...l'otto luglio, in piazza Navona a Roma, in contemporanea con l'iter di approvazione della legge sulle intercettazioni, l'Italia dei Valori ha indetto una manifestazione per la libertà di espressione e per la giustizia". Con una lettera pubblicata sul blog di Beppe Grillo, Antonio Di Pietro convoca in piazza anche il popolo dei "Vaffa"...
Ecco, questa è esattamente la ragione per la quale io l'8 luglio andrò al mare. Esattamente l'8 luglio del 2007 iniziava il "lancio" del Vaffa-Day dell'8 Settembre. Meglio, veniva lanciata l'idea di profanare l'8 Settembre con una pagliacciata. Come ho scritto qualche ora fa in un commento, ho apprezzato la verve con la quale Di Pietro ha attaccato Berlusconi.
Ora Di Pietro ricomincia a fare "compagnia di giro" col populista di Genova, ed io, come promesso, scendo di nuovo, e di corsa, dal carro di Di Pietro, sul quale sono rimasto esattamente 36 ore. Quando Di Pietro mi spiegherà quali siano i risultati concreti delle piazzate dell'8 Settembre 2007, e/o del 25 aprile 2008, mi pentirò del mio pentimento, mi cospargerò il capo di cenere, ed andrò a Canossa.
Per ora, resto della mia idea: due populisti, sommati, non fanno uno statista. Fanno due populisti rafforzati e peggiorati. Quindi per ora, hic manebimus optime. Tafanus
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Politica e questione morale: l'Italia dei Valori Calanti - Abbandoni. Polemiche. Risse. Guai giudiziari. Conflitti di interesse. Così il partito di Di Pietro vede aumentare caos e scontenti. Mentre alle amministrative sono diminuiti i consensi
(di Riccardo Bocca - l'Espresso)
L'entusiasmo di Antonio Di Pietro rimbalza da un'intervista all'altra, pacato e inarrestabile allo stesso tempo. Il presidente dell'Italia dei Valori si è speso con generosità, per il successo dei referendum, e ora che il quorum è stato conquistato non gli resta che brindare. Un'ubriacatura di ottimismo quantomai preziosa, in questa fase. Perché dietro ai bagliori referendari, e al sacrosanto carico di soddisfazioni a traino, si nasconde nell'Idv un altro capitolo. Molto meno frizzante. Anzi: deprimente proprio. Un disagio testimoniato dalla stampa nazionale, che per descrivere la performance dell'Idv alle ultime amministrative ha usato parole secche: da "crollo" a "stangata", da "caduta" a "legnata". Fino ai più tenui, ma comunque inequivocabili, "flop" e "battuta d'arresto".
Alla vigilia del voto, Antonio Di Pietro aveva lanciato al popolo elettorale un borrelliano "Resistere! Resistere! Resistere!". È finita, invece, con un passo falso del suo partito. Una sconfitta che l'istituto di ricerca Cattaneo traduce nel 40,7 per cento in meno di consensi rispetto alle regionali 2010. E che, al di là del botto napoletano di Luigi De Magistris, candidato forte a prescindere, e dell'8,12 che l'Idv festeggia sotto al Vesuvio, alimenta tensioni dal Nord al Sud del Paese. Oltre agli osanna per Giuliano Pisapia, a Milano, c'è il modesto 2,54 per cento dell'Idv (contro il 7,60 delle regionali). Scendendo in Calabria, fino a Catanzaro, un impalpabile 0,79 cancella il precedente 5,03. Per non parlare di Savona (5,01 contro 10,18), Varese (2,69 contro 6,78), Latina (2,08 contro 5,29) o Rimini (2,96 contro 6,74): tutte piazze dove l'Italia dei Valori ha puntato alto e volato basso.
"Niente di più logico", commenta Tommaso Morlando, fino all'autunno 2010 responsabile Idv in Campania per la lotta alla criminalità organizzata: "Il partito, negli anni, ha tradito ciò che doveva renderlo unico: l'attenzione alla legalità, l'assenza di appetiti carrieristici, la distanza dai poteri forti, il blocco dei politicanti". Con grande entusiasmo, insomma, "la società civile ha scommesso su Di Pietro e i suoi uomini. E quando s'è sentita ingannata, abbandonata, gli ha voltato le spalle".
Una sensazione che Morlando conosce bene. "Infinite volte, dalla sede di Castel Volturno, ho invocato il sostegno dei dirigenti locali per contrastare la camorra, per imporre assieme la trasparenza nella pubblica amministrazione. Ma era difficile persino farsi rispondere, figurarsi risolvere questi problemi enormi...". Di sicuro, lamenta Morlando, "ho pagato tutto di tasca mia: telefono, affitto, anche il sito Internet". E in questo deserto di solidarietà, "oltre all'appoggio formale di Di Pietro e l'affetto sincero di De Magistris", sono arrivate le intimidazioni, l'Attak nei lucchetti, i manifesti funebri dentro la buca delle lettere: "Chiari messaggi della malavita, ma anche segnali del nostro isolamento".
Adesso, per la cronaca, non c'è più un ufficio Idv contro la criminalità campana. Continua invece a gestire il partito, in Regione, il deputato Nello Formisano: uomo ex Pci, ex Alleanza Democratica, ex Margherita. "Strepitoso esemplare del vecchio che avanza", lo definisce un suo collaboratore. Colui che, quando l'onorevole Americo Porfidia (sempre dell'Idv) è stato indagato per associazione a delinquere, lo ha difeso con generosità: "Dovreste andare a casa sua, a vedere come ha educato i figli...". Poi Porfidia è uscito dal partito, i magistrati hanno continuato a lavorare in silenzio (la Procura di Napoli ha chiesto, ad aprile 2011, il rinvio a giudizio di Porfidia per tentata estorsione, aggravata dal favoreggiamento di un clan camorristico) e le tensioni pubbliche sono diminuite. Ma il clima è rimasto rovente. Tant'è che anche Michele Raviotta, già vicesegretario campano dell'Idv, in autunno ha sbattuto la porta: "Non è facile identificarmi in un partito che appare e basta", ha scritto ai compagni di partito. Quanto a Di Pietro, gli ha rinfacciato la "mortificazione del merito politico": alimentata non solo "dalle sedi di decisione e comando a livello regionale", ma anche "dal Tuo totale disinteresse per il mio impegno".
È il volto sconosciuto dell'Italia dei Valori; o Italia degli Svalori, come l'hanno ribattezzata i militanti delusi. Un partito che ogni giorno censura i vizi del potere, le camarille dei faccendieri, i chiaroscuri piduisti del governo Berlusconi. Ma poi, a riflettori spenti, deve barcamenarsi tra mille contraddizioni e personaggi a tratti ingestibili. "L'esempio più celebre è quello di Antonio Razzi e Domenico Scilipoti", ricorda Alberico Giostra, autore per Castelvecchi del saggio "Il tribuno, storia politica di Antonio Di Pietro", "prima hanno votato senza vergogna la fiducia al governo di centrodestra (14 dicembre 2010), poi sono migrati nel gruppetto dei Responsabili". E c'è parecchio altro, da raccontare, dietro all'icona morale dell'Idv. Altrimenti non si potrebbe capire l'addio al partito di Nicola Tranfaglia, professore emerito di Storia dell'Europa a Torino, isolato da una gestione del potere "personale e familiare". E neppure si giustificherebbe il documento in cui Luigi De Magistris, Giulio Cavalli e Sonia Alfano hanno denunciato la "spinosa e scottante questione morale" che attraversa l'Idv: un allarme da fronteggiare al più presto, dicono, "prima che travolga il partito e tutti i suoi rappresentati e rappresentati".
Parole che sono rimbombate per la nazione, dopo l'inciampo alle amministrative. Soprattutto in Liguria, dove l'Italia dei Valori assicura continue sorprese. Non tutti, per dire, conoscono le frequentazioni di Cinzia Damonte, candidata dall'Idv alle scorse regionali: una signora che, oltre a essere in quella fase la compagna di Pasquale Esposito, condannato per vicende di armi, ha partecipato a una cena elettorale con il pregiudicato calabrese Onofrio Garcea, ritenuto dai finanzieri "bene inserito negli ambienti della criminalità organizzata a Genova".
Sempre accolta da perplessità, alle ultime elezioni, è stata la candidatura savonese di Rosario Tuvè (primo dei non eletti), già Rinnovamento italiano e Margherita. Non solo ricordato per il patteggiamento di una condanna dovuta a firme elettorali false, ma anche per l'alloggio nel palazzo dell'architetto Ricardo Bofill, mega speculazione contestata sul porto, quand'era assessore all'Urbanistica. "Dopodiché", riconoscono anche fonti dell'Idv, "non stupisce che prima delle amministrative il vicepresidente della Regione Marylin Fusco, assessore all'Urbanistica in quota Italia dei Valori, oltre che futura sposa del coordinatore dell'Idv ligure Giovanni Paladini, abbia lottato per un piano casa che spalancherà le porte a 45 milioni di metri cubi di nuove costruzioni". Una "concretezza", ironizzano da centrodestra, "per cui a dicembre è stata ringraziata al convegno degli immobiliaristi di Confindustria...".
Il risultato più logico, viste le premesse, è la rissa continua: nel senso esatto del termine. L'11 gennaio scorso, "La Nazione" titolava: "Idv, far-west politico". A seguire, la cronaca spezzina del ceffone rifilato, durante una riunione di partito, dal dirigente provinciale Giuseppe Contino al collega Maurizio Ferraioli. Passano cinque mesi, e ad Alessandria volano pugni e schiaffi tra il consigliere comunale Idv Paolo Bellotti e il segretario provinciale del partito Vincenzo Demarte. Lo stesso stile, d'altronde, che a parte la violenza fisica si ritrova nell'Italia dei Valori in Veneto. "Più che alla rissa, qui siamo allo scontro totale", spiega il militante Dante Faraoni. E della stessa idea è Sergio Balliana, primo firmatario Idv di una drastica lettera a Di Pietro: "Nella provincia di Treviso e in Regione", si legge, "un manipolo di carrieristi ha monopolizzato il partito locale e gestisce il potere con protervia e arroganza". Da qui l'avvento di una "gestione dissennata", un giogo che "demotiva e allontana le persone" stroncando qualunque "progetto politico innovativo".
A poco è servito, in maggio, che il numero due dell'Idv Massimo Donadi abbia annunciato la richiesta di sospensione dei contestatori trevigiani. L'ambiente, a quanto pare, non è migliorato, attorno al coordinatore provinciale Gianluca Maschera. Anzi: "Dichiarandosi favorevole all'ampliamento dell'aeroporto di Treviso", testimonia Faraoni, "malgrado molti iscritti fossero contrari, ha segnato un autogol". In città, infatti, si è sparsa la voce che "Maschera abbia qualche interesse in questa storia. E andando a verificare, abbiamo scoperto che il nostro coordinatore è socio al 40 per cento della Marca car services srl: società che noleggia automobili in aeroporto. Non è conflitto d'interessi, questo? Non è il contrario, di come dovrebbe essere l'Italia dei Valori?".
Sì, rispondono in blocco gli ammutinati. E sulla stessa linea, come naturale, si trovano anche coloro che hanno lasciato Di Pietro per fondare un nuovo partito: L'Italia dei valori veri. Un gruppo di indignados, già presentatosi alle amministrative, che dipinge l'ex magistrato come uno "sfruttatore della buona fede", una sorta di manipolatore che guiderebbe l'Idv a colpi di promesse mancate. "Ci scusiamo", scrivono nella Rete, "con chi è stato da noi inconsapevolmente tratto in errore", ovvero "stimolato a votare per l'Italia dei valori".
E se chiedi le cause esatte di tanta amarezza, la risposta fissa è: "L'incoerenza dell'Idv". Basti pensare, dicono, "alla questione del biotestamento: "Il 29 luglio 2008, una parte di senatori dipietristi, da Luigi Li Gotti a Giuliana Carlino, da Gianpiero De Toni ad Alfonso Mascitelli, ha presentato un disegno di legge che negava la possibilità di staccare la spina ai malati in stato vegetativo irreversibile. Otto mesi dopo, però, il capogruppo Felice Belisario e altri colleghi (tra i quali la stessa Carlino), hanno contestato a Palazzo Madama la legge liberticida del Pdl, che a grandi linee riprendeva la loro posizione". La stessa disinvoltura, dice un dirigente marchigiano Idv, con cui a Falconara si sta affrontando l'ipotesi di costruire un rigassificatore: "Il gruppo comunale è contrario, eppure il 20 aprile l'assessore regionale all'Ambiente Sandro Donati, sempre Idv, ha spiazzato tutti dichiarando: "Non me la sento, di dire un no a priori..."".
I soliti pasticci, censurano gli antidipetristi. Niente di male, ribattono invece i fedelissimi dell'ex magistrato. Anzi: sane dinamiche di un partito dove "si esprimono in libertà le proprie convinzioni". Comunque sia, episodi che hanno lasciato tracce acide nell'Idv. E non sono gli unici. Alla Regione Lazio, per esempio, ristagna da marzo 2010 un'interrogazione urgente di Donato Robilotta, ex consigliere del Pdl. "Il problema", informa Robilotta, "è che Vincenzo Maruccio, attuale capogruppo dell'Italia dei Valori e in quei giorni assessore ai Lavori pubblici, ha indicato Sergio Scicchitano come arbitro della Regione in un contenzioso da 185 milioni di euro con il consorzio Arcea". Il dettaglio scivoloso è che l'avvocato Scicchitano (anche presidente della società pubblica Lazio Service) "ha per cliente Di Pietro, e che Maruccio collaborava con il suo studio". Non meno spiacevole, specifica Robilotta, "è che alla mia interrogazione non sia seguito alcun chiarimento...".
Va detto, per completezza, che nel marzo 2011 la giunta Polverini ha presentato sul caso un esposto alla Corte dei Conti. E che il capogruppo Maruccio ha replicato ribadendo la "specchiata preparazione" di Scicchitano, e mettendosi a disposizione della Procura della Corte dei conti. Il che è ammirevole, oltre che doveroso, ma non modifica il punto generale: cioè la distanza che, a volte, nell'Italia dei Valori passa tra parole e fatti. "Nel gennaio 2010", racconta un dirigente periferico, "Di Pietro diceva di non volersi "nascondere dietro un dito", e che era conscio di come "qua e là nel territorio, non sempre le persone selezionate si fossero dimostrate all'altezza". Ma poi queste riflessioni sono state archiviate, ha trionfato il pragmatismo politico, e i vertici Idv hanno ingigantito i malumori interni con decisioni discutibili".
Tra le ultime, si legge sul sito iltribuno.com, ci sarebbe che a Torino il membro dell'esecutivo provinciale Giacomo Cardile "è riuscito a far eleggere alla III circoscrizione il figlio Giancarlo", e che "il vice presidente della Provincia Gianfranco Porqueddu ha candidato, in un'altra circoscrizione, la figlia Maria Elena (non eletta)". D'altronde, in passato, la tesoriera del partito Silvana Mura ha teorizzato l'elasticità nella gestione della res publica. Dichiarava il 25 febbraio 2010 al "Resto del Carlino": "Non possiamo dire che non si possono più assumere (in Regione) mogli o mariti..." [...]
Certo, trattasi di piccola disavventura. Nulla di paragonabile alle mascalzonate che il presidente Di Pietro rinfaccia quotidianamente al governo. E soprattutto, nulla che scalfisca l'immagine dell'ex pm dopo il tripudio dei referendum. "Ma il guaio", sussurrano in Idv, "è che le scivolate stanno aumentando, da qualche tempo: e non sempre su questioni marginali". Il riferimento, per esempio, è al presunto contatto tra l'onorevole Idv Gaetano Porcino e il boss della 'ndrangheta Salvatore Demasi, emerso in Piemonte dall'inchiesta Minotauro. O ancora, all'iscrizione nel registro degli indagati per associazione a delinquere di Anita Di Giuseppe, deputata dell'Italia dei Valori ed ex sindaco di Campomarino, in provincia di Campobasso. L'accusa, rivolta a lei e altre 30 persone, è di avere favorito nell'affidamento della gestione e dei lavori per il porticciolo turistico, l'imprenditore campano Francesco Moccia: secondo i finanzieri legato a livello "familiare e di affari" ad Angelo Marrazzo, a sua volta inquadrabile in "vicende giudiziarie del gruppo camorristico dei casalesi".
La notizia è del novembre 2010. Subito dopo, Di Giuseppe ha proclamato la propria estraneità ai fatti, rimettendo all'ufficio di presidenza Idv la decisione se sospenderla o meno. Fatto sta che, ancora oggi, l'onorevole siede in Parlamento con il suo leader Di Pietro. Il quale, nell'occasione, si è mostrato comprensivo: "Ho parlato con lui e mi ha invitato a essere serena...", ha fatto sapere l'ex sindaco. Anche l'amicizia e la solidarietà politica, in fondo, sono valori importanti.
E spunta pure un sexy-gate: prestazioni sessuali per una promessa di lavoro a una giovane donna. A Bari una denuncia contro due parlamentari dell'Idv: "Ci sono le prove, basta controllare i registri degli alberghi"
Non bastavano le recenti amarezze elettorali, a guastare il trionfo dell'Italia dei Valori ai referendum. Adesso c'è anche la denuncia presentata il 14 giugno alla Procura di Bari da Michele Cagnazzo, esperto di criminalità organizzata ed ex responsabile per l'Idv dell'Osservatorio pugliese sulla legalità.
La storia che emerge da queste pagine è un misto di sesso e politica, segreti e fragilità umane. Uno scenario tutto da dimostrare, naturalmente, al centro del quale si trova C. M., una donna di 31 anni che Cagnazzo incontra nell'aprile 2010 negli uffici baresi dell'Italia dei Valori. "Dopo alcune frequentazioni", scrive nella denuncia, "mi accorsi del fatto che versava in uno stato di non indifferente alterazione emotiva", tant'è che in seguito, acquisita maggiore familiarità, "mi confidava di essere stata vittima di insistenti avances e ricatti da parte del senatore della Repubblica Stefano Pedica e del deputato Pierfelice Zazzera, entrambi iscritti all'Idv".
Personaggi non secondari. Zazzera, 43 anni, all'epoca dei fatti era parlamentare Idv e coordinatore regionale del partito in Puglia. Mentre il senatore Pedica, 53 anni, ha una storia che parte dalla Democrazia cristiana, continua nell'Udr di Francesco Cossiga, e sfocia dopo la fondazione del Movimento cristiano democratici europei nel partito dipietrista. "La stessa M.", scrive Cagnazzo, "mi riferiva che, avendo partecipato in qualità di simpatizzante a diversi dibattiti e conferenze, aveva conosciuto entrambi gli esponenti". E che tutti e due avrebbero iniziato, in tempi diversi, "a compulsarla con insistenti inviti e richieste di appuntamenti al di fuori dell'ordinaria attività politica".
L'intenzione della donna ("laureata in giurisprudenza e inoccupata") nell'accettare una serie di inviti, è a detta di Cagnazzo "comprendere se ci fossero opportunità di lavoro". Tant'è che Zazzera, "avendone carpito lo stato di necessità (...) continuò a tempestarla di telefonate e sms con ripetuti inviti a incontri clandestini", svoltisi all'hotel A. di Massafra (Taranto) "dal maggio 2009 all'ottobre 2009".
Circostanze, recita la denuncia, che "si possono evincere benissimo dai registri-presenze del suddetto albergo", e che comprenderebbero la promessa di Zazzera a M. "di farle ottenere un posto di lavoro presso l'ufficio legislativo del Parlamento". In cambio, si legge, l'onorevole "chiedeva favori sessuali", e M., "per quanto mi ha riferito, proprio perché versava in gravi difficoltà (...) accettò di accondiscendere alle richieste".
In questo contesto, dunque, va ambientata la seconda parte della vicenda. A un certo punto, Cagnazzo racconta che Zazzera avrebbe invitato "M. a Roma presso il proprio alloggio privato dicendole che era necessaria la presenza di lei, sia perché consegnasse il curriculum, sia per sottoscrivere (...) documenti finalizzati a perfezionare un rapporto di lavoro". L'onorevole, anche in quei giorni, avrebbe chiesto alla donna "insistentemente prestazioni sessuali, promettendole in cambio il proprio definitivo interessamento per la stipula di un contratto". Dopodiché, scrive Cagnazzo, "M., per quanto mi ha riferito, accettò di avere ancora un rapporto sessuale". Sentendosi però precisare da Zazzera che, "se avesse voluto guadagnare definitivamente il ruolo, avrebbe dovuto dedicare le medesime attenzioni sessuali al senatore Pedica"; il quale, "secondo quanto disse Zazzera, avrebbe anche lui messo la buona parola".
Il resto è presto sintetizzato. Pedica, denuncia Cagnazzo, avrebbe raggiunto la donna all'hotel M. di Brindisi. Un incontro in cui "il senatore disse che per avere determinati benefici, avrebbe dovuto avere rapporti sessuali con lui". Da parte sua, si legge nella denuncia, "M. accettò ed ebbe, nel dicembre 2009, un rapporto sessuale con il senatore". E sarebbe stato il preludio di un ulteriore appuntamento, "sempre a fini sessuali, nel gennaio 2010". Finché, "constatando che nulla si muoveva sul fronte del lavoro, M. interruppe i rapporti anche telefonici con i due". Scoprendo in seguito, "con somma sorpresa, di risultare tra i candidati alle elezioni regionali 2010 per la Puglia, nella lista Idv, pur non avendo mai proposto né tantomento accettato la propria candidatura".
Per quest'ultimo aspetto, riferisce Cagnazzo assistito dall'avvocato Renato Bucci, la signora "mi disse di essersi rivolta a un legale". E sempre Cagnazzo, a seguito di questa vicenda, dichiara di essersi autosospeso da responsabile dell'Osservatorio Idv pugliese sulla legalità: "Cosa che avvenne nel maggio 2010".
Ora tocca agli inquirenti il non facile compito di scoprire che cosa sia veritiero, e cosa eventualmente no, in questa brutta vicenda. Una verifica che, per evidenti ragioni, si spera avvenga al più presto.
(di Riccardo Bocca - l'Espresso)
N.B.: questa inchiesta segue di quasi due anni il "pentimento" di Flores D'Arcaisa, certificato dal [numero monografico di Micromega] dal titolo "C'è del marcio in Danimarca: l'Italia dei Valori regione per regione". Tafanus
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