Chi guarda il calcio in tv? L’opinione corrente è che gli uomini vadano in calore per qualsiasi partita mentre le donne, cacciate dal soggiorno, si rassegnano ad una serata solitaria davanti al secondo televisore della casa (tranne quando gioca la Nazionale, che riunisce Patria e Famiglia). E invece in ambedue i sessi sono molti quelli che tradiscono il luogo comune. Prendiamo la finale di Coppa Italia del 2010, giocata il 5 maggio fra Roma e Inter, finita 1 a zero per i milanesi con calcione finale a Balotelli sferrato da Totti (quantoque dormitat Homerus, direbbero gli antichi romani, già allora indulgentissimi verso le momentanee debolezze dei grandi). Nove milioni di italiani assistettero all’evento. Ogni due maschi davanti al video c’era anche una donna, e dunque una compresenza niente affatto marginale. Ma quale tipo di donna è attratta dal calcio? La ricca o la povera, la giovane o l’anziana, la credente o la miscredente?
A frugare nei dati Auditel le sorprese non mancano. Avete presente la giovinetta contagiata dal tifo del suo fidanzatino e che si barda con i colori della squadra? Ebbene, si tratta di una fede superficiale e menzognera. Protette dalle mura di casa e dalla complicità delle madri, solo una su sei segue la finale di Coppa Italia, mentre tutte le altre disertano a favore di filmetti con la Bullock o con la Lopez. All’opposto, un cospicuo gruppo di signore anziane, che si distinguono per moderazione, pacatezza, regolarità di vita e frequentazione della chiesa, tradiscono (una su tre) la serata dedicata da Rete Quattro a Giovanni Paolo II, per ammassarsi davanti alla partita di Rai Uno (e non mancano anche quelle che scelgono l’Isola dei Famosi su Rai Due). Ma sono tutte le signore un po’ avanti con gli anni, anche quelle un po’ meno programmaticamente virtuose del gruppo precedente, che guardano il calcio e i calcioni fallosi, senza se e senza ma. Quelle più cariche di problemi, con i figli precari ancora a casa e il marito in cassa integrazione, stavano (quattro su dieci) a seguire Milito e Mexes fino alla fine; un discreto contributo (una su quattro) lo hanno dato anche le donne più fortunate, con i figli smammati e tutto il tempo per sé. Per capire che tipi sono, basti dire che quelle che non hanno seguito la partita hanno scelto la Bullock o L’isola dei Famosi, mentre solo una su dieci si è dedicata alla figura di Wojtila.
E gli uomini? Certo erano in molti davanti alla partita, ma tanti sono stati anche i disertori, e proprio fra gli insospettabili. I maschi “tutto stupore e ferocia”, quelli che a sentir loro non mancano una partita e ne parlano per giorni, hanno perso quasi metà degli effettivi a favore di Jennifer Lopez e, siete padroni di non crederci, di Mrs Doubtfire, con Robin Williams travestito da governante. Più disciplinati gli uomini dei quartieri alti, i manager, gli imprenditori, i professionisti, nonché i giovanotti di belle speranze che aspirano a scalzarli. Tutti questi hanno contribuito all’ascolto della partita nella misura di tre su quattro, nonostante le tentazioni offerte dalla disponibilità (scontata in quegli ambienti) di Sky e delle sue offerte.
A dirla in breve, se l’Auditel non inganna, il calcio non è un interesse universale, nel senso che metà degli esseri viventi ne fa tranquillamente a meno. In compenso è sicuramente una passione trasversale che si insinua nei gruppi sociali e distingue persone per tutto il resto assai simili. Dunque è uno dei pochi campi di conoscenza e di linguaggio che riesca a perforare la separatezza delle condizioni sociali. Sarà per questo che i politicanti lo corteggiano. Ma non è facile sedurre questi appassionati che sembrano più una massa di casi individuali che un fenomeno di massa.
Stefano Balassone
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