergogna sui suoi stessi compagni di lotta. La sinistra al potere mi fa piacere ma mi preoccupa anche perché il potere corrompe. Il mio conterraneo Ignazio Silone scriveva:
"L'esercizio del comando asservisce, cominciando da quelli che lo esercitano... Servirsi del Potere? Che perniciosa illusione. E' il Potere che si serve di noi"....
Personalmente preferisco la lotta, che segnala, che denuncia, che tiene svegli. Qualcuno potrebbe dire: "Bisogna pur compromettersi nel fare, nel governare, nel prendere decisioni...; bisogna pur sporcarsi le mani...!".
Appunto: bisogna, facciamolo ma senza far festa. Festa sarà quando il popolo sarà rimesso in piedi e le istituzioni saranno aperte al servizio e il potere sarà un contropotere nelle mani dei non aventi potere. Allora anche noi cristiani potremo cantare il nostro Magnificat del duemila per il rovesciamento dei troni, l'innalzamento degli umili, per i ricchi che andranno a mani vuote e per gli affamati che saranno ricolmati di beni! Allora sarà vittoria e allora festeggeremo.
Per ora esprimo tutto la mia gioia per questa débacle dei prepotenti usurpatori che, adusi a far mercato, credono di comperare anche la coscienza dei cittadini. Plaudo ai milanesi non vendibili e agli italiani non disponibili alle voglie del satrapo.
Aldo
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