Signor Presidente del Consiglio,
mi rendo conto che per Lei personalmente il voto sul nucleare non è stata la peggiore delle quattro sconfitte subite al referendum. Tuttavia potrebbe risultarLe gradito sapere che il no al nucleare potrebbe rivelarsi proficuo non solo per la Nazione e per la sua economia, ma anche per le Sue prospettive politiche.
La chiave per cogliere questa doppia opportunità è la Germania. Il 30 maggio la cancelliera tedesca Angela Merkel ha comunicato che la più grande economia dell'Europa avrebbe gradualmente dismesso l'energia nucleare a favore di una massiccia spinta alle energie rinnovabili. Tutte e 17 le centrali nucleari tedesche saranno
chiuse entro il 2022. La maggior parte dell'approvvigionamento "perso" sarà compensata portando la quota composta dall'energia solare e da quella eolica, dall'aumento dell'efficienza energetica e da altre fonti rinnovabili al 35 per cento, mentre l'incremento dell'utilizzo del gas naturale avrà un ruolo minore.
La stampa tedesca e quella internazionale hanno spiegato la decisione della cancelliera come il tentativo di stare dietro ai sondaggi, a seguito della nuova linfa data allo scetticismo sull'energia nucleare dell'opinione pubblica tedesca dopo il disastro di Fukushima.
Non si lasci fuorviare da questa analisi superficiale. Ovviamente la politica ha un ruolo importante, ma la scelta che la Germania sta compiendo è squisitamente economica. Spiegando al Parlamento che "la Germania può diventare un pioniere internazionale, il primo paese del mondo a lasciarsi dietro le fonti di energia tradizionali a favore di quelle rinnovabili", la cancelliera Merkel non stava svolgendo un esercizio di retorica. Stava presentando invece una visione economica di tipo strategico, che vanta radici storiche nella società tedesca e un genuino sostegno di una parte consistente della sua comunità economica, della classe politica e della élite dei tecnici. Le aziende tedesche considerano già da molto tempo l'energia verde un settore vitale e fiorente dell'economia globale del XXI secolo, nel quale il Paese spera di continuare a predominare, in particolare nelle altre regioni del globo. Ricordi, Signor Primo ministro, che la potenza esportatrice del mondo è la Germania, non la Cina, e la tecnologia verde è una delle ragioni.
Difatti, sei settimane prima del discorso della cancelliera davanti al Parlamento, l'Associazione degli industriali dell'energia e dell'acqua, un gruppo i cui 1.800 membri forniscono il 90 per cento dell'elettricità in Germania, si era già dichiarata favorevole a una dismissione graduale dell'energia nucleare. È vero che Rwe, il colosso dell'energia e dell'acqua che risponde per il 26 per cento al fabbisogno elettrico, era contraria.
Ma altri giganti del settore, tra i quali Siemens e Abb sono fortemente a favore delle energie rinnovabili.Lo spostamento graduale della Germania in questa direzione è iniziato almeno vent'anni fa. Spinti dai Verdi, i governi tedeschi, sia conservatori sia socialdemocratici, hanno sostenuto le leggi e le normative tese a incoraggiare lo sviluppo dell'energia eolica e solare, dell'efficienza energetica e delle altre fonti di energia rinnovabile. La percentuale delle rinnovabili nell'approvvigionamento elettrico è salita al 17 % e il settore impiega 370 mila lavoratori, un numero che lo distingue ormai dai settori marginali.
In Germania c'è, ovviamente, anche chi si oppone, lanciando cupe previsioni sulle conseguenze dell'abbandono del nucleare, quali cali della fornitura elettrica, rialzi dei prezzi e drastici aumenti delle emissioni di gas serra a causa della maggiore quantità di carbone bruciata per sostituire l'energia nucleare. Questi argomenti sono stati tuttavia confutati tutti da studi pubblicati dal ministero per l'Ambiente tedesco, dai quali si evince che la Germania potrebbe chiudere gli impianti nucleari già entro il 2017, senza che ciò costringa a bruciare più carbone o generi un aumento dei prezzi superiore al 2-4 %.
Le opportunità per l'Italia si delineano chiare. Rispondendo al referendum che ha respinto il nucleare, Lei ha dichiarato che l'Italia "dovrà impegnarsi con forza nel settore delle energie rinnovabili", apparendo tuttavia più scoraggiato che incoraggiato da questo dato. Si rallegri. Volga lo sguardo alla Germania (più che alla Francia) e si renderà conto che davanti a Lei si è aperta la strada verso una nuova era di energie pulite, di crescita dell'occupazione e di approvvigionamento elettrico a un costo ragionevole, tutti elementi che non potrebbero che rafforzare la sua posizione agli occhi dell'elettorato. È vero che la Germania si è già collocata alla guida del gruppo, ma anche l'Italia ha i suoi vantaggi: se non altro molto più sole. Lo lasci risplendere, signor Primo ministro. Non se ne pentirà.
Tendenze: Solare low cost (di Carola Frediani)
Entro tre-cinque anni l'energia solare potrebbe essere più economica di quella generata da combustibili fossili e da reattori nucleari. Lo sostiene Mark M. Little, direttore della ricerca di General Electric, il colosso Usa che spazia dalla tecnologia ai servizi. L'obiettivo, secondo Little raggiungibile in poco tempo, è di arrivare a un prezzo per il solare di 15 centesimi di dollaro al chilowattora.
Del resto, secondo le previsioni dell'agenzia Bloomberg, a livello globale quest'anno le installazioni di pannelli aumenteranno del 50 %, mentre il costo delle celle, la componente principale dei pannelli, sarebbe già diminuito del 21 %.
Concorda Greg Barker, ministro britannico per l'Energia e il cambiamento climatico: "Questo settore sta andando incontro a una straordinaria fase di sviluppo", ha dichiarato il politico, "e il suo potenziale è molto più grande di quello che si era immaginato".
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