Al Giornale, che ieri ha dedicato tre pagine per far credere ai propri lettori che non c'è alcuno strappo nella "sana borghesia", che ha tutte le ragioni per guardare a destra, essendo quella di Iniziativa 51 la solita storia di snob e radical-chic, è stato necessario replicare. Soprattutto per impedire che lettori ed elettori del centro indeciso caschino in questa trappola fondata su una intepretazione manipolata del fenomeno civico che riteniamo sia in corso a Milano, anche al di là dell'esperienza che noi rappresentiamo. Le artigleriere sono quelle che sono, ma ci aiutiamo con la rete e la diffusione in vario modo dei messaggi che produciamo. Qui di seguito, un allegato tratto dalla pagina 2 del Riformista di questa mattina. Stefano Rolando
Essere fraintesi in una campagna elettorale che fa distinguere l’area degli insulti e l’area della proposta è il minimo. Che il principale organo dell’alterazione dei toni a Milano – il Giornale – non riesca nemmeno in extremis a ricordarsi della sua origine montanelliana generando nuova manipolazione tra i propri lettori è una conferma.
Il fraintendimento, possibile come cultura giornalistica, diventa obiettivo e quindi costume quando una testata cessa di appartenere al mondo dell’informazione per scegliere via, metodo e prassi della politica militante. Ieri Il Giornale ha fatto credere – per l’ennesima volta - cose diverse dalla realtà cercando di riportare a sensibilità ambiti di opinione - per esempio l’area liberalsocialista poco incline ai radicalchic e ai poteri forti “filocomunisti” - che non avendo sopportato la campagna sgangherata contro zingaropoli e contro il “fabbricante in serie di moschee” si ritiene essere più disponibile quando si dice che dietro all’avversario si aggirano riccastri privilegiati rossi in sé sprezzanti e antipopolari.
Le tre pagine del Giornale che spostano l’attacco da Pisapia alla borghesia milanese che appoggia Pisapia sono state l’inevitabile (per un giornale-partito) risposta ai media che – accortisi di questa novità – hanno dato spazio a Iniziativa per il 51 diventata dopo il primo turno Iniziativa Oltre il 51, promossa da Piero Bassetti, ora sottoscritta da 160 cittadini milanesi reputati. Questa iniziativa ha posto tre questioni:
# il cambiamento a Milano non solo con i partiti ma grazie anche a un impegno della società civile “capace di riprendersi le sue istituzioni” (Onida);
# l’impossibile cambiamento se riprende la guerra per l’egemonia in una sinistra che non ha superato del tutto traumi post-ideologici (Bassetti);
# le competenze necessarie per avere visione innovativa per riportare Milano avanti e nel mondo (Vitale). Pisapia, nella sua indipendenza, ha dimostrato sensibilità non tattica al riguardo.
Così che nel giro di pochissimo tempo è stato possibile un riuscito convegno sul posizionamento economico per il futuro assetto municipale (Umanitaria 10 maggio); una riflessione seria sul ripensamento dei modelli organizzativi nella gestione più innovativa di competenze accorpate nel governo della città (Circolo della Stampa 20 maggio); una assemblea straordinariamente partecipata per fare convergere su proposte di merito (istituzioni, welfare, cultura, economia, partecipate, risorse, diritti) sistema dei saperi e sistema delle rappresentanze sociali in una visione di “larga maggioranza”. Che al Circolo De Amicis il 24 maggio si è tradotta nel far ragionare insieme politici della coalizione di Pisapia e politici che al primo turno non hanno votato Pisapia.
Questo crinale, questo valore aggiunto, non è stato prodotto appoggiandosi a vecchie aggregazioni. Il Giornale fa credere che siano gli stessi di Libertà&Giustizia, che ci siano dietro i soliti “nemici” di cui è espressione La Repubblica, che alla fine ci siano dietro i soliti snob che disprezzano il popolo. Lo dicono sapendo di mentire. Perché gli articoli in questione – a parte una povera cosa costituita dall’editoriale del direttore del Giornale Sallusti, espressione di una condizione di turbamento complessivo (che la lettura della sua intervista a Vanity Fair spiega bene) di chi ha perso una battaglia e sta forse per perdere anche il posto – sono affidati a penne professionali, in un certo senso nella tradizione di quel giornale.
Quelle di Giancarlo Perna e di Vittorio Macioce. Un giornalista, innanzi tutto, deve dimostrare di interpretare. Diversamente fa il barista, il tassista, il distributore di luoghi comuni. L’interpretazione qui è questa: ecco i soliti snob, che disprezzano gli avversari e insultano le rappresentanze popolari. Di mezzo l’impresa Il Giornale che ne approfitta per tirare cazzotti ai concorrenti - Repubblica e Corriere – entrambi accomunati nel delitto di “tifare contro il Pdl”. Peccato che Perna e Macioce non abbiano letto le carte, non abbiano valutato il profilo di questa aggregazione, compresa la natura di novità e di rappresentanza non di salotti ma di professioni, non di poteri forti ma di tanti ex-servitori delle istituzioni, non di finanzieri senza scrupoli ma di imprenditori (i più medi e innovativi), non di privilegiati ma di cittadini con senso civile della partecipazione, non moralisti da strapazzo ma operatori interessati al rapporto tra legalità e libertà. Dunque più liberali dell’attuale maggioranza che quel giornale difende.
Perna e Macioce hanno scritto “da tavolino” rispondendo ad un impulso a-critico: se si tratta di borghesi devono essere radicalschic. E’ la peggiore sciocchezza che può dire un organo di stampa letto da borghesi. Ed è la peggiore sciocchezza che può dire un giornale che si stampa a Milano dove proprio quel pluralismo civico ha fatto fare alcuni passi di storia alla città e ai suoi primati.
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