Che amarezza. Che tristezza. E che senso di vergogna ho provato quando ieri, senza mezzi termini, un celebre intellettuale italiano ha detto sconsolato: “Siamo ancora l’Italia di Piazzale Loreto.”
Il noto intellettuale in questione è Gianluigi Buffon, il portiere della Juventus, il quale ha voluto così esprimere il proprio parere sullo scandalo che ha colpito il mondo del calcio, e che riempie ormai da giorni le prime pagine di tutti i giornali. E’ il primo personaggio di questo articolo (BU), e le sue parole, tese a rappresentare la gogna mediatica cui sono stati sottoposti i calciatori implicati nello scandalo, sicuramente intendevano, con un paragone comunque sproporzionato e sconnesso, ricordare ciò che accadde sì a Piazzale Loreto… ma il 10 agosto del 1944, vero Buffon?
Cosa accadde quel giorno a Milano, in Piazzale Loreto?
Accadde che quindici partigiani italiani, quindici combattenti per la libertà (anche quella di Buffon), vennero torturati e fucilati dai nazifascisti, e poi i loro cadaveri vennero esposti al pubblico ludibrio vicino a un cartello recante la scritta: “Assassini.”
E’ bello che lei, Buffon, abbia voluto fare un accenno a questo tristissimo episodio, perché non penso proprio che lei avesse il coraggio di alludere a ciò che successe dieci mesi dopo nella stessa piazza, quando un intero popolo, nel parossismo dell’esasperazione, si liberò di un sistema politico aberrante e di un vero assassino, a cui la storia e la memoria danno rispettivamente i nomi di fascismo e mussolini (tutto minuscolo, caro Buffon).
Fra ieri e oggi ho letto un po’ qua e un po’ là alcuni episodi che la riguardano, come ad esempio quello di quando indossò la maglia da gioco col numero 88, che nella simbologia nazista corrisponde a HH, ossia Heil Hitler: lei si è giustificato dicendo che non lo sapeva. E non sapeva neanche che “Boia chi molla” (altra scritta su una sua maglia) è un motto di squallida derivazione fascista. Ho letto che anche il suo collega Zarate della Lazio ha fatto il saluto romano in mezzo alla curva nazifascista della sua squadra, e poi ha dichiarato di non sapere cosa stesse facendo. A questo punto mi chiedo se non sarebbe il caso di dire al portiere Matteo Sereni che il busto che si tiene sul comodino accanto al letto raffigura proprio il duce: chi lo sa, magari non ne è al corrente… (A questo link http://www.repubblica.it/2008/10/sezioni/sport/calcio/calciatori-fascisti/calciatori-fascisti/calciatori-fascisti.html un interessante articolo su queste pericolosissime amenità).
Il fatto è, caro Buffon, che certi episodi della nostra storia non vanno toccati, sono patrimonio della memoria collettiva di un popolo: e il loro significato è uno e uno soltanto, checché se ne dica in questa povera epoca idiota di revisionismi, negazionismi e fascismi.
Parlando di questa povera epoca idiota, non posso non introdurre il nostro secondo personaggio di oggi: BO, vale a dire Borghezio. Ormai Borghezio (ma anche la lega) ci hanno abituati a delle uscite che sembrano non far più notizia: è questo è molto brutto. Si dice “è Borghezio, bellezza”, oppure “è la lega”, ma intanto i danni vanno gradualmente a sconquassare una società, quella italiana, che pare aver smarrito ogni equilibrio e ogni capacità di discernimento.
L’ultima di Borghezio, come molti sapranno, riguarda Mladic, il boia di Srebrenica, da lui definito “un eroe, un patriota, un militare vittima di un complotto,” ecc.
Come si possano pronunziare simili atrocità, con quale coraggio, per me rimane un arcano. Ed è un mistero quasi insolubile (ma non credo solo per me) il fatto che Borghezio sia un onorevole della Repubblica Italiana, da lui tanto disprezzata…
“Il fascismo è effettivamente disprezzo,” diceva Albert Camus ne "L’uomo in rivolta" (1951). “Inversamente, ove il disprezzo intervenga nella politica, prepara o instaura il fascismo.”
E in questo clima di disprezzo, di giovanardesco disprezzo, che perdura ormai da anni, Roma si apprestava ad ospitare un evento di portata internazionale: l’Europride 2011.
Sulla pagina Facebook dell’evento leggovo:
“Europride è il più grande evento internazionale GLBT, ospitato da una città europea diversa ogni anno. Il 2011 è l’anno di Roma, la città eterna. Per 15 giorni, si svolgono eventi artistici e culturali in tutta la città ospitante. Europride culmina con la tradizionale parata dell’orgoglio, concerti, feste spettacolo a carattere sociale e party con club internazionali.”
E’ dunque un’occasione unica per rivendicare i diritti di tutte quelle persone (gay, lesbiche, trans) che vengono quotidianamente e ingiustamente calpestate: mi auguro che tutti/e i/le partecipanti colgano il senso primario di questa importante iniziativa (che non è Lady Gagà).
E spero che siano sempre meno quei gay, quelle lesbiche e quelle persone trans di entrambi i generi che sposano certe nefaste ideologie, magari vicine a quelle di cui ho parlato poco fa: non si possono rivendicare diritti se si sta dalla parte di chi li nega.
Noi, mi ci metto dentro anch’io, viviamo in un limbo sociale dalle pareti talmente spesse e alte da impedirci di essere considerati/e persone come le altre: perché negarlo? A parole i cosiddetti normali sono sempre dalla nostra parte: ma all’atto pratico quei muri sono sempre là, ben piantati e solidi, e nessuno fa nulla per abbatterli. L’Europride servirà sicuramente a smuovere le coscienze, ma ricordiamoci che il lavoro da svolgere deve essere portato avanti con coerenza tutti i santi giorni: ed è un lavoro di informazione, di impegno politico, di intelligenza.
Un solo giorno non può bastare: l’impegno dev’essere costante e da parte di tutti/e, giacché l’omofobia e la transfobia non sono solo le coltellate o le sprangate, ma anche e soprattutto il disagio e l’ignoranza di chi si ostina a non voler comprendere determinati percorsi umani.
Anch’io sono vittima del disprezzo altrui, e so che le mie gravi colpe stanno tutte nella testa di chi mi condanna irrazionalmente… Ecco in quale direzione volgere gli sforzi da compiere per ottenere una società che sia davvero migliore per tutti quanti gli esseri di questo pianeta: distruggere gli spettri creati dall’ignoranza, annientare i retaggi che chissà da quale buco di culo provengono, azzerare le ipocrisie e rispettare tutte quelle persone che hanno intrapreso percorsi di vita differenti.
Rispettarle senza se e senza ma, rispettarle perché così dev’essere, e basta.
“In your head, in your head… zombie, zombie…”
Barbara X
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