Lasciatemi rivendicare il merito di aver scritto, forse per primo, che la "mozione" della Lega - che per almeno tre minuti ha fatto tremare il mondo politico, era una minchiata sesquipedale, il nulla sottovuoto, un mix fra affermazioni inutili e richieste velleitarie ed inapplicabili. E' infatti del 1° Maggio il nostro post [La Lega Patana, e le bolle d'aria fritta della "Mozione Libia"].
Questa "mozione" ha scatenato per un paio di giorni speranze, paure e previsioni di politologi della mutua. Alcuni temevano, altri speravano che la legislatura si sarebbe infranta contro questa brillante mozione.
E mentre il mondo politico italiano si divideva fra tremebondi e speranzosi, noi siamo stati forse gli unici a scrivere - in tempi non sospetti - quello che da mercoledì ormai è chiaro persino alle più belle teste del giornalismo politico italiano: questa "mozione-sòla" sarebbe finita nel ridicolo. Ecco alcuni passaggi di questo nostro post:
"...Ugh! Umberto da Giussano ha sfoderato lo spadone di latta, ed ha lanciato i suoi penultimatum, che, nelle intenzioni, dovrebbero servire a placare i ragazzotti delle valli bergamasche, gli idraulici e i panettieri della Brianza bassa, quella dei mobilieri e delle fabrichette, che iniziano a rimpiangere i tempi belli del "Berluscatz"... Una roba in sei punti che sarebbe più giusto chiamare "Emozione", pittosto che "Mozione", tanto sono vaghi, sfarinati, acquosi i sei "punti". Se qualcuno ti chiede se vuoi bene alla mamma, come puoi dire di no?..."
Due giorni dopo abbiamo scritto un altro post dal titolo [La mozione della Lega: qualche aggettivo cambiato, ed ecco trovata "la quadra"], che riportava i cambiamenti drastici imposti dal cazzaro di Arcore al cazzaro di Cassano Magnago. Roba seria, roba di sostanza... Cassano Magnago deve incassare da Arcore drastici cambiamenti di questa portata:
Il "totale rispetto" diventa il "pieno rispetto"; "l'art. 11" diventa "l'articolo 11"... Vi sembra roba da poco???
Dopo che Arcore e Cassano hanno "trovato la quadra", e solo allora, i giornalisti e gli "opinionisti" perennemente assisi in TV si sono accorti che il tutto era nulla. Una guerra con la scadenza come la mozzarella, con la differenza che i produttori di mozzarella la data di scadenza la stampano sulla confezioni. I due cazzari invece "concordano che la guerra deve avere una scadenza". Quale, non dicono. Dicono solo che la scadenza della mozzarella (...pardon...della guerra...) sarà concordata con "le Organizzazioni Internazionali e i Paesi Alleati".
Per la cronaca, i "Paesi alleati" sono quelli che non ci cagano neanche di striscio, e che non ci invitano nemmeno alle riunioni. Le "Organizzazioni Internazionali" sono essenzialmente la NATO, la quale, a stretto giro di posta, ha fatto sapere ai cazzari che le guerre non hanno la data di scadenza come le mozzarelle, e che "scadono" quando finiscono, e finiscono quando gli obiettivi sono stati raggiunti. (Per la serie "Monsieur De Lapalisse, cinque minuti prima di morire, era vivo).
Adesso, all'improvviso, tutti si sono accorti di quanto andiamo predicando da 4 giorni, e cioè della "insostenibile leggerezza della minchiata" (Milan Kundera riveduto e corretto).
Non infierirò con parole mie, mi approprierò di alcune frasi tratte dal blog di Giovanni Maria Bellu, in un bellissimo post dal titolo [Nel mare del ridicolo]
La mozione della maggioranza sull'intervento in Libia entrerà nella storia militare. Introduce il rivoluzionario concetto di «guerra a tempo». Non è ancora chiarissimo come questa guerra sarà regolata, ma è certo che presto conosceremo una data, anzi un «termine temporale», entro cui cesseranno le «azioni mirate contro specifici obiettivi militari libici». Se, come ha più di una volta detto il ministro-ombra Frattini, il trattato con la Libia era da ritenersi congelato, con la decisione di ieri si è avviato un parziale scongelamento. La «guerra a tempo» è il sogno di ogni paese sotto attacco perché l'esistenza di un termine elimina il fastidio di amministrare le forze di cui si dispone. A meno che il termine fissato non sia molto stretto. In tal caso la «guerra a tempo» per il paese sotto attacco diventa un incubo. Come spiega il generale Angioni a Umberto De Giovannangeli, Harry Truman utilizzò il concetto di “termine” in campo bellico per spiegare la bomba atomica su Hiroshima. Escludiamo, comunque, che il nostro premier intenda radere al suolo Tripoli.
Fermiamoci qua. Non vorremmo creare allarme. Quanto avete letto era un puro esercizio di stile. Abbiamo solo fatto finta di prendere sul serio la mozione che ieri ha consentito alla maggioranza di ricomporre i suoi brandelli. E se c'è ancora qualcuno disposto a dare credito alle sparate dell'alleanza Berlusconi-Bossi-Scilipoti, per tranquillizzarsi legga quel che ha dichiarato – proprio mentre le prime notizie sulla «guerra a tempo» cominciavano a diffondersi – il responsabile delle attività marittime della missione Nato in Libia: «La missione durerà il tempo che sarà necessario». Posto davanti a questa assoluta ovvietà, il ministro-ombra non ha fatto una piega: «Concorderemo il termine con gli alleati». Il trascurabile particolare che “gli alleati” si riconoscono nella Nato sarà presumibilmente oggetto del prossimo Consiglio dei ministri.
La nave Italia solca a vele spiegate le acque internazionali del ridicolo e, paradossalmente, è proprio il discredito universale di cui gode il premier a metterci al riparo da seri incidenti diplomatici. Da Washington a Berlino, da Londra a Parigi, tutti ormai sanno perfettamente che Berlusconi non va preso sul serio. E che l'affidabilità dell’Italia è nelle salde mani del capo dello Stato e di un popolo che nei momenti importanti sa dare il meglio di sé. Il mondo ha inteso come l'abbiamo inteso noi quanto è accaduto ieri: un primo ministro sotto ricatto ha assecondato le confuse voglie di un alleato insaziabile che voleva mostrare un po' di muscoli in vista delle elezioni.
Operazioni di questo infimo livello sono possibili solo quando si può contare su un apparato mediatico formidabile, in grado di nascondere i vermi che galleggiano nella zuppa. Ed è su questo – oltre che sui problemi reali del Paese al collasso – che bisognerà concentrarsi nelle prossime settimane e nei prossimi mesi.
Le occasioni non mancano. Mentre scherza con la guerra, la maggioranza agisce con concretezza ed efficacia per evitare il quorum ai referendum del 12 e 13 giugno. E sta svolgendo una sleale azione di ostruzionismo per impedire che i cittadini vengano informati. In commissione di vigilanza Rai l'approvazione del regolamento, indispensabile per avviare la discussione sui referendum nella tv pubblica, slitta ormai da un mese. Per mancanza di numero legale. Un aggettivo, quest'ultimo, che suona sempre sinistro ai sostenitori di Silvio Berlusconi.
Giovanni Maria Bellu
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